«Il portiere, non c’è niente da fare, è un predestinato… portiere lo sei… non lo diventi… portiere lo sei dentro… lo sei nella vita quotidiana… lo sei fra i banchi di scuola… in mezzo agli amici. Il portiere è una figura che agli occhi degli altri è coraggiosa, impavida, matterella, carismatica, e forse anche un po’ immatura».
«Portiere lo sei, non lo diventi» scrive Gianluigi Buffon nella prefazione de “I portieri del sogno. Storie di numeri 1”, libro scritto da Darwin Pastorin e pubblicato da Einaudi. E chi meglio di Buffon, uno dei più grandi di sempre nel suo ruolo, può dire cosa significhi essere portiere? Perché quello del portiere, come ben sottolinea l’autore in quasi cento pagine di racconto, «è il ruolo più folle, più romantico e letterario del calcio. Chi gioca tra i pali possiede qualcosa in più, e non soltanto rispetto agli altri giocatori. È un predestinato, dotato di carisma e coraggio che vede il mondo arrabattarsi lì davanti ai suoi occhi». E di predestinati, dotati di coraggio e carisma, ne sono passati tra i pali lasciando un segno importante che il tempo e la storia non cancelleranno.
Predestinati come Gilmar dos Santos Neves, campione del Mondo con la nazionale brasiliana nelle edizioni di Svezia ’58 e Cile ’62, «forte, bravo e generoso» come nessun altro nel suo ruolo. O come Moacyr Barbosa, anch’egli verdeoro, «eroe mancato e protagonista della indimenticabile finale del 16 luglio 1950», quella tra i padroni di casa del Brasile e l’Uruguay, «che segnò una nazione e decretò la fine di un uomo»: in occasione del gol del definitivo 2-1 per gli uruguagi, Barbosa si fece sorprendere da un tiro di Alcides Ghiggia, aspettandosi un cross anziché una conclusione in porta. Da quel momento fu sempre considerato come il responsabile della disfatta, fungendo difatti come capro espiatorio. Venne messo ai margini dalla vita pubblica del paese, che, prostrato dalla inattesa sconfitta, visse giorni cupi e tristi, contraddistinti dalla più alta ondata di suicidi della sua storia. Identificato come capro espiatorio della sconfitta, cadde in depressione, dichiarando più volte che «la sentenza più pesante in Brasile è trent’anni, ma la mia prigionia ne è durata cinquanta».
C’è, poi, un capitolo dedicato all’eccentrico colombiano René Higuita, «el loco, il pazzo, il portiere che parava la luna, che lasciava i pali per avventurarsi in dribbling maradoniani per realizzare su azione, rigore e punizione». Che personaggio, Higuita: «scomodo, esagerato, ribelle, in galera per spaccio di droga e amico del boss dei narcotrafficanti del cartello di Medellin, Pablo Escobar».
Ma non potevano naturalmente mancare, in questo libro-elogio della figura del portiere, autentici miti come Gordon Banks, campione del Mondo con l’Inghilterra nel 1966, Dino Zoff, campione del Mondo con la nazionale azzurra nella magica notte di Madrid dell’11 luglio ’82, e Lev Yashin, campione d’Europa con l’Unione Sovietica nel 1960 e unico portiere della storia a ricevere il Pallone d’Oro.
Ma il capitolo forse più bello, perché inaspettato, è quello che Pastorin dedica a Nicky Vitolio Salapu, definito, «con affetto e rispetto, il peggior portiere del mondo». L’11 aprile 2001, allo stadio di Coffs Harbour, Salapu subì 31 gol dall’Australia in una gara valevole per il girone oceanico di qualificazione al mondiale del 2002. Le Samoa Americane, la cui porta era difesa da Salapu, entrarono così nel Guinness dei primati: mai nessuna nazionale aveva subito, in una gara internazionale, un simile naufragio. Scrive l’autore: «Io guardai, con attenzione, con una forma di partecipazione emotiva, il portiere Salapu: per trentuno volte caduto alla difesa, per trentuno volte ferito, per trentuno volte domandandomi “perché?”. I suoi compagni imploravano gli avversari: “Basta, vi prego”. Ma nessuna voce venne ascoltata. Pietà, però, non la chiese Nicky Vitolio Salapu, ventitré anni, nato a Pago Pago, capitano, ma soprattutto portiere. E un portiere non deve mai farsi vedere debole, anche quando viene battuto trentuno volte».
Ne “I portieri del sogno”, insomma, non c’è spazio solo per miti o eroi. Ci sono anche e soprattutto gli uomini. Gli uomini con le loro storie. Storie di «mezzi campioni, panchinari e schiappe, storie di tanti portieri caduti alla difesa e di portieri di una sola, sventurata partita». Storie, soprattutto, di «portieri che non smetteranno mai di volare e sembrano, ogni volta, accarezzare le nuvole».
Darwin Pastorin
“I portieri del sogno. Storie di numeri 1”
Einaudi
Pag. 86
14.50 euro
e-book 6,99 euro