Ma quando lo stesso Bill Shankly, il 19 dicembre del 1959, sedette per la prima volta sulla panchina del Liverpool, la squadra del nord-ovest dell’Inghilterra annaspava da ormai cinque stagioni nella seconda divisione del campionato inglese. Per l’ultimo successo nella First Division bisognava tornare con la memoria al 1947, il penultimo trionfo era datato 1923. Nella bacheca dei Reds non compariva alcuna coppa d’Inghilterra, nel loro curriculum europeo non si registravano sfide giocate al di là della Manica. Il Liverpool come lo conosciamo oggi, insomma, non esisteva ancora. In quel 19 dicembre di cinquantasei anni fa, con i “Rossi” per giunta sconfitti in casa per 4-0 dal Cardiff City, nessuno avrebbe immaginato che le cose sarebbero presto cambiate.
Red or dead, l’ultima fatica letteraria dello scrittore britannico David Peace, racconta il mito di un allenatore, lo scozzese Shankly, capace di trasformare il Liverpool in leggenda nel giro di appena quindici anni. In quei quindici anni, sotto la guida dell’allenatore nato a Glenbuck il 2 settembre del 1913, i Reds vinsero tutto, o quasi: tre campionati inglesi, due Coppe di Lega, una Coppa Uefa. Solo la “grande Inter” di Helenio Herrera, nel 1965, impedì loro l’accesso in finale nella principale competizione europea, la Coppa dei Campioni. Quando poi Shankly lasciò a sorpresa la panchina, nel 1974, il suo vice Bob Paisley ne raccolse l’eredità vincendo ventuno trofei in nove anni e consolidando così la leggenda dei Reds in patria e fuori. L’obiettivo di Shankly poteva dirsi raggiunto: portare il Liverpool alla vittoria. In Inghilterra, in Europa, ovunque.
Con la sua scrittura incisiva e ossessiva, e ricorrendo a una furia narrativa fuori dal comune, Peace non solo descrive la straordinaria figura di un allenatore ossessionato dal calcio e dai successi in maniera totalizzante, ma racconta pure l’ascesa del Liverpool Football Club e l’epoca d’oro del calcio inglese, fino al suo inevitabile declino. E il calcio, quel calcio che oggi non c’è più, per Bill Shankly era una cosa seria, maledettamente seria: «Alcuni credono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Sono molto deluso da questo atteggiamento. Vi posso assicurare che è molto, molto più importante di quello». In 650 pagine, Peace scava a fondo nella figura di Shankly e ne racconta il legame con la moglie Ness, con i suoi calciatori, con i dirigenti del Liverpool e con la gente di Liverpool. Bill era venerato dai suoi tifosi. E la mitica Kop, la curva dello stadio Anfield, ne invocava ogni volta il nome con un tale trasporto e con una tale passione da far venire i brividi. Il nome di Bill Shankly, in quel catino rosso che era Anfield Road, si alternava così all’inno più emozionante mai ascoltato in uno stadio di calcio: You’ll never walk alone.
Peace, autore anche del fortunato Maledetto United, nella prima parte di Red or dead racconta in maniera a dir poco frenetica quasi ogni singola partita e quasi ogni singolo gol di quel grande Liverpool tornato al successo. Nella parte finale del libro, lo scrittore abbandona invece il ritmo incalzante e con una ritrovata tranquillità descrive gli ultimi momenti di vita di Bill Shankly, emarginato nel frattempo dal club ma ancora tanto amato dai suoi vecchi tifosi. Peace canta Shankly che si aggira per Liverpool come un re decaduto, riverito dalla gente ma osteggiato dallo stesso club che ha portato al trionfo. Un epilogo triste, per un uomo che ha scritto la storia. Un epilogo ingiusto per chi verrà considerato un precursore come altri grandi nomi del calcio mondiale. Ma il destino saprà vendicarsi e a Bill Shankly regalerà fama e gloria anche dopo la morte, avvenuta il 29 settembre 1981. Davanti ad Anfield, alla sua Anfield, gli verrà infatti eretta una statua. “Rese la gente felice”, è la scritta ai piedi di Bill.
David Peace
"Red or dead"
Edizioni il Saggiatore
Pag. 660
23 euro
e-book 10.99 euro