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Lunedì, 12 Giugno 2017 18:25

“La squadra spezzata. La Grande Ungheria di Puskás e la rivoluzione del 1956”

Scritto da Giovanni Falconieri
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Si chiama Ferenc Puskás ed è il Messi degli anni Cinquanta, la stella più luminosa dell’Honvéd di Budapest e della nazionale di calcio ungherese. È il migliore, il più forte, il più decisivo.

È il numero uno, una sorta di mito vivente capace di far sognare un popolo intero e una fetta importante della tifoseria della capitale magiara. E di quella tifoseria fa parte anche il piccolo Gábor, uno dei tanti bambini di Budapest che adora il calcio e vive per il calcio. Gábor ha 9 anni e tifa la Honvéd, una delle squadre cittadine più forti, quella che un tempo si chiamava Kispest. «Poi è arrivato il Partito a decidere il nuovo nome. A Gábor non dispiaceva: Honvéd voleva dire soldato e rendeva egregiamente l’idea di una squadra guerreggiante, sempre all’attacco. Era proprio vero, il Partito non sbagliava mai».
«Il Partito non sbagliava mai», afferma il bambino nel 1949, quando all’età di nove anni segue il padre allo stadio, a Budapest, anche se non c’è nessuna partita da vedere. Non ci sono nemmeno gli spalti, solo un prato sconnesso e imbiancato dalla calce e un esercito di volontari che ha risposto all’appello del Partito. Sì, il Partito, sempre e ancora una volta il Partito. Gábor e gli altri tifosi sono lì per posare le pietre del nuovo Népstadion che ospiterà le evoluzioni di Puskás, Bozsik, Hidegkuti, Kocsis, Czibor e degli altri formidabili giocolieri dell’Aranycsapat, la nazionale magiara capace di umiliare per ben due volte i maestri inglesi e trionfare per 6-4 a Wembley in quello che sarebbe stato poi definito il «match del secolo». Quella «squadra d’oro» subisce una sola sconfitta in cinquanta partite, peccato che il ko arrivi al termine della sfida più attesa: la finale della Coppa Rimet del 1954 disputata a Berna, in Svizzera, contro la Germania. In vantaggio per 2-0 alla fine del primo tempo, l’Ungheria viene sconfitta per 3-2. Ma non ci sarà una seconda occasione per la «squadra d’oro» degli anni Cinquanta: di lì a due anni, la Rivoluzione ungherese repressa dai carri armati sovietici finisce infatti per spezzare per sempre quella squadra di campioni senza eredi. Da questo momento in avanti si apre così un libro diverso, comincia un’altra storia. O, meglio, comincia la Storia vera, quella con la S maiuscola. E dal calcio si passa direttamente alla rivoluzione.
Nel libro intitolato “La squadra spezzata. La Grande Ungheria di Puskás e la rivoluzione del 1956”, lo scrittore e giornalista Luigi Bolognini racconta «una serie di storie nella Storia» e riannoda i fili che legano le sorti della Grande Ungheria alle sanguinose giornate di Budapest, seguendole con gli occhi candidi di Gábor, che trepida davanti alla radio per «il sacco di Wembley» e poi scende in strada con il proprio popolo per la libertà. Sentendosi anche lui, per un momento, come Nemecsek della via Pál, «piccolo soldato avventuroso che sembrava aver rinnegato la causa e invece era stato il più fedele» di tutti. Forse Gábor avrà tradito il Partito, ma non i suoi sogni. E a un certo punto del racconto farà dire a suo amico, «… serviva perdere la Rimet per ribellarsi. Per la dittatura non protesta mai nessuno»
Vale la pena, infine, ricordare le parole che Gianni Mura regala nella prefazione di questo volume: «Vorrei dire che questo è un libro bello come un film, ma sono troppo tifoso dei libri per dirlo».

Luigi Bolognini
“La squadra spezzata. La Grande Ungheria di Puskás e la rivoluzione del 1956”
66th and 2nd
Pag. 154
14,45 euro
e-book, 7,99 euro

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