Venerdì, 08 Novembre 2024

CBS SCUOLA CALCIO ASD SQ.C
CBS SCUOLA CALCIO ASD SQ.C

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C. B. S. sono le iniziali di tre borghi nei quali si è sviluppata sia l’attività di un antico sodalizio cittadino, il Gruppo Sportivo Pilonetto” e sia quella dell’attuale società, e intendevano indicare “Cavoretto”, “Borgo Po” e “San Salvario”, quindi parte destra e parte sinistra orografica del Po, poco dopo il suo attraversamento di Moncalieri.

A Torino, seguendo i viali precollinari e lo stesso grande fiume, esistono due “borgate”, forse è perfino esagerato, magari diciamo due “borghi”, agli antipodi dei confini daziari (un tempo questo aggettivo, significava molto per designare i confini di una città!): verso San Mauro, quindi a nord-est, c’è la Madonna del Pilone, verso Moncalieri, pertanto verso sud-est, il Pilonetto.

Denominazioni similari, ma con una decisa differenza per la nostra storia sportiva. Alla Madonna del Pilone esiste addirittura una stadio, attualmente molto mal ridotto, ma nei tempi colmo di sigma nei tempi colmo di significati sportivi in quanto sede dell’unico velodromo torinese, memoria di grande vittorie ciclistiche, e, di tanto in tanto, di qualche partita di calcio tra dilettanti (vedi, per esempio, il bellissimo ma “defunto” Torneo Vittorio Pozzo organizzato dall’Ardor Torino negli anni settanta), comunque sempre stato inusufruibile per una attività continuativa del calcio. Al borgo Pilonetto, invece, era stato costruito un campetto, di buone dimensioni, chiamato anche campo “Cavoretto”, che dava verso il fiume, proprio dirimpetto all’ospedale delle Molinette: una baracca per spogliatoi, poi diventata “casetta”, una recinzione rabberciata, mai un filo d’erba se non ai tempi ... in cui Berta filava, ma con un sodalizio calcistico che da molti anni si dava da fare, sia con squadre dilettantistiche che con quelle giovanili.

Perché, dunque, il “Pilonetto”? C’entrava il Torino. Non la città, proprio il Torino Calcio. A quei tempi la società granata aveva iniziato ad usufruire, per i propri ragazzotti, del Campo Agnelli di Via Paolo Sarpi, dalle parti della borgata Mirafiori, ma, come è successo da quando l’attività del settore giovanile, di tutti i settori giovanili, è aumentata esponenzialmente per l’intervento della FIGC la quale aveva capito  che conveniva inventarsi qualche cosa per non “farsi fregare” i bimbetti, tra i cinque e i dieci anni, dalla pallavolo, dalla pallacanestro, addirittura dal tennis e sport vari, un campo solo, dicevamo, non bastava più anche perché si dovevano svolgere le gare di campionato della Primavera, degli Allievi e di tutte le altre squadre ed un campo in erba naturale (il sintetico arriverà soltanto quindici anni dopo!) andava a ramengo in poco tempo.

I responsabili del Torino, come fecero tantissimi altri club professionistici, iniziarono a “gemellarsi” con società dilettantistiche dei vari quartieri, affittando i campi gestiti dagli stessi sodalizi (come successe, in grande numero, nel terzo millennio con i nuovi campi in sintetico e con gli stessi campi dati in gestione privata ai club residenti in quella stessa zona).

Uno degli impianti “presi di mira” fu quello della società Pilonetto di Corso Sicilia (luogo non ancora rimesso in sesto, urbanisticamente, dalla municipalità) e, pertanto, previo accordo tra le parti, alcune categorie dei più giovani vennero spostate, per gli allenamenti settimanali e per alcune gare, cosiddette di campionato, sul terreno di Corso Sicilia.

Questa sorta di “spostamento coatto” diede l’acchito alla nascita della C.B.S..

Ma non è ancora il momento del parto e andiamo, quindi, ai tempi giusti. Cominciamo con uno dei personaggi che attualmente sono alla guida del club rossonero e che, nel 1986, frequentava il Torino Calcio seguendo le varie gare che in Via Paolo Sarpi si disputavano in gran misura. Ragazzi di otto, dieci anni, arrivavano a frotte nella società granata e pertanto non tutti trovavano spazio nelle squadre allestite. Per tale motivo, molti vennero dirottati al campo del Pilonetto, luogo in cui, come scritto, il Torino aveva concluso un accordo di collaborazione e dove si allenavano (si dovrebbe dire si “istruivano”) molti ragazzetti granata e dove, occorre dirlo, alcuni dei migliori istruttori del Torino erano stati dirottati per seguire i nugoli di mini atleti in incubazione. Fece la sua apparizione, gente del calibro di Marchetto, Dalla Riva, Nardelli, Marchiò, Naretto e, pertanto, si prospettava una crescita tecnico-cognitiva di prim’ordine per i tanti che si erano affacciati sulle rive del Po.

La storia, comunque, si complicò ben presto con l’arrivo al Torino Calcio di una nuova dirigenza che aveva altre mire e altre intenzioni e, pertanto, la collaborazione con la società Pilonetto si chiuse e i bimbetti, meglio, i genitori di quei bimbetti furono costretti a fare delle scelte. Alcuni, credo in considerazione del luogo di residenza, presero le più diverse destinazioni, mentre altri rimasero al Pilonetto. Ma il Pilonetto non navigava in acque tranquille, vuoi per piccole divergenze interne, vuoi per grandi problemi esterni e, pertanto, alcuni dei dirigenti e dei genitori che erano soliti frequentare il bar Giardino di Piazza Zara, proprio all’angolo di Corso Sicilia, nei momenti di pausa dalle attività sportive, cominciarono a ragionare in prospettiva di un futuro diverso da dare a quell’impianto, a quelle squadre, e in definitiva, ai tanti ragazzi che erano ormai di casa in quel campo e, soprattutto, in quell’ambiente.

Fu così che i pareri, i giudizi, le considerazioni di Claudio Cavaletto, già operante nel Pilonetto, di Pier Luigi Castagnola, anche lui dirigente nello stesso club e di Renzo Zecchi, approdato su quelle rive per il gusto di seguire il suo colore preferito, il granata, ebbero uno stesso denominatore comune: cosa facciamo di quanto ci è rimasto?

Non sono certo le parole che quei tre personaggi pronunciarono, ma io le ho dedotte per semplificare la storia e far comprendere la situazione creatasi in quel 1987 e in quel 1988.

Infatti germogliò un’idea, come ha ben spiegato Cavaletto nel momento di raccogliere i suoi primi ricordi, di radunare qualche amico e di fondare una nuova società.

“Ma una società con i fiocchi, non quattro pedate tanto per sfogare l’ardore dei più”.

Del concetto originale furono artefici Marco Capello, Domenico Rocco, Sergio Falletti, Filippo Maggio, Sergio Millia, Attilio Comella, Giovanni Deidda e, ovviamente, Renzo Zecchi, Pier Luigi Castagnola e Claudio Cavaletto.

Pochi giorni dopo la prima riunione al bar Giardino, venne contattato anche Virgilio Correnti con lo scopo preciso di farlo capo scout e di dare corpo ad un qualche cosa di palpabile, prosaico, effettivo; insomma di fondare un nuovo sodalizio calcistico. Tutti insieme, chi con una proposta, chi con un’altra, decisero che la denominazione sarebbe stata C. B. S., alla quale aggiungere Scuola Calcio come postilla. Quelle tre lettere volevano indicare che la società era radicata, ormai, nel territorio e che il territorio stesso era ben definito.

Come cominciare, dove trovare i soldi (si diceva le “lire”!), i ragazzini si fermeranno, dove rivolgersi per i primi atti e il campo ce lo daranno? Nel senso che le idee erano tante, ma il pragmatismo cominciava a diventare protagonista e allora, tutti, si guardarono intorno e decisero di darsi una struttura direzionale adatta. C.B.S., appare ormai evidente, aveva anche voluto dire che: ”Noi prendiamo la denominazione dei borghi confinanti e voi ci date il campo da gestire”. Mossa giusta, politicamente corretta e lungimirante. Fu allora che si formò un direttivo, si stilò uno statuto e ci si mise in marcia. Alcuni vollero o dovettero smarcarsi, vuoi per impegni, vuoi per motivi familiari, ma lo zoccolo duro resistette e il primo Consiglio Direttivo vide alla presidenza Virgilio Correnti, con vice Renzo Zecchi e Antonio Del Peschio. Consiglieri furono eletti Giancarlo Omedè, Claudio Cavaletto, Pier Luigi Castagnola, Calogero Cuva, Giovanni Deidda, Sergio Milia, Attilio Comella, Antonio Esposito e Domenico Rocco. Un bel gruppo, non c’è che dire, ma il colpo da maestro sta per arrivare.

I NAGC (Nucleo Addestramento Giovani Calciatori), l’antesignana scuola calcio di molte società dilettantistiche e non, erano stati messi in soffitta. Come parrà logico, ogni tanto il calcio, non solo quello di casa nostra, si rifà il trucco, si ridisegna e c’è qualcuno che si inventa denominazioni (chissà perché Primi Calci, la categoria che indicava i bimbi al primo contatto ufficiale col pallone e che pareva la dicitura più qualificante, non andava più bene e l’hanno chiamata Piccoli Amici: non ce l’hanno mai spiegato ma non è certo un problema!). Per far intendere, comunque, che si voleva evidenziare l’importanza di far “nascere” atleti e uomini in gamba, si pensò di affiancare alla sigla che indicava il club, anche i vocaboli “Scuola Calcio”. C’era l’intenzione di far capire che si cominciava dai “mignin” per poi, via via, progredire. Ma come incidere, come dare risalto al progetto? In quelle stagioni, come tutti gli amanti del bel calcio sanno, in Italia, nel Napoli, giocava il più grande giocatore, probabilmente, che abbia calcato le scene del football mondiale, Diego Armando Maradona. I bimbi, e non solo quelli napoletani, avevano cominciato ad identificarsi nel campione e, pertanto, avere a che fare con la società partenopea poteva diventare un business promozionale non da poco.

Uno dei consiglieri della società, Giancarlo Omedè, forse tifoso granata, forse napoletano e, comunque, persona che aveva una conoscenza in comune con Luciano Moggi, che all’epoca aveva appena assunto l’incarico di direttore generale del club sotto il Vesuvio, chiese di poter contattare la società per verificare le possibilità di una collaborazione. Pareva una cosa fuori dal mondo ed invece si profilò un’iniziativa niente male che consentì alla C.B.S. di presentarsi sul palcoscenico del calcio torinese con la migliore veste e le più brillanti intenzioni. Ne fa prova quella fotografia, che trovate nell’inserto di questo libro, e che ritrae i dirigenti torinesi con il responsabile del settore giovanile del Napoli Calcio, sulla bella terrazza del circolo di Corso Sicilia, proprio sopra la sede della società. In realtà la sede sociale del club, perché la CBS si era anche attrezzata in tal senso, aveva “ampia dimora” (due stanze e un magazzino poco più largo di uno sgabuzzino) in uno scantinato, quasi a ridosso del fiume, in Corso Sicilia, al civico numero 2.

Ma tanto bastava per cominciare a muoversi, passo dopo passo, con oculatezza. Non è ridimensionarsi o partire da zero, più semplicemente con quella sede e con quella presentazione il CBS, ormai diventato anche Scuola Calcio Napoli, aveva palesato che un nuovo protagonista era entrato nelle scene calcistiche cittadine.

E’ curioso annotare come sin dalla prime battute si cercasse di “promuovere” il sodalizio, di farlo conoscere, di mettersi in mostra sia sfruttando l’accordo, per l’epoca molto importante, col Napoli di Maradona e sia allestendo tornei societari che attirassero i media e parlassero, in qualsiasi maniera, ma ne parlassero, di “quella nuova società in riva al Po”.

Fu così che nella primavera dell’anno seguente alla fondazione, il 1989, prese piede la prima edizione del “Trofeo Vulcaflex”, una bella e complessa iniziativa riservata a ben tre categorie; Esordienti, Giovanissimi e Allievi. Il torneo era intitolato alla ditta Vulcaflex in quanto i dirigenti della CBS, e per essi Walter De Silva, oggi Designer Manager del Gruppo Audi Volkswagen, erano riusciti ad accaparrarsi uno sponsor con i fiocchi, come è stata la ditta dei fratelli Bozzi. Sulla copertina del depliant che pubblicizzava la manifestazione c’era, in sottofondo, una grande fotografia, stilizzata ma molto ben individuabile, di Armando Maradona e un ragazzetto con la maglia di colore azzurro, i colori sia della CBS che del Napoli Calcio.

Publicitas necesse est”, dicevano gli antichi e non solo, ma quella copertina venne interpretata da alcuni in modo diverso, molto simpatico, quasi con tenerezza. Vale la pena raccontare l’episodio anche perché il presidente Zecchi conserva ancora la lettera autografa di un ragazzo che si fece vivo con la società e con la quale ebbe modo di scambiare qualche parola di chiarimento.

La lettera, ricevuta in sede, diceva: “Egregia Scuola Calcio Napoli, mi chiamo Raucci Ciro ed ho diciassette anni. Proprio oggi ho letto che c’è una Scuola Calcio fondata dal Napoli. Io ho sempre sognato di giocare in una squadra e soprattutto in una squadra di Napoli, però per motivi di emigrazione e di soldi non si e mai potuto avverare il mio sogno. Non so giocare benissimo a calcio però stando in una Scuola di Calcio potrei anche diventare bravo. Vi chiedo perciò per favore di accettarmi nella vostra Scuola (magari anche facendo un provino). Sperando che almeno mi rispondiate, Vi saluto e Vi ringrazio.

Era evidente che quel ragazzo non era a conoscenza che a diciassette anni si è ormai fuori da qualsiasi scuola calcio, ma in considerazione della schiettezza dimostrata e del tenero sentimento che provava per la sua squadra del cuore, Zecchi gli scrisse (non era indicato alcun numero telefonico) e lo fece arrivare sul campo di Corso Sicilia. Gli fece toccare con mano cosa stessero facendo i ragazzi di diciassette anni, ormai già nella categoria Juniores, e chi fossero i piccoletti della Scuola Calcio. Lui ci rimase male, ma ringraziò di cuore per l’invito che gli era stato fatto e se ne andò con un magone in gola che era quasi visibile.

In quel vecchio depliant che ho consultato e che l’amico Ciro aveva preso per un sogno possibile, si possono rintracciare alcune “fonti” che danno un’idea del tempo trascorso, delle tante persone ormai perse di vista e di quelle che continuano a girovagare per campi e campetti della nostra regione.

Così troviamo il prof. Giancarlo Quaglia (che prof non era, ma al quale, è evidente, piaceva esporre tale titolo!), un dirigente capace ma troppo poco compreso nella parte. Quindi Claudio Giachino che, tutti, in società hanno conosciuto ed apprezzato per le sue doti di allenatore e di responsabile tecnico dell’intera società; il compianto Tonino Zecchi, papà dell’attuale presidente, che si occupava di mille cose e che aveva, sempre, un sorriso per chiunque lo avvicinasse. Chi lo ha conosciuto (e chi scrive è tra questi), ne serba il ricordo struggente di una persona amabile prima che un dirigente sportivo.

Nel Comitato d’Onore viene subito all’occhio il nome di Lorenzo Matteoli, assessore allo sport della città di Torino di quelle stagioni, volato, pochissimi anni dopo, in Indonesia quale addetto culturale della nostra ambasciata: chissà cosa lo aveva attratto per cambiare del tutto la sua vita!

In quell’elenco appare anche un certo Tito Delton, in qualità di presidente dell’AC Spartanova di Torino... e la nostalgia sale. Come appaiono, tra gli altri, Dino Raviola, presidente del Bacigalupo, Sandro Piccione, presidente del Cit Turin Esedra e Aldo Grosso, presidente del Comitato Locale FIGC di Torino, tutti scomparsi ma di cui centinaia di atleti e dirigenti torinesi non possono non serbarne un particolare ricordo. Ma c’è anche Antonio Esposito, un buon conoscitore di cose calcistiche che ha saputo, negli anni, mettere tanto buon senso in quanto e in come faceva “cose” per la CBS.

Questi, alcuni degli adulti nominati nelle varie pagine, ma i “piccoli”, quei giocatori che oltre vent’anni addietro erano ancora nel settore giovanile?

Ecco, pertanto, che è bello citarne alcuni come Grassi, Cantelli, Matera, Rocco, Viviani, Pregnolato, Cipriani, D’Agati, D’Antuono, Fabbri, D’Alessandro, Fiorenzo, tutti nella categoria Giovanissimi con allenatore Salvatore Apprendi e i dirigenti Lombardi, Rocco e Omedè. Le squadre della CBS - Scuola Calcio Napoli, hanno, proprio in quegli anni un’impennata notevole e cominciano a formarsi degli “undici” che lasceranno il segno, nella testa e nel cuore dei tanti che cominciano a frequentare il campo “Cavoretto” o “Pilonetto” o “Lido”, alcuni dei tanti nomi con i quali verrà identificato il medesimo impianto di Corso Sicilia 60 che diverrà, con l’evolversi urbanistica, Corso Sicilia 58.

Altra piccola curiosità dell’evolversi... non solo urbanistica, ma anche sportiva della città si ottiene andando a leggere il depliant del Trofeo Vulcaflex dell’anno seguente. Nel 1990, infatti, l’anno dei Mondiali di Calcio in Italia (ecco il perché della “marionetta”, simbolo di quei campionati, che circonda la Mole sulla prima pagina!) vengono chiamate a partecipare alcune delle più blasonate società dilettantistiche torinesi. C’è l’Amatori, che non esiste più, c’è l’Azzurri 86, che non esiste più, c’è il Grugliasco, che con questa specifica denominazione non esiste più, appare il Pozzostrada, anche lui scomparso perché fusosi col Pino Maina, azzerato il Real Moncalieri, il Tarcisia Sassi, il KL che, di lì a poco, sarebbe andato a far coppia col Bacigalupo per poi finire “cucito” in un “Filadelfia” che non si sa dove sia andato a finire. Insomma su dodici partecipanti solo tre sono sopravvissuti: CBS, Lucento e Madonna Campagna. Non viene da piangere, ma venire a sapere di così enormi cambiamenti nel nostro calcio locale soltanto leggendo un depliant di poco più di vent’anni addietro, fa pensare a fondo sulla forza di un movimento che sembrerebbe indissolubile e invece...

Per ristorarci l’anima e mandare giù il boccone amaro (simili cambiamenti possono essere, in certi casi, indice di un rinforzo della struttura societaria, ma il più delle volte significano entrare nel limbo, se non dell’inferno, della volatilizzazione!), vediamo di conoscere, almeno, chi erano i giovani virgulti della CBS - Scuola Calcio Napoli che avrebbero affrontato quel fior fiore di squadre. Negli Esordienti troviamo l’allenatore Beltramino, purtroppo scomparso qualche anno addietro, con i dirigenti Claudio Cavaletto e Lillo Cuva, mentre i giovanotti si chiamavano Trisolino, Zucchetto, Manfrini, Pozzati, Eretti, Cuva, Falletti, Cavaletto, Bouchard, Aime, Bartolotta, Andolfi e Maglione.

Erano periodi fiorenti , sbocciavano fiori a tutto campo, la polvere di stelline, per usare qualche espressione... abusata dei giornali locali nel 1991, attirava anche qualche giornalista che andava, forse, per la maggiore e così si leggeva che un ragazzotto arrivato fresco fresco dalla lontana Sicilia, un certo Maurizio Mandanici, era osservato da qualche club professionistico, ma che fine, sportiva, abbia fatto, non c’è più alcuno che ce lo sappia dire. Ma non solo quel giocatore cominciava a mettere le ali, alla CBS, sempre Scuola Calcio Napoli, erano molti gli atleti, i mini atleti, addirittura i “microbi” di atleti che venivano seguiti dalle volpi , neanche tanto gentili, di altre società concorrenti segno inconfondibile che si stava lavorando bene e che la società aveva saputo allestire team di valore, guidati, a loro volta, da esperti istruttori o allenatori. Uno di questi “mister” era Remo Mina, già in società in quelle stagioni, che era andato a vincere il suo primo titolo Allievi Provinciali battendo, con un secco 5-0 nell’ultima giornata, la SA. FA. di Torino e, dicevano le cronache, mantenendo imbattuta la propria porta (in cui si alternavano un certo Milia e un certo Giordano) per ben 720 minuti: pare sia un record anche ai giorni nostri!  La formazione di quella partita che sanciva la vittoria in campionato comprendeva Milia, appunto, poi Simbolo e Zecchi, Viggiano, Battaglia e De Silva, quindi Corgnati, Gotro, Viggiano P., Albrigi, Lion. Completavano la “rosa”, Giordano, Gara, Matera, Simonetti e Lunaschi.

Se le squadre, quasi tutte le squadre, “funzionano”, anche la società sta per ottenere il suo “premio”, che non è certamente una pur bella coppa da mettere in sede, ma ottenere qualche cosa di molto più gratificante per tutti coloro che fanno e fanno fare sport: la sistemazione della struttura sportiva di Corso Sicilia e l’ottenimento definitivo della gestione. Il presidente Correnti, il vice Zecchi, Castagnola, Cavaletto, Cuva, Deidda, Omedè e tutti i componenti del direttivo sono in ebollizione, tuttavia, prima di approfondire cosa sta succedendo effettivamente, andiamoci a leggere qualche cronaca delle tante brutture in giro per il globo.

Letto e memorizzato, è meglio subito dopo ritornare a cronache meno avvilenti e rifarci occhi e palato con la bella attività che la CBS sa mettere in campo, organizzando tornei societari, partecipando ad altre manifestazioni analoghe e disputando i vari campionati con sempre tante soddisfazioni, sia tecniche che organizzative, ma, soprattutto, per aver potuto “mettere le mani” su quell’area dove, da tempo immemore, sorgeva il campo sportivo del “Pilonetto” e che ora era stato “rigirato” in posizione nord-sud, anche per permettere di avere una grande spazio per la costruzione di un campo dalle dimensioni ridotte ma adattissimo per le squadre dei più piccini, una sede capiente e una bella serie di spogliatoi defilati dal terreno di gioco ma di facile accesso per coloro che devono esibirsi sul nuovo impianto. E’ la vittoria della pazienza, della discussione, delle spiegazioni approfondite in quanto senza questi elementi la Circoscrizione, da cui dipende il parere decisivo, non avrebbe avuto dal Comune di Torino l’ok alla concessione della gestione. E’ ormai prassi consolidata della amministrazione torinese quella di concedere in gestione privata i tanti spazi sui quali sono sistemati gli impianti sportivi del calcio, ma se non si ha alle spalle una organizzazione seria e affidabile queste decisioni possono essere spostate nel tempo e far diventare il fegato di tanti appassionati grosso come un pallone, anzi, come due palloni messi assieme.

Poco alla volta la posizione delle autorità comunali cambia e tra qualche anno si vedranno i risultati del pensare giusto, del pensare di far del bene allo sport giovanile e dilettantistico.

Intanto, siamo nel 1993, il 4° Trofeo Vulcaflex, l’ultimo che si disputerà in quanto lo sponsor verrà sostituito, vede all’opera le categorie Debuttanti (così si chiamavano quelli che in seguito conosceremo come Pulcini I° Anno), quindi i Pulcini, i Mini Esordienti, gli Esordienti e i Giovanissimi. Correnti ha lasciato la presidenza e al suo posto è stato nominato Alessandro Mottino, con Renzo Zecchi sempre vice ed il resto del direttivo praticamente immutato.

Si apprende che Pier Luigi Castagnola e Attilio Comella sono responsabili dell’organizzazione generale del Trofeo Vulcaflex, che Remo Mina, oltre a seguire gli Esordienti, è anche nominato Direttore della Commissione Tecnica del torneo, che cominciano ad apparire ragazzi come Michele Carrera e Paolo Zambon, che Eugenio Bianco si occupa dell’ufficio stampa della struttura.

Siamo nel 1993. Ovvio che non solo questi dirigenti sono in attività nella società, ma si nota come possa esserci una certa qual intercambiabilità tra i compiti e tra le persone: bello a leggersi e a ricordarsi!

L’anno dopo, il 1994, la stagione di un grande cambiamento, il torneo di fine anno si chiamerà “Forza Azzurri”, in omaggio alla Nazionale di calcio impegnata negli Stati Uniti e sarà l’ultimo che porterà la denominazione di CBS - Scuola Calcio Napoli, un Napoli ormai orfano di Maradona. La manifestazione è sempre brillante, sono in corsa ben quarantadue squadre per cinque categorie e il tutto si svolge nel mese di giugno: una kermesse massacrante per chi la organizza, ma ormai alla CBS si hanno le spalle forti e non è certo quella “montagna” di partite che spaventerà: c’è ben altro che sta cuocendo in pentola e fra poco ne vedremo i risultati.

Per sapere come si è concluso un accordo che aumenterà esponenzialmente il tasso tecnico del club, necessita partire da distante.

Dal 1993 c’è un piccoletto, nel senso che è proprio giovane, che si impegna nelle squadre Pulcini della CBS, ancora Scuola Calcio Napoli. Ha un papà che si vede solo qualche volta, ma in quelle poche volte che mette piede in Corso Sicilia è subito accerchiato da una nutrita schiera di genitori, amici, conoscenti, tutta gente che abita nei suo paraggi e che si conosce non solo per la frequentazione del campo di gioco. Questo papà si chiama Enzo Ghigo, che al tempo lavorava in Fininvest e che successivamente diverrà presidente della Regione Piemonte, ma ciò che interessa sono i risultati di una chiacchierata estemporanea avvenuta, una sera di aprile, tra il vice presidente Zecchi e Ghigo stesso. Ormai nell’ambiente societario si sa che l’ abbinamento con Napoli cesserà, anche le visite degli esponenti partenopei sono diventate episodiche, c’è la sensazione che un notevole ridimensionamento dell’organizzazione del settore giovanile del Napoli sia in atto e quindi bisogna cercare altri partner importanti, dal punto di vista tecnico, come lo è stato il Napoli del presidente Ferlaino. Ghigo dichiara la sua amicizia col presidente del Milan, e si propone per dare inizio ai primi contatti con la dirigenza della società rossonera. Ciò avviene con una semplice telefonata, dopo di che sta tutto alla dirigenza della CBS giocarsi le giuste carte per far funzionare un eventuale accordo tecnico. E’ Renzo Zecchi a raccontare come sono andate esattamente le cose: “dopo la sola ed unica telefonata di Ghigo, che, evidentemente, deve essere stata molto convincente, abbiamo ricevuto la visita del prof. Christian Bourrel, un esperto insegnante di educazione fisica francese che già era stato allenatore nelle giovanili del Paris S. Germain. Bourrel, che occupava un importante incarico nella direzione tecnica del Milan, venne a Torino accompagnato dal responsabile della Scuola Calcio rossonera, il dott. Patrassi. I due si fermarono un paio di giorni in città, parlarono, discussero, interrogarono (proprio così!), videro, presero nota e l’accordo di collaborazione fu una cosa fatta.

Entrammo a far parte della Galassia Milan, che comprendeva innumerevoli Scuole Calcio sparse nell’intera penisola. Era il giugno del 1994 e, nel mese successivo, potemmo iscriverci ai vari campionati della FIGC con la nuova denominazione CBS Scuola Calcio. La postilla “Galassia Milan”, come era stato comunemente deciso, appariva soltanto nella carta intestata, nei manifesti, nella pubblicità. Ma fu un accordo, credo, importante per tutti e due i partner, non solo per la CBS, che, da quel momento cominciò a vestire le maglie rossonere. Da quel momento – continua a raccontare Zecchi - ci fu un costante progresso tecnico delle nostre squadre e gli scambi di visite, noi a Milano e dintorni, loro in Corso Sicilia, produsse effetti benefici tanto che alla fine di quella prima stagione di connubio riuscimmo a vincere sia con i Giovanissimi regionali, sia con gli Allievi regionali, ripetendo il titolo del 1990, mentre anche gli Juniores provinciali si aggiudicarono il loro campionato”.

Intanto nel Milan, Franco Baresi aveva smesso di giocare ed aveva assunto la carica di responsabile dell’intero settore giovanile. Una delle prime decisioni che prese, fu quella di ridimensionare la “galassia”, nel senso che le innumerevoli società facenti parte dell’intero agglomerato si ridussero a trenta: troppo dispersivo, quasi impossibile da seguire bene. Tra quelle trenta società rimaste a fianco del Milan, la CBS c’era e la collaborazione continua anche al giorno d’oggi.

Significativo che un emissario milanista come Cesare Lamberti, un responsabile nel settore tecnico del club meneghino, venisse tutte le settimane a Torino per colloquiare con i tecnici della CBS, per verificare se ci fossero stati progressi, per insegnare, alla fin fine, agli stessi istruttori come si insegna calcio ai più piccoli.

Ci piaceva – commenta Pierluigi Castagnola – il modo di interloquire, senza arroganza, senza quella palese distinzione tra istruttore ed istruendo che induce a voler fare da sé. Avevamo capito che al bambino bisognava far comprendere cosa stesse facendo quando gli si proponeva un esercizio sul campo, quanto era importante saper calciare la palla nel modo esatto, portarla, la stessa palla con intelligenza e non solo buttarla in avanti”.

Con questa impostazione ne trassero vantaggi non solo le squadre della Scuola Calcio, ma l’intercambiabilità degli allenatori consentì una maturazione che in pochi anni fece raggiungere risultati apprezzabili che non si riscontrarono in altri club, ben più “maturi” di anni e anni di attività.

In un decennio, dal 1988 al 1998, la società vinse ben sei tornei federali degli Esordienti, uno ancora con gli Allievi e perfino un campionato Under 21 fu appannaggio dei nuovi colori in riva al Po: non più l’azzurro, ma il rossonero.

La società entrò stabilmente nelle prime società che potevano competere con quell’importante iniziativa chiamata “SuperOscar”, e la deferenza verso il club crebbe proporzionalmente con il maturarsi di risultati importanti. Il distacco che, di solito, si avverte tra i “vecchi” e i “parvenu” scomparve e la CBS entrò, di buon diritto, nella ristretta cerchia dei sodalizi importanti. Molto merito lo si ricavava dall’essere una “costola” del Milan, ma è indubbio che senza altri sostegni non si sarebbe potuto raggiungere i tanti risultati positivi. Uno di questi sostegni fu dato dalla presenza, nel club, di gente che ci sapeva fare. Era arrivato da qualche tempo Maurizio Ariaudo (portati i figli Alberto e Lorenzo alla Scuola Calcio, vedrà Lorenzo andare alla Juventus anni dopo, al Cagliari ed attualmente al Sassuolo in Serie A, che comporrà la coppia di vice presidenti con Claudio Cavaletto, mentre il numero uno era diventato, dal 1996, Renzo Zecchi. Antonio Giachino se la cavava molto bene in segreteria con Carla Palmieri e, per non farsi mancare nulla, andava anche ad occupare il posto di addetto stampa, dopo le belle esperienze in “Piemonte Sportivo”. La prima squadra che, vinto, come detto, il campionato Under 21, si era meritato un posto in Seconda Categoria, era guidata da Michele Carrera, il quale, tuttavia, si spostava in quelle stagioni dove necessitava alla società, dirigendo un CAS o guidando una Esordienti oppure ritornando con i dilettanti. Si faceva notare Giampiero Muroni, altra pietra miliare nella storia tecnica del sodalizio, vincitore con le sue quadre di titoli e tornei a manciate. I già citati Remo Mina e Paolo Zambon (quest’ultimo destinato ad assumere importanti incarichi nel settore dei “piccoli amici” della FIGC-SGS torinese) continuavano a guadagnarsi la pagnotta (si fa per dire, in quanto il lavoro che rendeva era tutt’altro!), e venivano additati dalla stampa locale ragazzi, anzi uomini come Giuseppe Troilo e Salvatore Meloni, senza dimenticare il bravo Maurizio Mari che vedremo sulla panchina di una delle rappresentative federali. In quelle stagioni di fine millennio occupavano le scene pubbliche anche alcuni atleti delle venti squadre messe in campo. Così si notava Abdulai Konneh, il portiere Acosta, gli arcigni Varsallona, Romano e Vasta. Questi pochi nomi sono soltanto una striminzita rappresentativa dei tanti che erano tenuti d’occhio dalle società professionistiche di Torino e del Piemonte. Ci furono, infatti, trasferimenti alla Pro Vercelli, società passata in diverse “mani” nei decenni passati ma, comunque, sempre in auge, all’Alessandria, al Novara. Ma ci si recherà anche in “terre lontane” come nel vicinato (leggi Torino e Juventus), con delle estati bollenti non solo per la calura, ma soprattutto per l’enorme lavoro della direzione sportiva e della segreteria. Mi è impossibile stilare un elenco di tutte le trattative (quelle definite e quelle lasciate decantare) intercorse in quegli anni, ma certo che i numeri a due cifre stanno ad indicare, con sufficienza, che l’attenzione sulla CBS era notevole.

Siamo ormai nel nuovo secolo e sorpassato il primo decennio, la CBS sta facendo progetti, come sempre, ha in continuazione idee nuove, come quelle di relazionare i propri soci e i propri tifosi con dei fogli quasi periodici in cui le immagini, sovente curiose e ironiche se non umoristiche, e i testi servono a far comprendere cosa frulla nella testa di Zecchi e Company. Una delle idee, frullata ben bene, è stata quella di mettere in piedi dei tornei societari, sia per far conoscere all’esterno come ci si impegna e sia per impegnare le proprie forze a ricordo di qualcuno o di qualcosa. Così, dopo il Trofeo Vulcaflex degli anni ottanta e novanta, è stata la volta di altri Tornei come il "Torneo della Pace", disputato nel perido pasquale e del “Super Prestige”, una manifestazione di buon livello a cui partecipano fior di squadre locali e piemontesi. In questa ultima stagione si è aggiunto, è forse il caso di scrivere “purtroppo”, il “Memorial Alessandro Ametis”, un torneo con ben trentadue squadre che vuole ricordare un ragazzo prematuramente scomparso l’anno prima, figlio dell’ amico Luciano Ametis. Com’ è facile intuire, mettere in piedi una serie di iniziative per far giocare i propri e gli altrui ragazzi quando l’attività ufficiale è ferma, non è certo frutto di particolare ingegno, se non quello di saper radunare squadre “giuste” nel “giusto” torneo, le idee sono tante altre come, ad esempio, abbellire un percorso interno all’impianto con delle fioriere, come coprire una tribuna che guardi nei due sensi e quindi verso i due campi della società, come un’infinita serie di lavoretti che posano rendere più funzionale la struttura, ma, per la verità, non si è ancora intuito il colpo da maestro che cambierà notevolmente la situazione e le prospettive. E il colpo da maestro che ha fatto fare salti di qualità ad oltre trenta club della città di Torino e quindi anche alla CBS, sta prendendo piede. Non è ancora avvenuto, nell’amministrazione comunale di Torino, quel cambio di visuale che tra poco la farà distinguere da tutte le altre città italiane, non si sono ancora messi all’opera coloro che ridisegneranno l’impiantistica sportiva e del calcio in particolare. Non è ancora stata assimilata l’assegnazione delle Olimpiadi Invernali 2006 a Torino. Quando nel 1999 il sindaco Castellani, un professore del Politecnico di Torino passato alla politica e al suo secondo mandato, ritornò da Seul, dove si era svolta la votazione ufficiale per designare la città ospitante, con in mano il lasciapassare per l’organizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali, nemmeno una pulce pensava a cosa sarebbe successo in città in conseguenza di quell’assegnazione. Ed invece ci fu qualcuno che ragionò e molto bene con la sola propria testa. Il primo indizio gli venne dal fatto che le prossime Olimpiadi a Torino sarebbero costate una montagna di soldi. Il secondo che, in ogni caso e da mille rivoli, sarebbero arrivate ben tre montagne di quei bei soldini (si parlava e si ragionava ancora con le lire) a riempire le casse comunali. Il terzo indizio fu quello che gli fece fare il passo decisivo. Torino era piena di debiti (si dice, tutt’oggi, che sia la città italiana con il maggior numero di milioni di euro pro capite di debito!) e tutte quelle lire e i susseguenti euro si sarebbero dovuti spendere solo per qualche cosa legato alle Olimpiadi o, comunque, allo sport in genere. Niente da fare, Non si poteva travasare l’enorme flusso di denaro e quindi bisognava approfittarne per non dover restituire dei soldi a chi non ne aveva affatto bisogno.

Cosa successe e chi lo fece succedere?

Non lo so. Quello che so, fu che l’assessore allo sport della città, Renato Montabone, mi espose una “strana” ma brillantissima idea in una chiacchierata riservata a pochi intimi, durante un colloquio informale prima di una conferenza sullo sport, tenutasi al Centro Congressi della Regione Piemonte in Corso Stati Uniti.

L’idea era quella di spendere i tanti soldi che sarebbero sicuramente avanzati dall’organizzazione dei Giochi, per costruire dei manti erbosi da posare su una trentina di campi sportivi cittadini. Lo Stato versava montagne di denaro, le TV di tutto il mondo versavano tanto denaro, gli sponsor, tecnici, ufficiali o locali, versavano carrettate di denaro e tutto in funzione dello sport: perché sprecarlo o farlo ristagnare?

Fu lanciato un bando, furono contattate diverse ditte che cominciavano a fabbricare erba sintetica ed il piano prese piede: tutti i campi comunali in cui esisteva una gestione privata da parte di società affiliate alla FIGC, avrebbero avuto il loro manto del tutto nuovo, che fosse, si sarebbe poi visto, di seconda, terza o quarta generazione.

Nel 2004 anche la CBS si vide il proprio terreno senza polvere, senza orribili piscine d’autunno o piste di ghiaccio d’inverno e la maniera di fare calcio cambiò. Non solo, ma tutti i club interessati (si e poi potuto verificare) si mossero sotto la spinta di quel regalo e cominciarono ad abbellire ulteriormente i propri impianti con tutta una serie di migliorie. Alla CBS si fecero dei bei debiti, ma poterono costruirsi un nuovo campo in sintetico per dare la possibilità, anche ai più piccini, di cimentarsi su un regolare fondo in erba artificiale, senza contare la maggiore facilità di manutenzione di quei campi così costruiti.

Siamo all’oggi, siamo in una nuova stagione che è possibile possa mantenere le aspettative che i dirigenti si sono prefissati.  Le vittorie, a pioggia, di questi ultimi anni sono state inserite nell’albo d’oro del sodalizio e, parlando da esterni, quasi non ci si fa caso perché sono state tante, tutte belle e qualche volta anche emozionanti. Gli atleti che vi hanno preso parte sono stati oltre un migliaio, i tecnici e i dirigenti qualche centinaio, pertanto impossibile compilare un elenco telefonico senza annoiare e parlo di elenchi di un tempo, mica quelli striminziti di adesso. Tuttavia non si può non fare cenno a coloro che stanno guidando la società proprio oggi, proprio nel momento del racconto, proprio in stagioni in cui anche la prima squadra (se ci avete fatto caso si è scritto molto dei giovanissimi e poco dei meno giovani, ma l’iniziale storia l’hanno scritta i primi!), sotto la guida di Giancarlo Nanni (in C.B.S. dalla stagione 2006/2007 alla 2013/2014), milita adesso in categorie di tutto rispetto e di notevole difficoltà come l’ Eccellenza (stagione 2012/2013) e la Promozione, risultando sempre ai vertici e con molta dignità anche dopo legnate non da poco com’ è stata la perdita prematura, imprevista e imprevedibile, di Alessandro Ametis. Il presidente, e non poteva essere diversamente dato il carisma e l’attitudine, è sempre Renzo Zecchi e i suoi vice sono sempre Maurizio Ariaudo e Claudio Cavaletto. Consigliere e direttore generale è ancora Pier Luigi “Gigi” Castagnola, mentre il consiglio direttivo è composto da Antonio Avallone, Roberto Quadri, Franco Bonardo, Mario Carossa, Enrico Cravetto, Pietro Grande, Anna Rita Manero, Carlo Fronticelli e Giancarlo Rozzio. Lo staff medico societario è condotto dagli stessi dott. Roberto Quadri e Carlo Fronticelli. Attualmente Giuseppe Milardi, dopo anni di Don Bosco Nichelino e Chisola, è il responsabile della Scuola Calcio, mentre si dividono i vari compiti e i vari settori della direzione sportiva Cosimino Fava, per quanto riguarda il settore giovanile, e Giuseppe Putzolu, per quanto riguarda la prima squadra. In segreteria troviamo Anna Rita Manero con Giovanni Comel che s’interessa anche degli aspetti informatici, molto importanti se non decisivi ormai nella conduzione di un sodalizio come la CBS. Non si può chiudere senza un cenno a quella basilare “fonte” denominata Scuola Calcio, come d’altronde appare nella stessa denominazione sociale, e pertanto non ricordare i notevoli successi di un settore societario che ha avuto, da ormai quindici anni, in Roberto Dalla Costa il responsabile tecnico e in Claudio Cavaletto, uno dei vice presidenti, il responsabile organizzativo.

A questi nominativi vanno aggiunti tutti i dirigenti e i tecnici che seguono le tante squadre, i responsabili di settore, insomma una schiera di circa cento persone che “curano” i quasi quattrocento atleti iscritti in società. Pensate anche soltanto a controllare tutto, ai costi per mantenere le tante squadre: se non è una maledetta o benedetta passione, come la si può chiamare?

Fonte: /www.cbscalcio.it