INTERVISTA - Il calcio italiano non valorizza i giovani, ne abbiamo parlato con Giordano Piras ed Enzo Friso, partendo dai casi di Alessandro Bianco e Lorenzo Pirola “emigrati” in Grecia: “Il problema è nel passaggio dalle giovanili al professionismo, perché i talenti ci sono e le scuole di perfezionamento calcistico aiutano a formarli per il calcio moderno. Gli istruttori ISS devono seguire un corso di formazione e altri di aggiornamento, perché non ci pensa anche la Federazione?”
Alessandro Bianco, centrocampista classe 2002 titolare nell’ultima Under 21, giocherà l’Europa League con il Paok Salonicco. Lorenzo Pirola, difensore della stessa annata che dell’under 21 era capitano, ha vinto il campionato con l’Olympiakos e si è conquistato un posto in Champions League. Bianco e Pirola, due giovani talenti italiani che sono dovuti andare in Grecia per essere valorizzati, hanno un altro aspetto in comune: entrambi si sono formati con l’Individual Soccer School, centro di formazione tecnico-calcistica individuale con sede a Pianezza, entrambi sono rimasti legati a Giordano Piras ed Enzo Friso, i suoi fondatori, cui abbiamo chiesto un commento. Ne è nata una lunga e piacevole chiacchierata, ricca di spunti interessanti.
L’Italia non è un Paese per giovani, nemmeno nel calcio. Perché?
“Nel caso specifico, le proposte che sono arrivate dalla Grecia erano molto più interessanti di quelle delle società italiane, sotto tutti i punti di vista. In generale, la nostra serie A non è un campionato che valorizza i talenti. C’è troppa paura di lanciare i giovani, come invece succede in Inghilterra o in Germania, per esempio. Ma è lo stesso atteggiamento delle nostre Promozione o Eccellenza, nei ruoli chiave meglio un 35enne che un 18enne. Anche se poi le società che hanno il coraggio di lanciare i giovani raccolgono sempre degli ottimi risultati”.
Mancano i talenti, come dicono in tanti?
“Ma no. È vero che uno come Roberto Baggio non nasce tutti i giorni, ma non è quello il problema. Nelle nazionali giovanili, ora che si punta su gioco e tecnica, vinciamo. Ma poi non ci qualifichiamo per i Mondiali. È in quel passaggio uno dei problemi principali del calcio italiano. Un altro è la mancanza di centri di formazione strutturati come quelli francesi per esempio".
E poi? Troppi stranieri?
“Le società multietniche sono una ricchezza, basta guardare i recenti successi nell’atletica. Altro discorso è comprare dall’estero giocatori per la serie A invece di credere nei nostri. Servono regole che obblighino le società a valorizzare i vivai, se non ci arrivano da sole”.
Vi propongo altri luoghi comuni: non ci sono più gli oratori, non si gioca più in strada.
“Questa è retorica, che può avere un fascino per noi boomer, ma i ragazzi non sanno neanche più cosa siano gli oratori, perché non ci sono più. È come dire: basta telefonino, basta videogiochi. Ma davvero pensiamo di risolvere così il problema dei giovani? Sveglia, la società è cambiata, noi adulti dobbiamo adeguarci, non nasconderci nella nostalgia e nella retorica”.
E allora?
“Allora guardiamo come stanno le cose e lavoriamo per migliorare la situazione reale. Oggi i ragazzi si allenano nelle società sportive e nelle scuole individuali, come la nostra. Per migliorare il lavoro nelle società, la Federazione si sta impegnando, vedi l’obbligo del patentino per allenatori e istruttori. Corsi e patentini ormai ci sono per direttori sportivi, preparatori atletici, match analyst, mental coach… La nostra proposta è semplice: anche gli istruttori delle scuole individuali, per poter operare, devono avere un’abilitazione federale apposita”.
Un corso per istruttore di tecnica individuale?
“Esatto, formare calciatori attraverso corsi di tecnica individuale è decisamente diverso da allenare una squadra, serve una preparazione specifica. Gli istruttori dell’Individual Soccer School hanno l’obbligo di frequentare il corso interno di formazione, per comprendere e avere chiara la nostra filosofia e applicarla sul campo. Dopodiché devono ripetere periodicamente il corso perché il calcio è in continua evoluzione e noi dobbiamo essere pronti ad adeguarci. Perché non se ne occupa anche la Federazione? Solo a Torino sono presenti più di 100 scuole individuali, sicuramente sono tutti bravi e preparati, ma che problema ci sarebbe a ratificarlo con una certificazione ufficiale? Per la Federazione sarebbe un bel progetto e le famiglie sarebbero sicure di affidare i loro figli a formatori preparati”.
Più di cento scuole di perfezionamento calcistico sono tantissime…
“Sì, in altre regioni non sono così tante. Però attenzione, l’effetto generale è positivo, perché i nostri giovani sono preparati. Per esempio, negli ultimi anni siamo tornati a vincere i Tornei delle Regioni con le rappresentative piemontesi, ora anche il titolo nazionale con il Lascaris. Siamo sicuri che in questo innalzamento del livello tecnico non ci sia anche un po’ di merito degli allenamenti individuali?”
Faccio anche io una domanda provocatoria: una scuola vale l’altra, quindi?
“Beh, questo proprio no. Ma noi, essendo parte in causa, possiamo parlare solo dell’ISS. Noi non facciamo solo allenamento tecnico, facciamo perfezionamento, che è ben diverso, perché comporta la scomposizione analitica di ogni gesto tecnico e soprattutto la sua correzione. E poi lavoriamo sempre in funzione della partita, formiamo il giocatore non solo a livello tecnico, ma anche atletico, tattico, mentale. Terzo ma non ultimo, ci aggiorniamo continuamente, studiamo e cerchiamo di capire dove sta andando il calcio europeo. La tecnica da freestyler o il “muretto” di una volta servono poco nel calcio moderno. Bambini e ragazzi devono essere allenati per il calcio di oggi e per il calcio che verrà. Anche per questo motivo servirebbero corsi e aggiornamenti organizzati dalla Federazione”.
Le maglie di Alessandro Bianco e Lorenzo Pirola incorniciate nella sede di Pianezza dell'ISS.
Sulla prima si legge: "Per Giordano. Al mio primo maestro di calcio, con affetto e stima"
Sulla seconda "A Enzo, con affetto, il tuo allievo".