Giovedì, 18 Aprile 2024

Chisola e Gassinosanraffaele, che belle risposte al razzismo

FAIR PLAY - Da un brutto episodio due lezioni per tutti: la foto dei chisolini 2006 con la faccia nera e il percorso educativo voluto dal direttore generale Pier Cesare Uras


Da una battuta razzista da condannare senza esitazioni a due lezioni di Fair Play che solo lo sport - quando indossa il suo abito migliore - sa dare. L’episodio incriminato è avvenuto domenica, al torneo Calcio&Coriandoli del Venaria, durante la partita Chisola-Gassinosanraffaele (per la cronaca, finita 2-1) della categoria Esordienti 2006: un ragazzo del Chisola viene insultato da un giocatore dell’altra squadra con l’epiteto “nero di m…” finché reagisce, dà uno spintone e viene espulso. Ma il razzismo non appartiene a una società d’élite come il Gassinosanraffaele e infatti le scuse dei dirigenti e della maggior parte dei genitori arrivano subito. Ma le “vere” lezioni devono ancora arrivare.

QUI CHISOLA

Lunedì sera, alla fine dell’allenamento, i ragazzi e lo staff del Chisola (l’allenatore è Mattia Abate Daga, uno dei profili emergenti nel nostro calcio) si sono fatti scattare una foto di quelle significative: tutti con la faccia colorata di nero in segno di solidarietà con il compagno di squadra che era stato vittima dell’episodio di discriminazione razziale: “Siamo tutti Stani” il loro coro, cui ci uniamo a gran voce.

QUI GASSINOSANRAFFAELE

La società del GassinoSanRaffaele non si è limitata alle doverose scuse sul campo, ma è intervenuta tramite il direttore generale Pier Cesare Uras, che ha sospeso il ragazzo dall’attività: “Per noi i valori vengono prima di tutto, seguiamo una linea educativa che vogliamo trasmettere ai nostri atleti e alle loro famiglie. Il protocollo del Gassinosanraffaele prevede una prima fase di sospensione, una seconda di recupero prima familiare poi con la squadra, e una terza di reintegro, con il ritorno alle convocazioni e alle partite che sono il momento durante il quale si scatenano queste manifestazioni fuori luogo che comunque, ricordiamocelo, hanno avuto come protagonista un  bambino di 12 anni, che non va condannato ma aiutato. Questo percorso prevede l’intervento dello psicologo, ma naturalmente previo  consenso dei genitori”.

Poi Uras allarga il discorso: “In ogni caso secondo me l'integrazione è solo una parte del problema nel mondo del calcio giovanile. I veri problemi sono l'educazione e il rispetto per le regole e per gli altri: avversari, dirigenti, mister, arbitri, spettatori… Certo, se un bambino insulta un coetaneo di colore salta agli onori delle cronache per un gesto che, voglio sottolinearlo con forza, va condannato senza remore. Ma tutte le volte che si sentono altri insulti pesanti o peggio bestemmie, non fa notizia perché siamo abituati a sentire quel tipo di insulti dalle tribune e tante volte anche dalle panchine. Secondo la mia opinione sono tutte dimostrazioni di maleducazione e di mancanza di rispetto, che vanno condannate e combattute con altrettanta forza”.

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