INTERVISTA - Il tecnico giallorosso ci racconta la splendida annata che tra mille difficoltà sta vivendo con i suoi ragazzi, un gruppo tutto nuovo, ma dal grande potenziale.
Eccellente stagione quella dei 2006 della società cuneese: 32 punti in classifica, seconda piazza in condivisione con la corazzata Pinerolo e a sole 4 lunghezze dall'inarrestabile Cheraschese, attacco da 42 reti e soprattutto super difesa, con solo 7 marcature subite, seconda miglior difesa di tutta la categoria (dietro il Lascaris). Questi i numeri del girone di andata della splendida realtà guidata dal tecnico Filippo Policaro. Tuttavia, prima di parlare di questa esaltante stagione, il pensiero va a quel che sta succedendo e all'incubo di una nuova sosta che si profila vista la crisi derivante dal Covid. Ma l'allenatore braidese si rivela ottimista, in vista della ripresa prevista per febbraio.
"Credo questa volta si ripartirà, nonostante questa nuova sosta forzata. Io ci credo, sarebbe una rovina fermare nuovamente e definitivamente tutto per un'altra stagione. Per tante società, ma soprattutto per i ragazzi. Si è rischiato di perdere una generazione intera in questi anni".
Pensi si sia agito per il meglio?
"E' una situazione particolare e in questi casi, come fai sbagli. Prendi ad esempio i tornei. Forse si doveva bloccare tutto prima, ma dopo due anni così, era anche giusto pensare a far continuare i ragazzi. In ogni caso rischi di prenderti improperi sia che giochi o che stai fermo. Ammiro la presa di posizione del BSR Grugliasco, che ha deciso di fermarsi prima a prescindere da tutto, ma ritengo sia stato legittimo anche provare a giocare. Poi in caso di rischio pronti a ritirarsi. Noi ad esempio lo abbiamo fatto al memorial Masciavè, pur essendo in semifinale e ci è dispiaciuto molto dover andare via, ma abbiamo ritenuto fosse meglio così. Anche nella gestione dei ragazzi, ti arrivano comunque critiche qualsiasi scelta prendi e quando devi fare delle rinunce vedi quanto i ragazzi ci tengono. Per fortuna possiamo continuare ad allenarci, ma mi auguro davvero che tutta questa situazione sia da insegnamento, a livello di società umana, più che a livello sportivo".
A livello personale hai risentito di questa pandemia?
"Non è stato facile ripartire. Soprattutto a seguito della scorsa stagione, dopo un anno fermi ritrovare la grinta, lo spirito giusto, non è stato immediato. Per tutti. Ma una volta che la macchina si è messa in moto, la passione ha prevalso e questo anche e soprattutto grazie all'entusiasmo dei ragazzi".
Questo è il tuo primo anno al Bra, un accoppiata esaltante a quanto pare.
"Non è tanto che alleno, ho passato molti anni a fare il secondo e ho girato tanto. Ho avuto tante belle esperienze, ho seguito validi allenatori come Dalla Riva e Salvo Telesca, sono stato in diverse società, come Saluzzo, Fossano. Al Carmagnola ho avuto la soddisfazione di portare i 2002 ai Regionali, dopo anni che il Carmagnola non riusciva a parteciparvi. Le ultime due stagioni sono state ovviamente un po' problematiche. Alla Saviglianese con i 2003 non abbiamo iniziato nel migliore dei modi, ma il prosieguo con i 2004 ha portato a toglierci delle belle soddisfazioni con i ragazzi, prima che fermassero tutto. Quest'anno ho accettato la chiamata del Bra, una opportunità importante e ci stiamo togliendo davvero tante soddisfazioni.
Ammetto che non ci aspettavamo risultati simili fin da subito, il gruppo è stato ricostruito da zero ad inizio stagione, solo quattro elementi sono rimasti dallo scorso anno, ma questo dimostra il bel lavoro che stiamo facendo. La sinergia tra allenatore, giocatori e società è vitale per fare bene e qui l'ho trovata. Grande merito va sicuramente a Pietro Cannistraro, che ha allestito un'ottima squadra dal nulla e con il quale continuiamo a lavorare con profitto, basti pensare al mercato attuale di metà stagione, dove abbiamo ceduto tre ragazzi, rimpiazzati subito con tre pedine di gran valore, una dal Chieri e due dal Torino. Comunque ho capito da subito che bel gruppo si stava formando. Durante il pre stagione disputavamo un amichevole con l'Asti, che è un'ottima squadra e infatti a fine primo tempo vinceva 1-0. Negli spogliatoi abbiamo parlato, io, i ragazzi, i dirigenti, ho cercato di trasmettere quanto fossi orgoglioso di loro e di come stavamo lavorando. Alla fine vincemmo 2-1 e da lì capimmo potevamo toglierci tante soddisfazioni. Per ora abbiamo steccato una sola gara (con il Fossano), ma con Pinerolo e Cheraschese abbiamo ampiamente dimostrato quanto valiamo. Naturalmente speriamo di continuare così, arrivare alle fasi finali sarebbe davvero un risultato fantastico".
Qual è il segreto per lavorare bene con ragazzi così giovani?
"Come ho detto, la sinergia tra tutte le parti è fondamentale. Qui al Bra posso dire si lavora davvero bene e i risultati lo dimostrano, non solo i nostri, ma di tutte le annate. E penso anche alla prima squadra, dove anche nelle difficoltà non manca il supporto all'allenatore, come è successo quest'anno. Oltre al clima sereno è importante trasmettere la giusta motivazione ai ragazzi. Motivarli e stimolare la loro passione, riuscire a fargli capire che i risultati si raggiungono con il sacrificio, con il lavoro e che non per tutti arrivano nello stesso momento e subito. Che con la serietà e l'impegno si può arrivare a bei traguardi, che non sono necessariamente ed esclusivamente la serie A, renderli consci anche dei loro limiti. Non è semplice, dobbiamo cercare di formare uomini oltre che calciatori, le cose sono cambiate tanto rispetto ad un tempo e spesso si fa fatica, ma visto l'ambiente e i risultati che stiamo ottenendo direi che stiamo lavorando bene".
Cosa rende il tutto più difficile?
"La società nel suo complesso è cambiata rispetto ad un tempo ovviamente, in alcune cose forse in peggio, mi pare ci sia meno rispetto generalizzato per gli adulti. In altre in meglio, i ragazzi sono più svegli, hanno più possibilità e più stimoli. Noi dobbiamo essere capaci di trasmettere rispetto da un lato e ravvivare questi stimoli e il loro entusiasmo. Per ciò che riguarda il calcio in senso stretto, il rapporto con i genitori, che in tempi passati quasi non si vedevano sui campi, alle volte è un problema. Troppo spesso dobbiamo lottare con le intromissioni dall'esterno, con chi vuol mettere bocca su come dobbiamo lavorare in campo. E spesso le lamentele sono fomentate da certi pseudo procuratori. In tanti casi questi personaggi giocano sui problemi delle famiglie, promettendogli mari e monti oppure direttamente sulla testa dei ragazzi, illudendoli, facendo presa sulle loro speranze. Il sistema è molto cambiato nel corso degli anni, tutto questo rende sempre più difficile gestire i ragazzi e non è sempre facile mantenere la voglia e l'entusiasmo".
Che però alla fine prendono sempre il sopravvento.
"La passione prevale, una vita dedicata al pallone si fa sentire. Ma sono i nostri giocatori che ci danno quell'entusiasmo che ci fa rimanere sui campi. Stare con loro è come sentirsi nuovamente giovani, il loro ardore è contagioso e quel che più ti segna è la loro genuinità"