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Giovedì, 04 Ottobre 2018 16:17

Under 16 regionali - Christian Viola: dal Settimo al Chieri, una vita dietro il pallone

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INTERVISTA - Il nuovo allenatore del Chieri under 16 ci racconta la sua idea di calcio e il suo ingresso nel mondo delle giovanili


Oggi abbiamo parlato con Christian Viola, allenatore del Chieri under 16. Classe 1980, una vita nel calcio la sua, principalmente nel Settimo Calcio. Dopo cinque anni nel Torino, dove gioca fino alla primavera, arriva un infortunio e riparte successivamente dalla serie D nel Nizza Millefonti, per poi approdare nel Settimo dove diventerà una vera e propria bandiera, con ben 19 stagioni all'attivo in squadra, con intermezzi nel Lotto Giaveno e nel Sciolze (dove conoscerà il presidente del Chieri Gandini). Torna infine al Settimo, dove chiuderà nel 2014 la sua attività da calciatore nel migliore dei modi, grazie alla vittoria del campionato. Finita l'esperienza da giocatore, passa subito ad allenare la Juniores per poi dopo un anno approdare in prima squadra, sempre a Settimo Torinese. Ma dopo l'esperienza in Eccellenza e Promozione, quest anno arriva la chiamata del Calcio Chieri 1955 per affidargli la panchina degli Under 16 regionali. Avendo dismesso da poco i panni del atleta il ricordo del campo è ancora fresco e la prima domanda sorge spontanea.

Ti piace di più allenare o giocare?
Difficile da dire, ma son sempre stato portato al dialogo. Son stato capitano del Settimo a 23 anni, mi piaceva anche perché mi portava a dovermi rapportare molto con l'arbitro, col mister. Sicuramente la vita da allenatore è complicata da tante variabili che possono influire sui ragazzi, sul modo di allenarsi, sul modo di vivere e intendere il calcio. Prima era più facile.

Cosa vuoi dire?
Il calcio italiano è ad un punto molto basso ora e senza andare a scomodare la nazionale, basta vedere il livello nelle categorie più basse. In Promozione ed Eccellenza rispetto al passato si gioca molto peggio e si gestisce male il tutto. Un tempo c'erano tanti presidenti che portavano avanti un'idea di calcio e con i quali si poteva lavorare bene. Adesso, oltre alla crisi economica, le problematiche riguardano proprio chi gestisce le squadre. Tanti personaggi che col mondo del pallone non c'entrano nulla sono entrati in questa realtà e si riscontra una maggior incapacità rispetto al passato, un proliferare di situazioni non positive (basti pensare ai tanti ragazzini già seguiti da procuratori, che spesso fanno i loro interessi piuttosto che quelli degli assistiti) e la mancanza di basi solide sulle quali lavorare.

Per cui la tua scelta di Chieri come rientra in questa visione?
Avevo quattro proposte per andare ad allenare delle prime squadre, ma sono stato convinto dall'ottimo ambiente e dalla serietà professionale in cui questo ambiente cresce. Una società dove tutti i mister, dalla prima squadra alle giovanili, hanno il patentino, dove si cerca di portare avanti un'idea di calcio comune e dove il dialogo anche tra le varie categorie è importantissimo. Ogni mese tutti gli allenatori si incontrano per confrontarsi ed eventualmente imparare l'uno dall'altro e di questo possono giovarne sicuramente i ragazzi, che sono seguiti da una società che punta tanto alla formazione dei giovani.

Com'è stato il tuo passaggio dal mondo degli adulti a quello dei ragazzi?
Allenare dei quindicenni è ovviamente molto diverso. Il mio compito non è solo quello di insegnare calcio, a questa età bisogna cercare di formare i ragazzi, lavorare sulla personalità e sulla professionalità. Rispetto al passato, dove ti creavi il carattere in strada, le cose sono forse un po' cambiate e trovarsi subito in una scuola calcio può far perdere uno step. Allora sta a noi allenatori cercare di colmare questo vuoto, lavorando molto sulla testa e sulla cultura del lavoro, senza dimenticare il divertimento e soprattutto insegnando il rispetto, l'umiltà e la dedizione. Per far questo mi piace avere un confronto diretto con gli allievi, senza intermediari, anche in presenza di lamentele, lavorarci assieme. E quando c'è da fare il sergente di ferro non tirarsi indietro. Ci sono ancora delle difficoltà che incontro ovviamente, ma la società mi è stata vicina da subito, principalmente nella figura di Davide Bellotto, che da responsabile del settore giovanile mi ha supportato e ancora adesso è sempre disponibile qualora fossi in ambasce. Ma di certo c'è che è un'esperienza intensa e stimolante ed è molto bello rapportarsi con ragazzi giovani, anche complicati alle volte, ma che apprendono dici volte più in fretta degli adulti se adeguatamente stimolati. E seppure siamo insieme da poco dei miglioramenti si vedono già.

Quali sono gli obbiettivi quindi?
Portare i ragazzi a vincere in queste categorie non è la cosa più importante, tanti allenatori spesso se lo scordano pensando più alla loro gloria personale. Il vero successo per noi è vedere tra qualche anno i nostri allievi che con umiltà e spirito di sacrificio arrivano ad esordire in prima squadra. E non solo per il loro livello tecnico, che per tanti è già ottimo, ma principalmente perché vorrà dire che li abbiamo formati caratterialmente, tanto da superare il "trauma" del passaggio da realtà giovanile a calcio adulto.

Per chiudere vuoi ringraziare qualcuno?
Sicuramente dico grazie al Settimo Calcio. E' una società che ho nel cuore per tutte le possibilità che mi ha dato e nella quale chissà, prima o poi mi piacerebbe tornare ad allenare. E naturalmente grazie al Calcio Chieri 1955, che a mio avviso è una società che spicca nel panorama del calcio piemontese, non solo per storia, ma soprattutto per serietà e professionalità e della quale sono orgoglioso di far parte.

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