Nel 1901, per la prima volta al mondo, due nazionali non britanniche si affrontano in una partita di calcio. Il 16 maggio, a Montevideo, Uruguay e Argentina si sfidano in una gara amichevole che si rivela equilibrata e combattuta: i biancocelesti di Buenos Aires si impongono di misura sui vicini di casa con il risultato di 2-1. Quella storica prima partita disputata in America Latina segna l’inizio del calcio nel continente Sudamericano e fa conoscere al mondo una squadra, l’Uruguay, che per anni avrebbe recitato un ruolo da protagonista sul palcoscenico internazionale, laureandosi per ben due volte squadra più forte del pianeta. Il grande Uruguay dei “Los Invencibles”, una squadra capace di vincere tutto e di creare uno stile di gioco che per l’epoca poteva ritenersi altamente particolare e innovativo, è protagonista nel volume scritto da Niccolò Mello ed edito da Bradipolibri: “Quando il calcio era Celeste. L’Uruguay degli Invincibili, la prima squadra che dominò il mondo”. Ma le gesta di quei campioni e i trionfi di quella macchina quasi perfetta, secondo l’autore, passano oggi in secondo piano, accantonati e ignorati «dalla frenesia dei ritmi contemporanei, dall’impellenza della fredda attualità, dalla superficialità di certe analisi». Quell’Uruguay, sottolinea con forza Mello nelle 176 pagine che danno vita al libro, «paga pegno, nelle valutazioni di numerosi addetti ai lavori del presente, perché non c’era la tv» e perché le immagini e i pochi filmati che sono pervenuti fino a noi appaiono oggi «sbiaditi, consunti, segnati dall’incedere del tempo». L’Uruguay degli Invincibili paga pegno anche perché quello della prima metà del Novecento era un calcio di un periodo lontano, «intriso di romanticismo e avvolto nel dilettantismo, dove i calciatori erano onesti lavoratori e non macchine per fare soldi».Quei calciatori non erano macchine per fare soldi, è vero. Ma la nazionale di calcio uruguayana che gioca a pallone in quegli anni è un’autentica macchina da guerra capace di costruire successi e trionfi che rimarranno per sempre scolpiti nell’albo d’oro delle manifestazioni più importanti. A partire dalla Coppa del Mondo, che la Celeste riesce ad aggiudicarsi per ben due volte, nel 1930 e nel 1950: il primo trionfo matura tra le mura amiche, a Montevideo, al termine del primo campionato mondiale di calcio della storia e grazie alla vittoria per 4-2 sugli eterni rivali dell’Argentina; l’altro successo, arrivato subito dopo la fine del secondo conflitto bellico, gli uruguagi lo ottengono in casa del Brasile in una sfida contro i verdeoro che segna un’epoca e permette a calciatori come Alcides Ghiggia e Juan Alberto Schiaffino di scrivere una pagina indimenticabile di sport. Ma l’Uruguay trionfa a ripetizione anche nelle numerose edizioni della Coppa America: nel 1916 e nel ‘17, nel ’20 e nel ’23, nel 1924, nel 1926, nel ’35 e nel ’42. E non mancano, infine, i successi alle Olimpiadi, grazie alle medaglie d’oro conquistate nel 1924 a Parigi e nel 1928 ad Amsterdam. Eppure, di quella fantastica squadra oggi si è quasi persa la memoria. E secondo Niccolò Mello «la colpa è nostra e non loro». La colpa non è di quei meravigliosi calciatori che hanno fatto la storia, ma «di chi dimentica e trascura». La colpa è «di chi preferisce osservare da lontano. Di chi non entra in profondità. Di chi pensa che lo sport prima di un determinato periodo non meriti abbastanza considerazione e abbastanza rispetto».
Niccolò Mello
“Quando il calcio era Celeste. L’Uruguay degli Invincibili, la prima squadra che dominò il mondo”
Bradipolibri
Pag. 176
11,90 euro