Fu costretto così a ricominciare la propria carriera dai dilettanti dello Stocksbridge Park Steel e a giocare in uno stadio che poteva contare al massimo tremila spettatori: guadagnava 30 sterline a settimana e per arrotondare era obbligato a lavorare in una fabbrica di sostegni ortopedici.
Nel 2012, a 25 anni, giocava ancora in Conference League, quinta serie, e ai 768 spettatori del Fleetwood regalava il suo ultimo gol in giallo-nero prima di passare al Leicester, in Championship, per la cifra di un milione di sterline. Quel trasferimento avrebbe cambiato per sempre il destino di Jamie Vardy, capace di trasformarsi in brevissimo tempo da sconosciuto calciatore di provincia all’attaccante da sogno in grado di regalare la Premier League e la gloria eterna al Leicester di Claudio Ranieri, compiendo così la più grande impresa sportiva di tutti i tempi.
Dopo l’ultima esaltante stagione, l’ex dilettante delle serie minori - e attuale attaccante titolare della Nazionale inglese - ha deciso di mettersi a nudo in una autobiografia che definire interessante appare riduttivo. Nel libro scritto a quattro mani con Stuart James e intitolato “Dal nulla. La mia storia”, Jamie Vardy racconta infatti tutto se stesso, dalle umili origini fino al miracolo compiuto in Premier League, dove una squadra di sconosciuti con un grande spirito di gruppo è riuscita a realizzare l’impensabile e a vincere un titolo quotato addirittura 5.000 a 1. Con Jamie Vardy che è andato a segno in undici gare consecutive di campionato superando il record che apparteneva a Ruud van Nistelrooij, l’ex attaccante olandese del Manchester United.
Ma nel volume appena pubblicato da Bompiani, l’attaccante inglese regala ai lettori anche alcuni retroscena legati alla sua “passione” per l’alcol, come quando tentò di curare un infortunio con la vodka: «In quel periodo avevo in casa una bottiglia di tre litri di vodka in cui mettevo un mucchio di Skittles, una volta che questi si erano sciolti del tutto ne aggiungevo degli altri, ma era importante che fossero tutti viola o rossi, perché quelli gialli e arancioni non mi piacciono. Quando ero a casa e mi annoiavo, ne versavo un bicchiere, mi sedevo tranquillo e me lo gustavo. La vodka non era male, ma a quanto pare non faceva bene alla mia contusione, che continuò a sanguinare internamente per molto tempo».
Un capitolo del libro è dedicato anche al primo incontro con Paolo Di Canio, il suo idolo d’infanzia. «Firmò per il Wednesday nel 1997, un anno dopo l’arrivo in squadra di Benito Carbone. Un sabato mattina dovevamo allenarci a Middlewood e anche i giocatori della prima squadra erano lì per un allenamento leggero; io stavo facendo qualche passaggio con un ragazzo della mia squadra, quando all’improvviso si avvicinarono Carbone e Di Canio e ci sfidarono a calcio-tennis. All’epoca erano probabilmente i due migliori giocatori del Wednesday. Erano stati gli acquisti più costosi del club quando avevano firmato, perciò il fatto che ci chiedessero di giocare con loro era davvero un sogno, che divenne un incubo una volta iniziata la sfida. Ci distrussero».
E poi ecco la proposta di matrimonio, fatta in ginocchio, alla moglie Becky: «Non avevo nessun anello di fidanzamento, per quello ci sarebbe voluto un po’ di tempo, e per un attimo lei fu convinta che fossi ubriaco o scherzassi, ma quando mi alzai in piedi e minacciai di rifare tutto da capo si arrese e disse di sì, sorridendo e col dubbio che la mattina dopo mi sarei alzato senza ricordarmi più nulla».
Quella pubblicata da Bompiani, insomma, è la storia che nessuno si aspettava, la storia di un ragazzo venuto dal nulla e capace di ottenere in brevissimo tempo un successo planetario, inimmaginabile. Una storia che Jamie Vardy ha voluto raccontare a modo suo, con onestà e coraggio.
“Dal nulla. La mia storia”
Jamie Vardy e Stuart James
Bonpiani
Pag. 264
14.45 euro
e-book 9.99 euro