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Martedì, 23 Luglio 2019 15:30

La verità di Emiliano Ferrari: “Al Lucento troppe cose che non mi piacevano. Sono i ragazzi che mi seguono”

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Emiliano Ferrari e Cristian Balice Emiliano Ferrari e Cristian Balice

INTERVISTA - L’allenatore si confessa: “Io non sfascio le squadre, se i giocatori vanno via sono le società che devono chiedersi il perché. Ho scelto il Lascaris per le persone e per l’ambiente sano, dove si pensa alla crescita dei ragazzi e non ad altri interessi”


È l’allenatore più “chiacchierato” dell’estate, il suo passaggio dal Lucento (dove avrebbe dovuto allenare sia Under 17 che Under 16) al Lascaris ha sconvolto gli equilibri - un po’ fragili, per il vero - del calcio giovanile piemontese e scatenato reazioni di ogni tipo.

Emiliano Ferrari, sarà un’intervista senza peli sulla lingua: raccontaci la tua verità.

“Capisco l’amarezza che provano al Lucento, ma ho deciso che non sarei rimasto perché c’erano delle cose che non mi piacevano. Chiariamo subito un punto fondamentale: i ragazzi sarebbero andati via lo stesso dal Lucento, sono loro che dovrebbero domandarsi e capire il perché. Detto questo, non voglio rispondere alle provocazioni, ognuno per la sua strada: faccio un sincero “in bocca al lupo” al Lucento, come ho fatto “in bocca al lupo” al Chisola l’anno scorso”.

La domanda è obbligata: che cosa non ti piaceva al Lucento?

“Non voglio parlare delle situazioni interne a una società dove ho passato un anno. Io ho la coscienza pulita e vado a testa alta, sono loro che dovrebbero farsi delle domande”.

Hai detto che i giocatori sarebbero andati via lo stesso. Il problema è che non avresti avuto squadre all’altezza?

“No, non è quello il problema. Ripeto, ho visto cose che non mi sono piaciute… diciamo che la giusta crescita dei ragazzi non era la priorità”.

E te ne sei accorto a fine giugno? Al Lucento sono arrabbiati anche per la tempistica della tua decisione di andartene.

“Sì, sono cose successe a fine giugno, se no me ne andavo prima. Io penso solo al bene dei ragazzi, sto in una società dove vogliono il bene dei ragazzi e non altre cose personali. Basta, non farmi andare oltre, se parlo succede un casino…”

Senti Emiliano, visti gli addii burrascosi con Lucento e Chisola, non ti preoccupa farti la nomea di allenatore che sfascia le squadre quando se ne va?

“Di squadre sfasciate ne ho viste tante…”

Sì ma qui parliamo di te.

“Io non pago i giocatori, non prometto nulla e non regalo nulla né a loro né alle loro famiglie: attenzione, non dico che altri lo facciano, ma io no di sicuro. I giocatori vogliono venire da me non dico perché li miglioro, sarei presuntuoso, ma quantomeno non li rovino, ed è già tanto. Se i giocatori seguono un allenatore che se ne va, è la società che deve farsi delle domande”.

Ti hanno seguito in tanti al Lascaris.

“Ma io non ho chiamato nessuno, ho solo avvisato che non sarei rimasto lì al Lucento, per correttezza nei loro confronti. Ripeto, sarebbero andati via comunque e li hanno chiamati tutti: hanno scelto i ragazzi dove andare. È difficile stare nelle mie squadre, mentalmente e fisicamente chiedo tanto, però vogliono venire, un motivo ci sarà”.

Quando hai deciso di lasciare il Lucento, chi ti ha cercato?

“Non faccio nomi ma mi hanno chiamato tutte le società migliori di Torino e del Piemonte, tanto sono sempre le stesse. Questa operazione erano pronti a farla tutti, anche quelli che adesso danno giudizi. Io sono una buona esca… ma decido da chi farmi pescare”.

Chi ti ha "pescato" al Lascaris?

“Il presidente, Marina, Balice. Ho sposato il Lascaris perché sono stato attratto dalle persone. Persone sane in un ambiente sano, dove si pensa alla crescita dei ragazzi e non ad altri interessi: io voglio allenare in società così”.

Rispondiamo a tutte le voci, mentre ci siamo. Quindi non è una questione di soldi?

 “Altre società mi hanno offerto molto di più, ma io cerco chiarezza e tranquillità per fare il mio lavoro per bene”.

Obiettivi?

“La crescita mia, dei ragazzi, della società, di tutto. In un percorso biennale”.

È una promessa, ti fermerai due anni?

“Sì, abbiamo concordato un progetto di due anni e lo rispetterò, se mi permetteranno di lavorare bene. Posso aggiungere una cosa?”

Ci mancherebbe, dopo tutte queste domande cattive…

“Giocheranno sempre i più pronti, quelli che si allenano bene, quelli che hanno voglia di crescere e di dimostrare. Non giocheranno mai i raccomandati, quelli che pensano di dover giocare per diritto. Chiaro?”

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