Lunedì, 23 Dicembre 2024

Individual Soccer School - Federico Fava, l'istruttore dei più piccoli: «Come a scuola, esercizi sempre più complessi e veloci: così insegniamo la tecnica»

INTERVISTA - Allenatore e docente del corso su stadi dell’apprendimento e sviluppo coordinativo, Fava racconta il metodo ISS applicato alla scuola calcio: «La tecnica è la componente fondamentale nel calcio, nelle società non si può curare con l’attenzione che ci mettiamo noi. Gli esercizi variano secondo età e capacità, ripetiamo il gesto tecnico con intensità crescente e correzione analitica. Sempre con il sorriso»


Rapporto 1 a 1, ovvero un istruttore per un bambino. Conoscenza approfondita degli allievi stessi, anche dal punto di vista caratteriale. Scomposizione di ogni singolo gesto tecnico, ripetizione con intensità crescente e correzione analitica. Tutto finalizzato alla partita, ma sempre con il sorriso. I dogmi dell’Individual Soccer School, che valgono per tutte le età, vengono però declinati in modo diverso rispetto all’età dell’allievo. Delle annate della scuola calcio si occupa, in particolare, lo “storico” istruttore Federico Fava: a lui abbiamo chiesto come funziona il metodo ISS applicato a quelli che lui stesso definisce i “nanerottoli”.

Federico, inizia a raccontarci di te.

«Mi sono laureato in Scienze motorie, con specialistica sulla gestione tecnico-tattica dell’allenamento, nel lontano 2003. Ho il patentino Uefa C e quello Uefa B, anche se a me non interessa allenare i “grandi”, non mi piace tutto quello che ruota intorno: obbligo del risultato, pressione dei genitori, non fa per me. Preferisco lavorare con la scuola calcio, con i piccoli riesco a creare un rapporto empatico. Sono papà di una bimba di sei anni, mi diverto con i nanerottoli».

Come allenatore hai una lunga carriera.

«Ho iniziato ad allenare a 19 anni, oggi ne ho 45, quindi un po’ di esperienza ce l’ho. La mia carriera è partita dal Borgaro e poi ho allenato in giro per il circondario: Gassino, San Mauro, Settimo, Caselle, Cirié, San Francesco, Mathi, Venaria, Lucento, mi manca solo il Lascaris del mio amico Denis Sanseverino. Ho smesso di lavorare nelle società con il Covid, e mi sono sposato con Giordano Piras ed Enzo Friso (i due responsabili dell’ISS, ndr), con cui collaboravo già prima: ormai per me il calcio è solo Individual Soccer School. Ho iniziato 12 anni fa, facendo il corso di cui adesso sono docente, insegno ai nuovi istruttori gli stadi dell’apprendimento e lo sviluppo coordinativo. Sono uno dei responsabili del centro sportivo di Pianezza e alleno i piccoli, dai 2017 fino ai 2012».

Come mai questa scelta di abbandonare le società e concentrarti solo sull’ISS?

«La mia specializzazione è la tecnica, che ritengo la parte fondamentale del calcio. Ho lasciato le società perché in un’ora e mezza di allenamento è difficile, anzi impossibile correggere singolarmente una decina di ragazzi, in modo da incidere davvero sulla loro crescita. Lo puoi fare, ma non in modo viscerale come nell’ISS. Durante le nostre sedute un ragazzo tocca il pallone tra le cinquemila e le seimila volte e poi calcia in porta per 15 minuti, è tutta un’altra cosa. Da noi si fa quello che purtroppo non si riesce a fare nelle società, a volte per conoscenza e applicazione, in generale per una semplice mancanza di tempo. ISS, nel mondo del calcio, compensa le società in quello che non possono fare».

La tecnica viene prima di tutto, dicevi.

«Il calcio è vario, una squadra si costituisce di elementi molto diversi tra loro. Diciamo che, se non c’è un Gattuso che recupera il pallone, difficilmente Messi o Cristiano Ronaldo farà gol. Ma in generale io sono dell’opinione che almeno il 50 per cento di un giocatore professionista sia fatto dalla tecnica, 25 per cento da altre attitudini come le capacità motorie, fisiche e intellettive, e un altro 25 per cento dalla fortuna. Certo, i Gattuso compensano una percentuale minore di tecnica con altre caratteristiche, ma se non hai confidenza con il pallone, difficilmente giocherai ad alti livelli. Questo è il ragionamento che sta dietro alla scelta di ISS di mettere la tecnica al primo posto nella formazione dei giovani calciatori».

Il tuo corso ai nuovi istruttori, dicevi, si concentra sugli “stadi di apprendimento”. Spiegaci.

«Nel corso di formazione spiego che in base alla “materia prima”, cioè alle capacità e all’età dell’allievo, ci sono diversi stadi di apprendimento. Per prima cosa, dobbiamo mettere l’allievo a suo agio, in modo che abbia un’attitudine all’apprendimento più alta rispetto a quella di un ragazzo stufo, annoiato, spaventato. Il secondo passo è conoscere la “materia prima”: abbiamo una serie di esercizi di prova che toccano le parti principali del calcio, a partire dal dominio palla, che significa avere la capacità muovere l'attrezzo come e dove voglio io. Solo successivamente parliamo con il ragazzo e con il genitore proponendo un percorso personalizzato che si sviluppa in diversi stadi di apprendimento».

Come le classi della scuola, per capirci.

«Esatto. Quando in prima elementare i bimbi imparano a scrivere la lettera A, riempiono le pagine. Se tocchi il pallone un milione di volte, impari a muoverlo come vuoi tu. Non solo: migliore è la correzione, più veloce sarà l’apprendimento del gesto tecnico corretto. Per esempio, frenate e ripartenze vengono proposte con diversi obiettivi: proteggere il possesso della palla, effettuare una giocata, oppure puntare l’uomo. I cambi di direzione, in modo rapido e utile. E ancora la parte estrosa, la materia in cui Giodano è il maestro assoluto. Poi, con la crescita, aumentano le varianti, ad esempio la lettura della traiettoria della palla. Si passa poi dalla tecnica di base all’inizio della tattica individuale, ovvero cosa devo fare per raggiungere un determinato obiettivo. Se voglio andare a destra, il controllo sarà aperto a destra. Ma se c’è un avversario, prima devo fare la finta a sinistra. In base allo spazio e al tempo, decido cosa fare e come muovere il corpo. Gli stadi dell’apprendimento riguardano, da un lato, l’aumento delle variabili e delle difficoltà dell’esercizio; dall’altro, l’aumento dell’intensità, della velocità di esecuzione».

A questo si associa la seconda parte del tuo corso, ovvero lo “sviluppo coordinativo”.

«L’aspetto coordinativo è fondamentale con i bambini piccoli, visto che ormai a scuola ormai è un aspetto che latita. Esistono innumerevoli esercitazioni riguardanti lo sviluppo coordinativo, a partire dal riscaldamento. Una palla in mezzo ai piedi, con tocchi interno-interno, e un’altra palla che gira dietro la schiena come i giocatori di basket. Oppure la scaletta, uno strumento ormai caduto nel dimenticatoio, che noi usiamo per gli esercizi di coordinazione. Anche in questo caso, le proposte cambiano e diventano più complesse con il crescere dell’età e delle capacità. Ai miei tempi, lo sviluppo coordinativo era giocare con gli amici alla tedesca - ve lo ricordate? - che si imparava a calciare al volo. Ora non si fa più, né ai giardinetti né nelle società: per questo motivo è nato l’ISS, fa quelle stesse cose, ma in modo molto, molto più professionale, grazie a un’esperienza ormai di tredici anni».

Per concludere, ti chiederei di raccontarci come funziona una seduta di allenamento.

«Un’ora alla massima intensità possibile. Si parte dall’attivazione, il riscaldamento coordinativo con due attrezzi, sempre diversi. Per esempio, due palloni, così dimostriamo che anche noi uomini sappiamo fare due cose contemporaneamente: è una battuta, durante l’allenamento ne faccio tante, perché il sorriso non deve mai mancare. Poi ci si concentra sull’obiettivo della seduta, per esempio frenata e trasmissione della palla, con un esercizio breve ma ripetuto: conduco il pallone, freno alla prima asta, scarico il pallone, andando avanti così finché non risulti pressoché perfetto. Perché ISS ricerca la perfezione e chi frequenta ISS pretende la perfezione. A quel punto, aggiungiamo un elemento: conduzione, frenata e passaggio, come prima, ma poi vado incontro al mister che mi restituisce il pallone, lo faccio passare in mezzo alle gambe e lo arresto subito. In termini tecnici, passiamo da “frenata in conduzione” con palla conosciuta, a “frenata con passaggio” con palla sconosciuta, perché è il mister a gestire la velocità e la direzione del passaggio. Poi, aggiungiamo un elemento estroso, una finta, perché è giusto che i bambini conoscano anche la parte fantasiosa del calcio. Così si compone l’esercizio con il procedere la seduta. Gli ultimi 15 minuti sono dedicati al tiro in porta a conclusione dell’esercitazione fino ad allora impostata: corsa, frenata, passaggio, vengo incontro, tunnel e calcio in porta. E qui si ricomincia, perché un’alta percentuale del cervello sarà concentrata sul tiro e l’esercizio verrà fatto peggio: quindi correzione analitica per migliorare di nuovo, con concentrazione massima, quanto basta finché diventi perfetto. Solo durante gli ultimi 2/3 minuti scarichiamo la tensione e la fatica accumulate, propiniamo una sfida, calciamo al volo, ma sempre con attenzione al gesto tecnico: anche la parte ludica è sempre formativa, educativa».

Un metodo che piace.

«Sicuramente è un metodo che ci rende unici: non solo rispetto alle società, ma anche alle altre scuole individuali nate negli ultimi anni. Siamo qualcosa di unico e diverso. Se piace, lo dicono i numeri: l’80 per cento dei nostri allievi entra e rimane nella famiglia dell’Individual Soccer School per anni: questo sì, ci rende orgogliosi».

Ultima modifica il Venerdì, 01 Dicembre 2023 14:17

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