Sono quindici anni che Giacomo Gattuso ha lasciato il mondo di chi gioca a calcio per intraprendere la strada dell’allenamento; dopo ben 27 anni di carriera professionistica che lo hanno visto vestire le maglie di Como, Spal, Salernitana, Saronno, Catania, Novara e, per un breve periodo in Eccellenza, Canzese, comincia la sua carriera da allenatore, proprio sulla panchina della Canzese sulla quale riesce a portare la squadra alla promozione in Serie D. Ecco le sue dichiarazioni.
Mister, cosa ne pensa del campionato della sua squadra sino a questo momento?
Beh, per noi questo è un campionato nuovo, l’anno scorso facevamo il trofeo Berretti, sapevamo delle grandi difficoltà che avremmo incontrato essendo in un campionato di livello, ma devo dire che la squadra dal punto di vista della partita regge fino alla fine, è chiaro che a tratti paghi caro dei cali fisici o di concentrazione, anche perché abbiamo alcuni giocatori che sono anche più piccoli, ma sono contento dell’andamento del campionato, al di là della classifica, stiamo costruendo il futuro.
Quale squadra la sta particolarmente sorprendendo in questo girone A?
Secondo me la Virtus Entella sta trovando risultati straordinari, sappiamo che è una società che lavora molto con i giovani e stanno raccogliendo quello che hanno seminato, credono molto nei giovani, ed è una politica che è quella che utilizziamo anche noi. Il nostro obiettivo è portare i ragazzi in Prima squadra e talvolta ci siamo anche riusciti.
E invece la squadra dalla quale si aspettava qualcosa in più?
Mi sorprende la classifica del Genoa, è una squadra che mi aveva impressionato sia all’andata che al ritorno, nonostante abbiano un organico importante non riescono a raccogliere i risultati pronosticati.
Ci racconti la sua carriera da allenatore.
Ho cominciato alla Canzese; dopo aver chiuso la carriera a Novara sono venuto in questa squadra dove, a dicembre, il presidente mi ha chiesto di allenare credendo che la squadra avesse le potenzialità per vincere il campionato. Ho accettato e riuscimmo a vincere il campionato ottenendo la promozione in Serie D; sono stato per tre anni alla Canzese poi Sergio Borgo mi ha riportato a Novara per allenare la Berretti; in quell’anno all’ultima di campionato sono stato chiamato ad allenare la Prima squadra al posto di Iaconi, feci con loro anche i play out e riuscimmo a salvarci, l’avversario era il Como; paradossalmente l’anno dopo sono andato ad allenare il Como Prima squadra, ma l’anno successivo sono tornato a Novara nuovamente dove ho cominciato con la Berretti, poi a febbraio la società esonera Sacchetti dalla Prima squadra e io gli sono succeduto fino a fine stagione. L’anno successivo sono stato allenatore in seconda per la Prima squadra prima a Discepoli che poi venne esonerato per far posto a Bellotto. Dall’anno successivo iniziò un biennio importante con la Berretti dove prima vinsi il campionato venendo eliminato alle final eight per poi arrivare allo scudetto l’anno successivo. Dopo questo biennio ho fatto tre anni allenando la Primavera; tre stagioni fa sono stato richiamato in Prima squadra per sostituire Attilio Tesser per tre partite, poi ho chiuso la stagione in Primavera. Due anni fa, invece, sono stato sulla panchina della Prima squadra per la partita di ritorno dei play out col Varese al posto di Aglietti.
Da allenatore quale può ritenere la sua più grande soddisfazione?
Fortunatamente ho avuto diverse soddisfazioni nella mia carriera, ultima la vittoria dello scudetto Berretti l’anno scorso; abbiamo fatto dei percorsi di crescita straordinari e poi sono fortunato a lavorare in una società come il Novara che è davvero perfetta, ti mette nella condizione ideale per lavorare coi giovani, e spesso si sono raccolti risultati, come l’anno scorso dove oltre allo scudetto Berretti è arrivato anche il titolo degli Allievi Lega Pro.
E invece la maggiore delusione?
A livello personale non ricordo delusioni particolari, in tutti questi anni le soddisfazioni hanno prevalso, spero di non doverne incontrare pur sapendo che prima o poi arriveranno (ride).
Nella sua carriera da allenatore c’è un tecnico che ancora oggi influenza il suo modo di allenare o che magari ricorda semplicemente con più affetto?
La figura dell’allenatore è moto cambiata da quando giocavo io, ci sono state rivoluzioni tecnico tattiche e la preparazione è sicuramente superiore; ho avuto tanti esempi, ma quello che ricordo con affetto è sicuramente Eugenio Bersellini al Como, arrivava da anni in cui aveva anche trovato lo scudetto con l’Inter, mi ha dato tanto da tutti i punti di vista, anche a livello emotivo e personale.
Da calciatore qual è la partita che ancora oggi ricorda con più piacere?
Sicuramente la finale play off giocata in campo neutro a Verona quando ero al Como contro la Spal, ero capitano di quella squadra, riuscimmo a trovare la promozione, per me fu una gioia immensa anche perché arrivavo da tutta la trafila giovanile ed ero capitano da tre anni ed ero da 10 anni in Prima squadra.
E quella che ricorda con più dispiacere?
Non è una partita che mi rattrista per il risultato ma è quella che ricordo con più dispiacere perché fu la mia ultima partita con la maglia del Como. Fu Como-Bresciello, in C1, ricordo il giro di campo per salutare i tifosi, fu duro per me quel giorno.