17ª PUNTATA / IL RIGORE DEL CALCIO - Nella sua rubrica, che torna su queste pagine per la terza stagione consecutiva, Gianluigi de Martino si butta il politica e prova a rispondere a questa difficilissima domanda: cosa può fare - concretamente - una pubblica amministrazione per una società sportiva? Dopo la prima puntata sull'impiantistica sportiva e la seconda su investimenti e progettazione, in questa terza puntata si parte dalla Costituzione, che riconosce lo sport "come elemento fondamentale della vita dei cittadini per lo sviluppo sociale, economico, per la salute e l’educazione". Ora, anche per rispondere alla crisi, è il momento di sostenere quelle sacche di umanità sportiva che sono enti e associazioni sportive dilettantistiche
Viviamo in un tempo surreale. Negli ultimi 3 anni siamo passati dalla pandemia che ancora sferza colpi di coda snervanti, ad un conflitto che lambisce i nostri confini e di cui sentiamo l’eco delle cannonate attraverso gli sguardi attoniti ed atterriti delle donne, uomini, bambine e bambini ucraini che arrivano e ai quali stiamo dando, con lo spirito solidale che ci contraddistingue, ospitalità, rifugio e amore.
Viviamo un tempo strano, che da una parte spaventa, preoccupa, mette in crisi i macro e i micro sistemi economici e toglie serenità, ma che dall’altra spesso si trasforma in grande occasione di rilancio, condivisione e ricerca di nuove strategie comuni risvegliando sentimenti di fratellanza e solidarietà.
Qualche settimana fa, il Parlamento, ha approvato l’introduzione dello Sport in Costituzione come elemento fondamentale della vita dei cittadini per lo sviluppo sociale, economico, per la salute e l’educazione: insomma lo sport gode finalmente a pieno titolo di tutta l’importanza che merita per il ruolo primario che ha nella vita del cittadino italiano. Sulla carta.
Ora è tempo di restituire, anzi di dare, allo sport quella dignità mai avuta, per esempio con un Ministero “con portafoglio”, che sia in grado di gestire la progettazione e lo sviluppo di reali politiche sull’attività sportiva per troppo tempo demandate ad organismi terzi che hanno perorato per lo più le cause delle federazioni che non quelle dei cittadini che praticano o che vorrebbero praticare attività sportiva.
È sempre più necessario sviluppare e sostenere tutte quelle realtà associative che storicamente non sono mai state supportate da strategie nazionali o territoriali, a parte qualche contributo qua e là ricevuto più per manifestazioni che hanno reso visibilità al politico di turno che non per il reale interesse alla promozione dello sport di base, dilettantistico e amatoriale.
Forse è arrivato il momento di rendersi conto che lo sport non è solo quello agonistico, quello delle coppe e dei campionati, degli sponsor e dei diritti televisivi. Esiste un universo costellato da più o meno piccole realtà che provano a mettere in campo competenze e umanità per dare ai cittadini la possibilità, attraverso l’attività motoria, di prevenire malattie, di curare micro patologie legate alla sedentarietà, di intrecciare rapporti sociali, di avviare alla pratica sportiva bambine e bambini, di offrire opportunità di inserimento sociale a chi esce da percorsi di recupero da tossicodipendenze o da condanne scontate nelle carceri.
È arrivato il momento di sostenere queste sacche di umanità sportiva. Oggi più che mai ci sono isole che offrono porti sicuri di solidarietà e comunione nel nome dello sport: gli enti e le associazioni sportive. Ed è proprio la grande crisi provocata da pandemia e guerra l’occasione per rendersi conto che lo stato e le pubbliche amministrazioni hanno uno strumento fortissimo, di grande impatto e dai risultati garantiti sul quale investire denari e competenze: lo sport.
Questo anche perché da qualche settimana, ormai, ha l’obbligo politico, etico e morale nei confronti del documento più importante dello Stato italiano: la Costituzione.