Mercoledì, 13 Novembre 2024

La psicologia dello sport secondo il professor Giuseppe Vercelli: "Valorizzare le risorse mentali nella pratica sportiva"

INTERVISTA - Il metodo Sfera e il concetto di anti-fragile spiegati dal responsabile dell'area psicologica di Juventus, che ha partecipato a 5 Olimpiadi come spciologo ufficiale del CONI: "L'allenamento individuale è un acceleratore di cambiamento e di apprendimento, in grado di strutturare quella relazione di fiducia che è alla base di tutto".


Buongiorno professore, partiamo dalla base: che cos'è la psicologia dello sport e di cosa si occupa?

"È una branca della psicologia e si rivolge agli atleti, agli addetti ai lavori e a chiunque pratichi sport, agonistico e no, individuale e di squadra. Ha come obiettivo la valorizzazione delle risorse mentali che si mettono in atto nella pratica sportiva".

Lei è l'ideatore del "Metodo Sfera", come è nato e in che cosa consiste?

"Sfera è stato sviluppato nell'Università di Torino, presso l'unità operativa di Psicologia dello sport. Nasce da una precisa domanda: esistono fattori di prestazione comuni a tutti gli sport che possono essere misurati e quindi oggetto di allenamento? Muovendo da ciò abbiamo messo a punto un sistema di osservazione della prestazione basato su cinque fattori fondamentali, da cui l'acronimo "Sfera": sincronia, forza o punti di forza, energia, ritmo, attivazione".

Ci spieghi meglio.

"Con sincronia si intende la piena connessione tra corpo e mente: ciò che io penso viene messo in atto dal mio corpo; potremmo dire che è un sinonimo di concentrazione. Punti di forza sono di tipo fisico, tecnico e mentale, ovvero le capacità di cui il performer, il calciatore o l'individuo, è del tutto consapevole. Quando si è in gara occorre avere la capacità di identificarsi in toto con i propri punti di forza. Energia è la quantità di forza utile per svolgere al meglio un certo compito, nel calcio ad esempio la riuscita di un tiro si basa sull'equilibrio tra poca e troppa energia data alla palla. Ritmo è il fattore della qualità; ad esempio, una squadra per esprimersi al meglio deve muoversi in cui tutti i singoli abbiano il medesimo ritmo. E per gestire questo ritmo - esterno al singolo - si deve essere in grado di controllare il ritmo interno: il battito cardiaco, il ritmo respiratorio, eccetera. Con attivazione si intende il valore aggiunto, la spinta motivazionale che ognuno ha, quel fuoco dentro che permette di superare i limiti, di andare al di là di quella che può essere definita normalità. Avere una buona attivazione significa mettersi in contatto con quella motivazione intrinseca per cui si fanno le cose per il piacere di farle e non per semplice dovere".

Lei e il suo gruppo di ricerca avete messo a punto il costrutto di "antifragilità" nello sport: cosa si intende con questo termine e come mai è così importante nel calcio?

Il termine è stato proposto nel 2013 dal celebre scienziato americano Nassim Nicholas Taleb (noto al grande pubblico per la "Teoria del cigno nero"). L'antifragilità è la capacità dell'essere umano di trasformare in modo sistematico i limiti in opportunità. Questo concetto per molto tempo è stato solo un bellissimo slogan senza applicazione concreta. Tale ha avuto il grande merito di codificare questa capacità dell'essere umano che va ben oltre la cosiddetta resilienza. Mi spiego meglio: il resiliente, quando incontra un ostacolo, lo supera raggiungendo così l'obiettivo. Per l'anti-fragile, invece, il superamento dell'impedimento genera un obiettivo superiore, ovvero usa l'ostacolo come meccanismo propulsivo per la crescita: personale o, nel caso del calcio, della squadra. Io e il mio gruppo di lavoro abbiamo fatto evolvere il concetto di anti-fragilità rispetto alla proposta iniziale di Taleb; abbiamo infatti validato un protocollo - al momento unico al mondo - che oltre a misurare l'anti-fragilità propone una specifica modalità di allenamento di questa capacità".

Torino, Pechino, Vancouver, Londra, Pyongyang: lei ha partecipato direttamente a cinque olimpiadi in qualità di psicologo ufficiale del CONI: che tipo di esperienza è stata e che atmosfera si respira all'interno del Villaggio olimpico?

"È stato un grandissimo privilegio: stare in un Villaggio olimpico durante le Olimpiadi significa avere a disposizione un laboratorio straordinario dove tutti i concetti teorici trovano la loro applicazione pratica e dove si ha la possibilità di osservare e di entrare in contatto con una moltitudine di atleti diversamente non accessibile. Molti dei costrutti e dei concetti che sono stati adottati dalle squadre nazionali e dai singoli atleti derivano proprio dai laboratori olimpici".

Qual è l'importanza attribuita alla psicologia dello sport nelle varie discipline? Come cambia la gestione mentale tra uno sport individuale e uno sport di squadra?

"Di base ogni atleta - indipendentemente dal tipo di sport che pratica - deve conoscere i meccanismi mentali fondamentali per performare al meglio. Tra sport individuale e di squadra, ci sono delle differenze che riguardano il riconoscimento dei fattori di cui abbiamo parlato prima. Faccio un esempio rispetto alla sincronia: nello sport individuale, io posso riconoscere di essere in sincronia quando mi sento totalmente focalizzato su quello che sto facendo; in una squadra, quando questa comunica al suo interno nel modo migliore, tale che tutti siano ben allineati".

Pensiamo allo spogliatoio di un top club: vi sono grandi giocatori ma soprattutto grandi personalità a confronto. Come si gestisce a livello psicologico e motivazionale una tale realtà?

"Lo spogliatoio va considerato come un luogo sacro per i giocatori, un luogo protetto, a porte chiuse, in cui confrontarsi liberamente, e dove di fatto a volte si verifica uno scontro tra leadership, dovute anche alla presenza di etnie diverse. A meno che non venga chiesto un supporto esplicito, il compito dello staff di una squadra è proteggere lo spogliatoio nella sua integrità e sacralità, favorendo l'espressione della autorevolezza individuale dei giocatori di maggiore personalità e che divengono così i leader riconosciuti. Detto questo, il lavoro effettuato con noi dai singoli giocatori fuori dallo spogliatoio è del tutto comparabile a quello svolto negli altri sport dove si lavora sul riconoscimento dei cinque fattori di SFERA. Ad esempio, si lavora sul fattore più debole per renderlo più forte proponendo esercitazioni dedicate di tipo tecnico o atletico".

Affrontiamo ora il rapporto bambini-genitori: come gestire le aspettative di un genitore in rapporto a quelli che sono i reali obiettivi di crescita previsti da un progetto tecnico come quello previsto dal nostro centro di formazione?

"Si tratta di una questione molto importante: ritengo che una realtà formativa come la vostra debba avere anche i compiti di proteggere le qualità del bambino e favorire l'interazione tra genitori e ragazzi nel modo migliore. I genitori devono essere educati per interagire nel migliore dei modi con i propri figli: per aiutarli a realizzare il loro sogno è necessaria una comunicazione efficace. Siamo in un'epoca in cui - per la prima volta - vi sono tre soggetti che devono collaborare di comune accordo: genitori, figli e allenatore, là dove in passato il rapporto era allenatore/atleta e genitori/atleti. Queste tre entità devono relazionarsi con l'obiettivo di crescita armonica dei figli".

Nel nostro centro di formazione, uno dei feedback più ricorrenti che riceviamo al termine della lezioni è "mi sento più sicuro". Quanto ritiene possa essere importante un lavoro individuale per consolidare la sicurezza nei propri mezzi?

"È fondamentale. E per un motivo molto semplice: per essere allenabile un calciatore (come un qualsiasi atleta) deve avere volontà e capacità di apprendere: in loro assenza diventa non-allenabile. Ne consegue che il lavoro individuale è fondamentale: permette di potenziare l'apprendimento, aspetto questo che negli allenamenti collettivi non può essere bilanciato, tale per cui qualcuno potrà apprendere le cose in modo più consistente, qualcun altro meno. Per questo motivo ritengo importantissimo l'allenamento individuale. lo considero un acceleratore di cambiamento e di apprendimento, in grado di strutturare quella relazione di fiducia che è alla base di tutto".

Il metodo ISS si basa sul rapporto "one to one" tra istruttore e allievo. Quanto sono importanti per il primo, le capacità comunicative e l'utilizzo corretto dei feedback?

"Sono imprescindibili. L'istruttore ha un potere immenso che gli deriva dalla capacità comunicativa; immenso in positivo ma anche in negativo: può distruggere una carriera se usata nel modo scorretto. L'utilizzo del feedback di per sé è potenziante: se letto nell'ottica della prestazione presenta punti di forza sull'autoefficacia; se ben utilizzato è in grado di generare la piena fiducia dell'atleta nei confronti del suo allenatore, di aumentare la consapevolezza e soprattutto potenziare l'apprendimento. Feedback è davvero un concetto chiave e bisogna saperlo utilizzare al meglio: grazie alla ricezione dei giusti feedback il ragazzo/atleta impara a parlare a sé stesso: quindi a usare un auto-dialogo auto-potenziante in grado di farlo lavorare in piena autonomia nel suo futuro, non solo nello sport del calcio ma in qualsiasi ambito lavorativo".

 

CHI E' IL PROFESSOR GIUSEPPE VERCELLI 

Il professor Giuseppe Vercelli è psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello sport e della prestazione umana presso l'Università degli Studi di Torino. Ha insegnato presso l'Università Bocconi di Milano e presso la Facoltà di economia dell'Università di Torino. È autore di pubblicazioni scientifiche e divulgative tra le quali i saggi "Vincere con la mente", "L'intelligenza agonistica" e recentemente "Antifragili".

È responsabile dell'area psicologica di Juventus F.C e dell'area psicologica delle Federazioni FISI, FICK e FIPAV. Ha partecipato alle Olimpiadi di Torino, Pechino, Vancouver, Londra e Pycongchang come psicologo ufficiale del CONI. Dirige il Centro di psicologia dello sport e della prestazione umana "Umbro Marcaccioli" presso l'ISEF di Torino ed è responsabile dell'area psicologica del centro clinico J Medical di Juventus F.C.

Con il suo team ha sviluppato e divulgato il modello SFERA per l'ottimizzazione della prestazione e l'AFO (anti-fragile questionnaire).

Ultima modifica il Mercoledì, 28 Giugno 2023 11:13

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