COMUNICATO UFFICIALE - Le motivazioni: “la sanzione irrogata dal Giudice di primo grado risulta inadeguata e sproporzionata” in quanto “il nostro ordinamento sportivo non ammette alcuna sanzione esemplare” e “il clamore mediatico non può di certo giustificare il ricorso a sanzioni di sproporzionata entità”. Infine, da scongiurare “il rischio ragazzo abbandoni il calcio e lo sport”.
La Corte sportiva di appello territoriale si è espressa in merito alla partita tra Volpiano Pianese e Csf Carmagnola Under 14, conclusa con una rissa tra giocatori e con l’aggressione del padre di un giocatore carmagnolese al portiere avversario, che è ovviamente materia della giustizia ordinaria, che sta facendo il suo corso, e non della giustizia sportiva.
I ricorsi presi in esame sono due, quello del Csf Carmagnola, condannata all’ammenda di 150 euro per la “responsabilità oggettiva in ordine alla condotta violenta tenuta da alcuni dei propri tesserati”, che è stata confermata, e quella in merito alla squalifica del calciatore Cristian Barbero, che è stata invece drasticamente ridotta, da settembre 2026 (un anno di stop) al 31 dicembre 2025 (quattro mesi). Da chiarire subito che né il Volpiano Pianese né il portiere Thomas Sarritzu, squalificato per un anno, hanno presentato ricorso.
Dalla motivazione della sentenza, emergono molti elementi interessanti. Primo, si legge che “vale la ricostruzione operata dal direttore di gara nel referto (fonte privilegiata di prova, com’è noto, che la prova addotta dalla difesa non è riuscita a superare), per cui si ritiene che il pugno sia stato effettivo e non solo tentato” e “se è pur vero che Barbero inizia la sua condotta quando il proprio compagno di squadra viene colpito dal Sarritzu, in ogni caso egli va direttamente a colpire con un pugno alla nuca proprio Sarritzu, senza preoccuparsi troppo delle sorti del compagno di squadra steso a terra”, per cui “non si ravvisano gli elementi propri della legittima difesa o delle altre attenuanti invocate dal reclamante”.
La riduzione della pena nasce dal “trattamento sanzionatorio irrogato dal Giudice sportivo provinciale”. Le premesse sono due: “il nostro ordinamento sportivo (e più in generale l’intero ordinamento giuridico) non ammette alcuna sanzione esemplare, poiché contraria ai principi di proporzionalità e adeguatezza della sanzione” e “il clamore mediatico di talune vicende, come quella in esame, non può di certo giustificare un’eccezione a tali assunti o il ricorso a sanzioni di sproporzionata entità”. La terza considerazione è che “ogni decisione assunta (a livello territoriale o nazionale) crea un precedente che, seppur non vincolante, si dovrà prendere in considerazione per le future decisioni da adottare su casi analoghi”.
Di conseguenza, “appare evidente come la sanzione irrogata dal Giudice di primo grado risulti inadeguata e sproporzionata se posta all’interno del quadro normativo appena delineato”. Infatti “sia dal referto arbitrale sia dalle decisioni di primo grado emerge come le condotte di Sarritzu e di Barbero sono state alquanto diverse e non possono avere la stessa risposta sanzionatoria, come invece deciso dal Giudice Sportivo provinciale. La condotta di Barbero si è circoscritta ad un’unica azione violenta, al contrario di quanto emerge dal materiale istruttorio riguardo alla condotta agita da Sarritzu (…) che tirava manate e pugni sul fianco e schiena di un giocatore avversario sdraiato sul terreno”.
In conclusione “Barbero deve sicuramente essere sanzionato, anche severamente, per il suo comportamento, ma l’entità della squalifica non deve essere tale da comportare un eccessivo allontanamento dai campi, con conseguente rischio che il ragazzo abbandoni il calcio e lo sport”.