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Venerdì, 06 Marzo 2015 14:53

Enzo Grosso: "Tecnica, intelligenza, personalità e sveltezza: questo è il calcio moderno"

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INTERVISTA - Il responsabile della Scuola calcio del Venaria: "Il calciatore moderno deve essere rapido, veloce e tecnico, oltre che intelligente calcisticamente. Sono i quattro punti cardinali della Scuola calcio dell'Ajax: tecnica, intelligenza, personalità e sveltezza. Senza guardare la fisicità”. Sulla polemica su patentino e deroghe: "È giusto che io non possa allenare nei regionali, ma allenatori che vanno in panchina senza patentino, e senza neanche richiedere la deroga, ce ne sono tanti". 

Vincenzo Grosso, responsabile della Scuola calcio del Venaria, è stato al centro delle cronache per la questione del suo patentino, o meglio della mancanza di patentino Uefa B per allenare nei Giovanissimi regionali. In mancanza di deroga, Grosso ha lasciato la panchina dei Cervotti e si è concentrato - ben contento di farlo - sul suo ruolo nella Scuola calcio.

Enzo, facciamo iniziare da qui la nostra chiacchierata. Che impressione ti è rimasta da tutta questa faccenda?
“Semplicemente che è stata fatta giustizia, purtroppo per qualcuno ma non per tutti. È giusto che io non possa allenare nei regionali, ma allenatori che vanno in panchina senza patentino, e senza neanche richiedere la deroga, ce ne sono tanti, ce n'è uno addirittura in Eccellenza... Ma al di la dei casi personali, il problema è di chi gestisce queste cose, dell'Aiac. Io e Filardo siamo e rimaniamo amici, ma gli ho detto cosa penso. I regolamenti vanno rispettati da tutti, non solo da uno. Mi è stato risposto che, se vanno in panchina come dirigenti, loro non ci possono fare nulla. Morale, chi vuole stare nelle regole non può allenare, chi trova la scappatoia può. Senza chiedere la deroga e andando in distinta come dirigente, sarei l'allenatore dei Giovanissimi regionali del Venaria. Che senso ha?”

Nessuno, ma è una questione di regole: non solo c'è la scappatoia di andare in panchina come dirigente, ma l'Aiac può intervenire solo di fronte a una denuncia. E purtroppo Filardo non può farci niente. Ma mi vengono spontanee due domande "cattive". Primo, perché non denunci i casi che conosci?
“Perché il sistema non è giusto, non è giusto che un allenatori denunci dei colleghi, magari persone che stima. È una questione di coerenza, non posso avallare un sistema che non condivido. Un conto sono gli allenatori, un altro gli organi di controllo. Allenare nelle giovanili è il mestiere più difficile, devi fare lo psicologo, il papà, il prete, il direttore sportivo, prima dell'istruttore. In più, visto che siamo dilettanti, ci sono il lavoro e la famiglia. La guerra tra poveri non serve a niente, tra colleghi servirebbero solidarietà e tolleranza. Faccio un appello, basta guerra, siamo tutti “pazzi” con passione...”

Il tuo slancio sociale non ti esenterà dalla prossima domanda "cattiva". Chi ti ha denunciato? E perché?
“Non lo so, non me l'hanno detto e sinceramente non me ne frega più di tanto. Nel calcio come nella vita, ci sono tante persone con cui vado d'accordo e tante altre con cui non vado d'accordo. Io sono a posto con la mia coscienza, questo mi basta”.

Lo farai 'sto benedetto corso?
“Un giorno lo farò, se deciderò di allenare ancora nelle giovanili. Per ora sto bene così”.

Meglio la Scuola calcio?
“Ci può essere un futuro nei bambini che addestri. Nel Settore giovanile il livello è basso, c'è poca cultura sportiva e del gioco del calcio. Invece più sono piccoli più è importante, e potenzialmente fruttuoso, l'addestramento. Per questo non capisco la ripartizione dei budget nel calcio”.

Ne hai parlato con la società?
“Con Domenico (Mallardo, l'amministratore delegato del Venaria, ndr) si può parlare di tutto, ma per cambiare le idee servono tempo e lavoro, oltre che le persone giuste”.

Sei nella società giusta per avviare questo percorso?
“Penso di sì, l'importante è che non cambino le cose dall'oggi al domani, nel calcio capita spesso: se arriva un grosso sponsor, decide lui... Comunque, qui a Venaria sto bene e spero che le cose continuino così, le persone con cui sto lavorando adesso accolgono i discorsi di progettualità nel tempo. Io sono stato chiaro, per vedere dei risultati partendo dalla Scuola calcio, nei giocatori come negli allenatori, servono almeno 5 anni”. 

Hai parlato di addestramento, progettualità, tempo. Ci spieghi in due parole il tuo concetto di Scuola calcio?
“Tutti i miei istruttori hanno un programma unico, gli imput di base sono la recezione e la trasmissione ad altissima velocità. Mi spiego: il calciatore moderno deve essere rapido, veloce e tecnico, oltre che intelligente calcisticamente. Sono i quattro punti cardinali della Scuola calcio dell'Ajax: tecnica, intelligenza, personalità e sveltezza. Senza guardare la fisicità”.

Il ruolo degli istruttori è fondamentale.
“Vero, infatti a Venaria io mi sono scelto bravi istruttori, il compito principale del responsabile è attorniarsi di gente competente. Sono positivamente stupito dai miei istruttori, per esempio Simone Pellerino, Christian La Pira o Giuliano Cavicchioli, per fare qualche nome”.

Facciamo un passo indietro. Raccontaci la tua carriera di allenatore.
“Ho iniziato nel 2003 al Lucento, con i Piccoli amici '97. Ho giocato 12 anni al Lucento, ho smesso presto, a 21 anni. Dopo 9 anni lontano dal pallone, a 30 anni mi sono riavvicinato al calcio e ho iniziato ad allenare nella società che conoscevo meglio, la mia seconda pelle. Carlo Pesce, persona per cui nutro una grande stima, mi ha presentato a Guido Mattei. La mia fortuna è stata la sua scuola, lui mi ha formato come allenatore a 360 gradi. Non sono sempre d'accordo con la sua visione estrema del calcio, ma ricordo tutti i suoi insegnamenti”.

Per esempio?
“Una volta, ero agli inizi, è venuto in campo e mi ha chiesto: i bimbi ti ascoltano? Io l'ho guardato stupito, ero convinto di sì. Mi ha detto: se non riesci a fargli tenere le borse sopra le panche, se non ti ascoltano negli spogliatoi, figurati in campo... Me lo ricordo ancora. Anche a livello tecnico mi ha lasciato tanto, un vero maestro”.

La sua concezione del calcio basato sulla tecnica ti è rimasta.
“Secondo Mattei, la tecnica è l'elemento chiave del calcio. Puoi essere intelligente e veloce, ma se i ferri del mestiere non sono buoni... Io ho sposato questa sua linea. Forse lui era troppo estremo, da esteta del calcio, mentre in Italia il risultato la fa da padrone, chi pensa diversamente fa fatica”.

Andiamo avanti con la tua carriera.
“Ho fatto la trafila al Lucento, tanti anni con i Pulcini con bei giocatori, mi sono divertito molto. Poi ho fatto un'esperienza con Teo Coppola al Toro, gli ho fatto da secondo con gli Esordienti '95, quelli con cui Longo ha quasi vinto lo scudetto, Aramu era già uno spettacolo da bambino. Quindi sono tornato al Lucento, dove ho preso in corsa i Giovanissimi fascia B '94, per le ultime partite. Lì è scattata la molla, ho fatto 7 vittorie di fila e chiuso dietro il Collegno Paradiso, che poi ha vinto titolo regionale. Alla prima prima partita nei regionali, ho battuto Moreno Longo, che allenava quel Collegno Paradiso: ho avuto un po' di culo, ma potevo chiuderla lì, dopo aver battuto il migliore...”

E invece era solo l'inizio.
“L'anno dopo Mattei mi ha proposto gli Esordienti '96, da lì è partita la mia carriera da allenatore a 11. Quella squadra era una corazzata, abbiamo vinto 6 tornei e un campionato. Sono stato due anni e mezzo al Lucento con i '96, ho dato le dimissioni dopo il Tappari. Poi due anni alla J Stars con i '98, quindi nella scorsa stagione sono tornato al mio vecchio amore, ma non è andata bene. Da quest'anno sono a Venaria come responsabile della Scuola calcio”.

In quattro stagioni di giovanili, due titoli regionali. Niente male...
“Sì, ho vinto due titoli regionali, sempre nei Giovanissimi fascia B, uno con il Lucento e uno con la J Stars. Poi ho vinto due volte il Superoscar e tanti altri tornei, vincere aiuta a vincere. Ma il risultato non è mai stato il solo obiettivo, ho sempre cercato di vincere giocando a pallone”.

Da quest'anno hai anche una scuola di perfezionamento individuale.
“Si chiama Soccer club, siamo 4 soci: io, Raffaele Balluardo, Christian Zullo e Michele Gentile. Facciamo tecnica individuale, abbiamo una ventina di ragazzi, non male per il primo anno. Poi organizziamo stage... posso farmi un po' di pubblicità?”

Prego.
“Quest'estate abbiamo organizzato uno stage a Santa Susanna, in costa Brava, vicino a Barcellona. Al mattino tecnica calcistica, per un giorno avremo un istruttore del Barcellona, al pomeriggio animazioni, giochi e divertimento, in piscina o al mare. È un'idea carina e innovativa, aperta anche alle famiglie”.

Per concludere, giochiamo un po' con i nomi. Partiamo dal giocatore più forte che hai allenato.
“Difficile... Faccio due nomi. Al Lucento Simone Zullo, alla J Stars il portiere Diego Faccioli, che adesso è negli Allievi nazionali del Genoa. Anche altri tre giocatori sono nei professionisti: Menabò, De Bonis e Vernero, che io ho allenato solo per un anno”.

Tra i tuoi colleghi responsabili della Scuola calcio, il migliore.
“Non so se è il migliore, ma sicuramente Sanseverino sta facendo bene al Lascaris, questo è poco ma sicuro. È giovane, in gamba, preparato, sta facendo il suo percorso nel modo giusto”.

Uno che proprio non ti piace?
“Direi dei nomi ma solo perché mi stanno antipatici e non è giusto, l'aspetto empatico va diviso da quello calcistico”.

Parliamo solo in positivo, allora. I migliori direttori sportivi.
“Mattei non ha rivali a livello tecnico. Tra quelli attualmente operativi, Raffaele Balluardo ha qualità importanti, calcistiche e umane, ti fa star bene in società. Mi è piaciuto anche lavorare con Renato Carrain, ma solo a livello tecnico, umanamente... diciamo che mi ha dato poco”.

I migliori allenatori.
“Tra quelli che ho incrociato nei dilettanti, sicuramente Moreno Longo, Vincenzo Manzo e Corrado Buonagrazia”.

Che però adesso fanno altro. Tra quelli attualmente nei dilettanti?
“Andrea Mercuri è il numero uno, anche come persona è un signore”.

Ultima modifica il Venerdì, 06 Marzo 2015 14:16

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