Sabato, 23 Novembre 2024
Martedì, 30 Dicembre 2014 10:57

Franco Moretti: "Correvo per Antognoni, oggi insegno il calcio e la vita"."

Scritto da

INTERVISTA - Allenatore e preparatore atletico al Colline Alfieri Don Bosco: "La vita è più dura del calcio, dobbiamo formare degli uomini prima che dei calciatori. Per questo, d'ora in poi, giocherà solo chi si allena".

Che personaggio, Franco Moretti. Compagno di squadra di Giancarlo Antognoni fino alle Berretti nell'Asti Ma.Co.Bi., “poi lo ha preso Liedholm alla Fiorentina: classe cristallina in campo e purezza cristallina come uomo, un vero esempio. Io ero il portaborracce che correva come un disgraziato, per tenermi il posto dovevo correre piu degli altri”. Una carriera in giro per la serie C, tra Cagliari, Mantova, Alessandria, Pescara, Savoia, Savona, Mirandola, Sanremo, per poi tornare nella sua Asti e tenere scarpette chiodate ai piedi fino a 54 anni. Una passione infinita per il calcio che si è concretizzata, nel frattempo, nella carriera da allenatore e da preparatore atletico: Asti, Nuova Colligiana, San Damiano, Savigliano, spesso insieme ad altri due ex del grande calcio, Fuser (“un amico, ci sentiamo spesso”) e Lentini.

Adesso Colline Alfieri Don Bosco, una società che ha cambiato proprietà, ma è ormai stabilmente ai vertici del calcio astigiano.
“Da quest'anno la società è in mano ai fratelli De Maria, imprenditori di zona, il figlio Davide, ex calciatore, fa il direttore sportivo. Hanno preso il posto del vecchio presidente, Vercelli, che è stato per tanti anni il presidente del Colline Alfieri, prima della fusione (con il Don Bosco Asti, anno 2010, ndr)”.

Come va la nuova gestione?
“Come in tutta la provincia, il problema principale sono le strutture, gli impianti, perché qui ad Asti una volta c'erano tre società, adesso sono tantissime, e i campi sono sempre quelli. Dovevamo avere un sintetico in più, ma non è stato possibile, ci siamo adattati con spirito di sacrificio e determinazione. Abbiamo tante categorie, la società è riuscita a programmare nel modo giusto l'attività di tutti”.

Che impianti sportivi utilizzate?
“La Prima squadra gioca al Comunale, in alternanza con l'Asti. A Celle Enomondo c'è il nostro campo centrale, ma è un po' fuori mano. Poi utilizziamo il San Fedele, il Fregoli, il campo di Praia... Ci siamo rimboccati le maniche, avere la giusta struttura è indispensabile per allenarsi, non esistono partite senza la giusta preparazione, tecnica, tattica, ma soprattutto organica e fisiologica”.

Ecco che viene fuori la tua impostazione da preparatore atletico, ruolo che hai sempre svolto anche qui al Colline Alfieri Don Bosco.
“Io sono qui da tre anni, nei primi due ho fatto il preparatore atletico in Eccellenza e l'allenatore degli Allievi. Quest'anno ho due panchine, Allievi e Juniores regionale. Alla ripresa degli allenamenti, probabilmente riprenderò anche come preparatore atletico della Prima squadra, vedremo in questi giorni. Salvare l'Eccellenza è una priorità. Ma non bisogna mai tralasciare il Settore giovanile: impostato nella giusta maniera, è un modo per efficentare i costi e rapporti con città, attraverso i giovani si coinvolge la gente e il territorio”.

Quindi, anche in controtendenza rispetto alle teorie oggi dominanti, prima di tutto la preparazione fisica?
“Io lavoro in palestra da 22 anni, prima viene la preparazione atletica, poi il pallone, ma non si possono disgiungere due cose. Ogni sport ha il suo modello fisiologico, bisogna adattare il lavoro agli atti motori del calcio: resistenza di un'ora e mezza, rapidità e accelerazione per arrivare prima sulla palla, forza per compiere il movimento biomeccanico...”

Un approccio molto professionale.
“Certo, devi studiare molto. Io ho giocato fino a 54 anni in Terza categoria, e ho iniziato ad allenare 13 anni fa, già tardi. Mi hanno tirato dentro degli amici, ma una cosa è fare, una cosa è insegnare agli altri a fare. Ho passato le estati sui libri e sui dvd, ho speso migliaia di euro...”

I ragazzi seguono questo approccio?
“Devono farlo per forza. Se credi nel lavoro che proponi, loro se ne accorgono e ti seguono. Anche se lavorare con i giovani è sempre più difficile...”

In che senso?
“Negli ultimi 10-12 anni è cambiato tutto. Oggi da un lato c'è un isolamento totale dei ragazzi, è difficile fare gruppo. Dall'altro ci sono troppe distrazioni, tra discoteche e ragazzine... se non ami davvero il calcio, finisci per seguire altri stimoli. Io cerco di insegnare ai ragazzi anche regole di vita: all'interno di una squadra si sa chi siamo e per che obiettivo lottiamo, in modo onesto e leale. Nella vita no, quando esci per strada le fregature sono dietro l'angolo, realizzare i sogni è molto più complicato. La vita è molto più dura del campo da calcio, senza essere uomo non puoi essere calciatore. Conosco la sofferenza e i valori calcio, l'intensità la puoi trasmettere anche urlando, ma la concentrazione ce la devono avere loro, solo con la concentrazione e la voglia di soffrire puoi realizzare un sogno. Per tutto questo, ho deciso di adottare regole ferree”.

Per esempio?
“Manderò presto un comunicato ufficiale a tutti i ragazzi. Chi fa allenamento gioca, chi non viene non gioca, senza eccezioni, piuttosto metto un attaccante a fare il terzino. Magari tra tre mesi saremo ultimi, ma almeno rimarrà solo chi vuole andare avanti nel calcio. Dipende dal senso che vuoi dare al tuo lavoro: la priorità, dal punto di vista sportivo, è creare giocatori per la Prima squadra. Tre ragazzi che erano con me in Juniores l'anno scorso ci sono arrivati, questa è una soddisfazione”.

Un tuo sogno realizzato?
“Non aver mai mancato nemmeno un allenamento. Adesso, da allenatore, io vado in campo per imparare insegnando. Mai accontentarsi, sempre voglia di fare qualcosa di nuovo”.

Un approccio alla vita, più che un sogno. Andiamo più in piccolo, allora. Che obiettivi con le tue squadre, Juniores regionale e Allievi provinciali?
“Riuscire a sviluppare un gioco nel quale i miei insegnamenti vengono messi sul campo. Vincere voglio vincere, ma tramite il gioco. Non importa se nei regionali o nei provinciali, l'obiettivo è far crescere il gruppo, creare dei giocatori e dare una mano ai ragazzi nella loro vita quotidiana".

Letto 9179 volte Ultima modifica il Lunedì, 29 Dicembre 2014 18:22

Registrati o fai l'accesso e commenta