INTERVISTA - Il preparatore dei portieri (che da giocatore aveva indossato l’azzurro nelle giovanili) entra nello staff dell’Under 18: “Quando senti l’inno sono brividi… da giocatore come da allenatore”. Il ruolo cambia velocemente: “Oltre alla tecnica di base, servono piedi, tattica e personalità: il portiere moderno è integrato alla squadra”.
“Vestire la maglia della nazionale è un privilegio che tocca a pochi, un onore e una responsabilità. Da preparatore dei portieri, sto avendo quella fortuna che non sono riuscito ad avere da calciatore”. Parole e musica di Fabrizio Capodici, che festeggia l’ingresso nello staff delle nazionali giovanili.
Fabrizio, raccontaci com’è nata questa tua nuova avventura.
“Ho rescisso con la Federazione Cinese, dove io e la mia famiglia non volevamo più tornare, ed è arrivata questa splendida occasione con la nazionale italiana. Mi ha chiamato Nicola Pavarini, che è il responsabile dell’area portieri delle nazionali giovanili: abbiamo lavorato insieme alla Juve, anche lì era il responsabile di area. Mi ha visto lavorare sul campo, con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, fatto di confronto e condivisione. Quando si è liberato uno spazio, perché Chimenti ha seguito Di Biagio alla Spal, hanno scelto me e, dopo diversi colloqui, è iniziata quella collaborazione. Sono davvero felice di questa opportunità, è un privilegio”.
Quanti siete nello staff dei portieri?
“Oltre a Pavarini, siamo in cinque ad allenare i portieri delle giovanili: Fabrizio Ferron, Gianmatteo Mareggini, Graziano Vinti, Davide Quironi: cinque posti in tutta Italia, non male…”
Di cosa ti occupi nello specifico?
“Sono nello staff dell’Under 18, con Bernardo Corradi. Ogni settimana facciamo riunioni di staff dell’area portieri, per ora. Poi quando riprenderà l’attività, nei week end andremo a vedere partite in giro per l’Italia, su indicazione di Pavarini, principalmente della nostra categoria ma siamo a disposizione anche per le altre. E non vedo l’ora di partecipare a raduni, partite, tornei internazionali… l’anno prossimo ci saranno le qualificazioni europee per l’Under 18, sono già carico”.
Tu da giocatore eri andato in Nazionale?
“Ho fatto tutte le Under, sono stato anche chiamato in Under 21 di serie B, quando ero a Piacenza. Chissà come sarebbe andata senza quegli infortuni…”
Per un ragazzo andare in Nazionale è il massimo.
“Emozioni forti, indescrivibili, indossi la maglia dell’Italia, devi difendere l’onore della tua nazione, quando senti l’inno sono brividi… da giocatore come da allenatore”.
Però il ruolo del portiere è cambiato tantissimo, negli ultimi anni.
“Il ruolo si sta evolvendo velocemente. Il portiere moderno deve essere in grado di usare in modo naturale i due piedi, su media e lunga distanza, e di rilanciare la palla con entrambi gli arti, nel modo più naturale possibile. Deve saper giocare di reparto, tenere le distanze giuste dalla linea difensiva, deve imparare a leggere le situazioni sia con possesso palla che con palla agli avversari, insomma il portiere moderno è integrato alla squadra, è un ruolo molto più complesso. Servono forte personalità e leadership, bisogna saper comunicare con i toni e i tempi giusti, per esempio non posso dire “uomo” o “solo” con lo stesso tono di voce”.
A te bastava parare…
“Quando riguardo i miei video, devo dire che ero moderno in modo naturale, i piedi li usavo bene e parlavo tanto, anche troppo. Comunque la tecnica del portiere rimane la base, bisogna conoscerla e farla diventare automatica. Il calcio moderno è molto più veloce, i palloni sono più leggeri, il portiere deve rispondere agli stimoli in modo immediato, deve essere veloce in tutto quello che fa. Cambia il ruolo del portiere nella squadra, più andiamo avanti e più ne sarà parte integrante, non più un "uomo solo" com’era considerato una volta”.