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Giovedì, 08 Dicembre 2016 19:53

Vincenzo Friso: "Un istruttore, un allievo: devi dimostrare il gesto, ma soprattutto correggerlo nel modo giusto"

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SPONSORIZZATA / INTERVISTA - La terza anima dell’Individual Soccer School è Vincenzo Friso: dopo Giordano Piras e Denis Sanseverino, microfono al centrocampista che ancora dà spettacolo in Eccellenza

Vincenzo Friso, 37 anni, è l’unico dei tre soci che ancora calza le scarpe chiodate: “Il calcio è la mia passione, ma dall’anno prossimo basta calcio giocato, mi dedicherà a tempo pieno all’Individual Soccer School.

Vincenzo, partiamo dall’inizio, raccontai la tua esperienza nel mondo del calcio.
“Ho fatto tutta la trafila al Torino, fino alla Primavera e alla serie B con Camolese, dove purtroppo non ho mai esordito, anche se ho fatto tante trasferte e tante panchine. Al torneo di Viareggio mi ha comprato l’Inter, che mi ha fatto tre anni di contratto. Era la stagione ‘99/2000, ho fatto la preparazione estiva con la Prima squadra, l’allenatore era Gigi Simoni e c’erano Ronaldo, Vieri, Seedorf, Toldo, Materazzi, Zanetti, Simeone… Dei mostri rispetto a me, io non ero pronto per fare la serie A. Il Fenomeno non si allenava mai, ma era di un altro mondo, giocava un altro sport, che spettacolo. Da lì ho iniziato la mia carriera in giro per l’Itala, poca serie B e tanta serie C: Como, Lecco, Torres, Savona, Casale, Cosenza, Cuneo, Trento, e ne dimentico qualcuna… Da professionista ho fatto quasi 200 presenze e 6 o 7 gol, non sono un bomber”.

Ruolo?

“Centrocampista centrale, con attitudini a fare anche difensore centrale, alla De Rossi per capirci”.

Giochi ancora in Eccellenza, a Cavour.
“Sì, ma non posso muovermi dal cerchio di centrocampo, se esco mi fischiano fallo (risata, ndr). A parte gli scherzi, mi diverto e fisicamente sto benino, potrei giocare ancora. Ma smetterò a fine stagione, perché ho tante altre cose da fare: la famiglia, il bimbo piccolo, e il lavoro. Il calcio è la mia vita, ma stanno subentrato altre priorità”.

Tra cui l’Individual Soccer School.
“È quello il mio lavoro. Vi dedico meno tempo di quanto vorrei, sto togliendo del tempo e delle soddisfazioni alla scuola, che da maggio diventerà il mio unico obiettivo nel mondo del calcio”.

Come ci sei arrivato?
“Denis Sanseverino è un amico di famiglia. Tramite mio padre, un giorno gli ha detto “portami Enzo che gli faccio vedere la scuola che abbiamo appena messo in piedi”. Era il febbraio 2011, ho iniziato come istruttore, prima a Rivoli, poi a Pianezza. Già sapevo che Denis era uno dei più bravi nel suo ambito, ma sono entrato in un mondo davvero professionale, dove ho conosciuto anche Giordano. C’erano tanti bambini e mancavano le risorse, io ho iniziato come tanti altri istruttori e probabilmente ci ho messo del mio, visto che da qualche chiamata sono passato ad essere impiegato in pianta stabile. Ormai sono entrato in una vera e propria famiglia, così considero l’Individual Soccer School, che adesso è una cosa anche mia. Ne sono molto orgoglioso”.

Com’è il passaggio da calciatore ad allenatore?
“Per me è stato facile, perché in tutte le squadre in cui ho giocato mi consideravano una specie di allenatore in campo, adesso ancora di più visto che vado più piano… Insomma non è stato difficilissimo. Ma quello che facciamo noi è tutto un altro mondo, rispetto al classico ruolo di allenatore, anche se facciamo calcio. L’allenamento individuale, personale, uno istruttore per un allievo, è totalmente diverso. Aver fatto calcio per tanti anni, aver frequentato l’ambiente e conosciuto tanti allenatori, aiuta, ma non ti permette automaticamente di fare l’allenatore di una scuola individuale. Servono tante altri componenti, l’aspetto comportamentale e relazionale in primis”.

Mai allenato una squadra?
“Anche se ho avuto parecchie richieste, non ho mai avuto la fortuna - o sfortuna - di allenare un gruppo. Non so se mi piacerebbe, sentendo i racconti degli altri ci sono più problemi e grattacapi che soddisfazioni. Ma per adesso non ci penso. Mi piace dedicarmi al bambino e alla sua crescita tecnica”.

Quindi il tuo lavoro con l’Iss è sul campo.
“Dal lunedì al sabato sono in sede a Pianezza a parte il mercoledì che vado a Monza. Ho fatto anch’io le mie trasferte, ma ho promesso a Giordano che dall’anno prossimo mi dedicherò anch’io ad andare in giro, come fa lui. Ce n’è bisogno per far crescere ancora la nostra scuola”.

Scendiamo nello specifico allora. Domani porto mio figlio ad allenarsi da voi. Cosa succede?
“Il primo allenamento è una prova, per me come per il bambino. Mi presento, spiego cosa faremo e faccio capire che al ragazzo qui può allenarsi con il sorriso, può sbagliare tutte le volte che vuole, io sono qui apposta per correggerlo. Mi metto nei panni del bambino, in un ambiente nuovo e con una persona mai vista prima, e cerco di metterlo a suo agio. A livello tecnico, facciamo una prova, uno screening, andiamo a toccare tutti gli aspetti per iniziare a capire il livello e le priorità. Alla fine lo ringrazio perché si è messo a disposizione, ci siamo aiutati a vicenda. La prima domanda che gli faccio è “ ti sei divertito?” Se la risposta è positiva, come fortunatamente succede quasi sempre, possiamo parlare di tutto il resto. Se vedo dalla faccia che non è andata, vuol dire che ho sbagliato io”.

Per concludere, Enzo, il metodo Iss in due parole.
“Adesso stiamo facendo un corso per nuovi istruttori proprio per spiegarlo… Primo concetto fondamentale, noi facciamo calcio. Attraverso un metodo individuale, un istruttore per un bambino, ma facciamo calcio. Lavoriamo per ripetizione del gesto. Ripeti il gesto finché non lo fai tuo nel modo corretto. Come istruttore devi dimostrarlo certo, ma soprattutto correggerlo. Questa è la filosofia di base, che poi si applica a tutti gli aspetti: coordinativo e motorio, poi tecnico e anche tattico. Chi viene da noi vuole il meglio, e noi siamo lì per daglielo”.

Letto 9038 volte Ultima modifica il Sabato, 10 Dicembre 2016 09:57

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