Torino, 22/04/2017
Rieccomi con voi. Sono stato assente per qualche settimana, avevo bisogno di “disintossicarmi” da un ambiente, quello del calcio, diventato oramai invivibile. Cosa è successo nel frattempo?
Direi come al solito. Niente di particolare: giocatori picchiati dai tifosi e finiti in ospedale, arbitri che vengono picchiati e arbitri che picchiano, papà guardalinee che entrano in campo e picchiano tutti, risse nelle gradinate, genitori che scavalcano le reti e entrano in campo e si picchiano con gli allenatori, bambini spaventati che fuggono dal campo perché i papà si picchiano, mamme amazzoni che prendono a randellate le altre mamme, bambini che piangono e dulcis in fundo, e questa ci mancava, allenatori e arbitri che abusano sessualmente dei ragazzini promettendo mare e monti. Insomma, non ci facciamo mancare proprio nulla! E’ questo sarebbe “l’ambiente sano”, lo sport più bello che, tutte le società e scuole calcio sbandierano all’urbi et orbi, basta che paghino le rette e facciano fatturato? Poi se “l’ambiente sano” non c’è, beh pazienza intanto hanno incassato.
Poi ci si mettono anche alcuni media. Ora dopo l’ennesimo arresto per pedofilia e le conseguenti indagini da parte della magistratura, sono partiti già i sociologi nei media sportivi, le tavole rotonde, quadrate, i perché e i per come, noi non c’entriamo ecc. Poi tutto ritornerà nel silenzio, i genitori continueranno a picchiarsi, gli arbitri inseguiti dopo la partita, bambini che piangono, fino al prossimo arresto, fino al prossimo scandalo. E’ tutto la “giostra” ricomincerà a parlare, a condannare episodi come questi e cercherà invano una spiegazione che, come al solito non arriverà mai.
Dico: Ma i bambini chi li tutela? Chi protegge i bambini da questo stillicidio, da questi “buoni” esempi? Forse i Genitori che poco prima avevano picchiato l’altro papà per un rigore non dato? O magari il sociologo di turno che, pur di apparire, scrive le solite cose ovvie su quei giornali sportivi, che pur di vendere qualche copia in più, sbattono il mostro in prima pagina? E’ il mondo del calcio, la federazione di Torino, i vertici di questo ex nobile sport, cosa dicono? Cosa fanno per arginare, per fermare una deriva violenta e di sfogo domenicale nei campetti di periferia? Poco e niente. Si limitano a condannare i fatti, a organizzare una convegno, con i soliti noti, a cercare di sminuire sempre e dire che il “calcio è sano”. Si, forse il calcio del formaggio, non certo lo sport del calcio. Soluzioni? Io dico: fermiamo questa baraonda per un attimo, stoppiamo tutto, chiudiamo per un attimo, ritorniamo a far giocare per un po i nostri figli, al calcio, nei cortili, nel parco, nelle strade, come fanno nel comune di “Comelico Superiore”, come si faceva quando io ero un ragazzino. Basta con questi mega tornei infiniti che servono solo a far impazzire genitori e ragazzi, a spostarsi da una parte all’altra della provincia, giocando fino a tre partite in un giorno, esasperando animi e corpi di giocatori in erba e soprattutto genitori che sperano sempre che il proprio ragazzo faccia la prodezza del giorno. E se non la fa poco male, ci si picchia con l’altro genitore per un fallo sul proprio figlio. Fermiamo tutto, non si muore certo se per qualche mese le scuole calcio vengano chiuse come segno di protesta e pulizia verso tutta questa violenza.
Mi ha detto un mio amico dirigente di una scuola calcio: “Lo so è un sacrificio giocare due o tre partite alla domenica. Ma lo facciamo per i ragazzi che devono giocare più spesso”. E chi lo ha detto che deve essere così? Dove sta scritto? Per caso nelle tavole della “legge” dell’ipocrisia? Ma siete sicuri che i bambini vogliono questo, giocare due o tre partite a settimana? Che arrivarono talmente stanchi che il Lunedì a scuola dormono sui banchi? E magari poi vengono criticati perché non riescono a giocare le due o tre partite consecutive sempre ad alto livello. Non è che in realtà ci sono altri motivazioni “poco recondite” che se ne infischiano dei ragazzini e del divertimento? Mi divertivo a giocare sulla strada: la porta fatta da pietre e un campo da gioco sterminato dove, assieme ai miei compagni ci divertivamo e non avevamo spettatori o tifosi accaniti. Eravamo solo noi e basta. Al massimo, mio padre veniva a chiamarmi perché era ora di cena. Non sopporto più andare nei campi a vedere partite, di campionato o tornei, dove si urla di tutto, dove si deve fare attenzione perché c’è il rischio di “non tornare più a casa”, perché aggrediti da qualche cretino di turno, dove ci sono troppi “Maradona” o “Messi”, dove sembra di entrare in una arena di leoni, pronti a sbranarti se dici qualcosa diversa da loro. Non mi piace più, non mi diverte più, non è un mondo che fa per me.
Allora, un mio amico mi ha detto: “beh, se non ti piace che ti importa. Lascia che vadano i genitori convinti di avere il campione”. Vero. Ma siccome io sto dalla parte dei ragazzi che giocano al pallone, mi piacerebbe che il loro mondo fosse pulito, lindo e impuro da inquinamenti che, nulla hanno a che vedere con lo sport che praticano. Purtroppo non sono un sociologo, un tuttologo, un esperto di calcio, un allenatore, un dirigente, un arbitro. Insomma sono una persona normale che, vorrebbe vedere nei bambini e nei ragazzi, quella gioia, quella felicità di giocare al “pallone”, la stessa che avevo io quando ero ragazzino. Libera, genuina, con le scarpe magari rotte e un pallone che si sgonfiava dopo dieci minuti di calci, giocando nei cortili o su una strada in salita, gioendo e soffrendo se vincevamo o perdevamo. Ma poi tutti insieme vincitori e vinti, stavamo insieme a divertirci sempre. Oggi il pallone è sgonfio, non perché ha preso troppi calci, ma perché non riesce più a rotolare in un mondo sempre più piatto e sempre più violento. Oggi è “un pallone” da buttare e purtroppo, di palloni “gonfi” non c’è ne sono più!