Con Antonio Caprì ci eravamo lasciati a fine maggio del 2015, quando col suo Cenisia retrocesse nonostante una rimonta culminata con l’accesso ai play out. In queste settimane sta facendo parlare di sé per lo straordinario rendimento delle sue violette, al momento seconde nel girone D di Promozione ad un punto da Cbs e Lucento. Ma quello che più impressiona è l’utilizzo sistematico di ragazzi giovani e provenienti dal Settore giovanile dello stesso Cenisia. Un’idea sulla carta per molte società, una realtà per la Viola di via Revello. Su una rosa di 25 elementi, Antonio Caprì ha a propria disposizione 15 / 16 giovani della leva ’96, ’97 e ’99. I ’97 Caracausi, Agnino, Rossi e Magone, allenati da lui nel biennio Giovanissimi, sono ormai alla terza stagione in Prima squadra e vanno quasi considerati dei veterani. Quest’anno si sono aggiunti alcuni dei classe ’99,i suoi ’99, protagonisti con Caprì della prima storica qualificazione alle fasi finali regionali nella stagione 2013/2014: sono Cavarero, Ben Mannai, Naimo, Plazzotta, Popa ed Enricci Baion.
Allora mister, un anno e mezzo fa dopo la retrocessione, avevi detto che per costruire ci voleva tempo. E adesso i risultati stanno arrivando grazie alla linea giovane della società. Come è nata l’idea di far salire già quest’anno i ’99?
“E’ stata una scommessa fatta col presidente, cioè anticipare di un anno i fuoriquota, facendo salire in Prima squadra alcuni ’99 che quindi giocano sotto età. Quando tre anni fa sono arrivato in Prima squadra abbiamo introdotto la linea giovane, rifondando il gruppo sui ’97 e ’96 del Settore giovanile, quest’anno abbiamo colto la palla al balzo facendo salire anche i ’99 così la prossima stagione saranno più pronti e non avremo il problema dei fuoriquota usando lo stesso blocco di squadra”.
E così ti sei ritrovato con molti dei “tuoi” ’99. Come si stanno ambientando, li hai ritrovati diversi?
“I ’99 stanno trovando tutti spazio, chi più chi meno. Popa ha parato un rigore decisivo al ’94, Naimo ha segnato in coppa contro il Lucento. Ben Mannai aveva addirittura esordito l’anno scorso, tre presenze e un gol. Stanno andando tutti bene, li ho ritrovati maturati. Nella categoria Allievi si forma il carattere e qualcuno l’ho trovato anche cambiato. Christian Secci con questo gruppo ha fatto un ottimo lavoro, hanno sempre disputato campionati importanti e quindi sono abituati a giocare gare di un certo spessore. Il ’99 era un gruppo particolare, con loro dovevi ridere e scherzare ma senza esagerare perché altrimenti ti mangiavano in testa. Ci eravamo lasciati con una grossa delusione, usciti per un regolamento assurdo (fuori dalle semifinali Giovanissimi per un minor numero di gol fatti rispetto al Chieri), spero sia cambiato”.
No mister, il regolamento non è cambiato…
“Ah ecco…”
Oltre ai ’99 però ci sono tanti giocatori nella rosa della Prima squadra, sia giovani che meno giovani, ma tutti con un filo rosso che li accomuna: sono prodotti del Settore giovanile del Cenisia
“Un società come il Cenisia deve fare così, portare in Prima squadra i ragazzi del proprio Settore giovanile investendo quindi molto sui giovani. La mia squadra è costruita tutta in casa, a parte i fuoriquota, i grandi “vecchi” del ’90 e ’92 sono tutti cresciuti al Cenisia. Per noi il Settore giovanile è una manna dal cielo. Tre anni fa c’erano tanti giocatori esterni, quando sono arrivato io siamo retrocessi ai play out ma abbiamo gettato le basi per far bene l’anno dopo, speriamo di continuare”.
Costruire giocatori in casa. Molti lo dicono ma in pochi poi lo mettono in pratica.
“Noi quello che diciamo lo facciamo. L’obiettivo di preparare i giovani per la Prima squadra è un obiettivo che in molti hanno solo a parole, quando ti capita di vedere alcune partite di Settore giovanile capisci che nei fatti non è proprio così. Da addetto ai lavori si capisce che vogliono vincere partite e campionati, non crescere giocatori”.
La tua rosa è sì composta da ragazzi giovani, ma per ottenere risultati immagino serva il giusto mix tra gioventù ed esperienza.
“La nostra grande fortuna è integrare i nostri giovani con un blocco di 10 / 12 di cosiddetti vecchi che li hanno aiutati molto (anche cazziandoli) ad inserirsi in un mondo difficile. Il loro lavoro di integrazione è fondamentale, i giovani sono molto esuberanti e devono conoscere quali sono le regole dello spogliatoio, regole che sono diverse rispetto agli Allievi. Grande merito ai “vecchi”, senza di loro non riusciremmo ad ottenere questi risultati, anche contro il Lucento hanno dato una grossa mano”.
Ogni estate assistiamo a sparizioni di società dilettantistiche, anche gloriose, in gravi difficoltà economiche. A questo punto mi viene da chiederti perché nel mondo dei Dilettanti non possa prendere piede questa vostra politica.
“Finché ad un ragazzo che gioca nei Dilettanti viene dato un rimborso spese di 50 o 100 euro è un conto. Quando invece senti cifre di 1000 o 1500 euro diventa eccessivo. Al Cenisia portiamo avanti da anni la politica dei giovani, o così o così. Devi trovare allenatori e giocatori che siano disposti a scendere in campo per la maglia, i miei ragazzi giocano per il gusto di giocare, con il cuore. E questo è molto bello, ma una condizione necessaria per un allenatore in questi casi è creare un grande gruppo. Noi siamo un’eccezione, siamo un’isola felice.
E’ vero, ogni anno si vedono sparire società gloriose per difficoltà economiche. Però vedrai che adesso che ha riaperto il mercato quanti soldi usciranno. Il calcio è questo, e anche nei Dilettanti, nel loro piccolo, i soldi fanno la differenza”.
Concludo con una domanda che esula dal mondo Cenisia. In questa prima fase provinciale ci sono stati diversi esoneri/dimissioni in squadre di Settore giovanile, tutte o quasi per lo stesso motivo: i problemi di spogliatoio. Qual è la tua opinione su questo?
“Discorso complicato, forse le aspettative troppo alte portano a creare spaccature all’interno dello spogliatoio appena le cose non vanno bene. Mandare via l’allenatore per una società è la soluzione più semplice rispetto a mandare via 6 o 7 giocatori. Dispiace per loro che dovranno stare fermi tutta la stagione, altra regola assurda che non capisco. Perché i giocatori possono cambiare squadra e gli allenatori no? Resto dell’idea che un allenatore non debba allenare più di due anni la stessa squadra, o comunque gli stessi giocatori. Un calciatore, per farsi un quadro completo del calcio, deve aver conosciuto almeno 2 o 3 allenatori nel suo percorso di Settore giovanile”.