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Sabato, 21 Novembre 2015 15:46

Piccoli calciatori e problemi creati dai loro genitori

Scritto da Salvino Cavallaro

DAL SITO WWW.TUTTONOTIZIE.NET - Salvino Cavallaro analizza l'annoso problema del comportamento dei genitori durante le partite e le pressioni di questi verso i propri figli che scendono in campo

Di seguito, l'articolo pubblicato martedì 17 novembre sul sito internet www.tuttonotizie.net. La firma è quella di Salvino Cavallaro.

Quanta ipocrisia da parte dei genitori di bambini che giocano a calcio. Sono tanti anni ormai che seguiamo le partite, anche quelle del calcio dilettantistico rivolto ai più piccoli calciatori. E sempre, diciamo davvero sempre, da parte dei genitori abbiamo sentito dire: “Lo sport fa bene. Ed è importante che i nostri figli lo pratichino divertendosi. In fondo è un gioco che loro amano fare e noi lo assecondiamo con piacere”. Ma dietro la facciata di queste belle frasi, c’è tanta ipocrisia dettata da un subdolo e non tanto recondito pensiero che il proprio figlio è il più bravo di tutti, che diventerà un campione e che debba vincere sempre e comunque contro tutti e tutto. Ma se questi pensieri si limitassero soltanto alla legittima speranza da parte di ogni mamma e di ogni papà, di vedere il proprio figlio intraprendere la strada del successo nella vita, allora potremmo dire che si tratta di normalità. Ma se, come spesso succede all’atto pratico, il proprio figlio non vince, gioca poco per diversi motivi, se perde le partite (magari anche in continuazione), ecco che scatta la maleducazione, l’ira, l’inveire contro l’arbitro e i genitori della squadra avversaria. Pretesti assurdi e diseducativi da parte di genitori che non solo rovinano il proprio figlio, il quale nell’età evolutiva avrebbe bisogno di essere supportato nello sport che ama praticare, ma si rendono pericolosi agli occhi di un contesto sociale che davvero avrebbe bisogno di altri e ben più eclatanti esempi comportamentali. E’ l’eterno problema egoistico di papà e mamma, che vedono nel proprio figlio ciò che avrebbero voluto essere stati loro, e non sono stati.

Tematiche di tipo sociale ed educativo, che si affacciano ad un calcio giovanile dilettantistico che non ha interessi economici, che non ti dà alcun guadagno o introiti di sorta, ma che si prefigge di costruire gli uomini, e chissà, magari i campioni di domani. Ma, per fare questo, ci vuole la partecipazione e la collaborazione dei genitori, c’è bisogno della loro esperienza di vita, della loro educazione, del loro rispetto verso l’avversario che vince ed a cui è giusto attribuirgli i meriti. Certo, perdere è una parola che fa male e non piace a nessuno, tuttavia, è anche attraverso la cultura della sconfitta che si costruisce il carattere del bambino calciatore che, per ovvie ragioni, vorrà rifarsi alla prossima partita. E, nonostante i buoni propositi che abbiamo ascoltato da parte di molti genitori, in tanti anni non abbiamo mai assistito a esempi educativi derivanti da un comportamento consono all’ambiente. Abbiamo visto genitori offendersi vicendevolmente, picchiarsi, arrampicarsi sulla rete di recinzione dei campi di calcio e bestemmiare, inveire contro l’arbitro, i bambini avversari. Insomma, comportamenti inqualificabili che, nonostante ormai non ci sorprendano più di tanto, tutte le volte non possiamo fare a meno di restare senza parole.

Il bambino che corre dietro un pallone, che è in campo e che deve badare ai suggerimenti del proprio istruttore, resta sicuramente confuso e impaurito nel vedere certi atteggiamenti di papà e mamma e, a sua volta, quando prenderà coscienza, non farà altro che imitarne la stessa violenza in campo. No,così non va proprio bene. Se è vero che nostro figlio ha scelto quello sport che ama profondamente perché gli piace, ogni genitore ha il dovere di assecondarlo e accompagnarlo in un mondo che deve essere ricostruito dal basso, proprio dai più piccoli calciatori. La mentalità vincente è importante, ma perdere con dignità non è un’offesa a lesa maestà. Più semplicemente è un gesto di ammissione della superiorità dell’avversario. Per questo ci piacerebbe che in tanti campi di calcio di periferia, si moltiplicassero i gesti eclatanti di buona educazione, di rispetto e di aiuto a rialzarsi verso l’avversario cui è stato fatto un fallo di gioco. Nel calcio, come nella vita, si vince e si perde. Accettare le regole significa anche dare l’esempio per un futuro migliore. I bambini ci guardano. Per questo i genitori in tribuna dovrebbero dare il buon esempio, stringendo la mano all’avversario anche quando si perde. Così come viene insegnato ai loro figli che giocano sul campo. Il calcio è un gioco formativo di mille valori sportivi e umani. Non roviniamo tutto con il nostro eterno malessere di vivere.

Ultima modifica il Lunedì, 23 Novembre 2015 09:23

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