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Giovedì, 30 Giugno 2016 16:20

Gianfranco Perla: “Da tutti puoi prendere qualcosa e non smetti mai di imparare: se ti fermi sei finito, non solo nel calcio”

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INTERVISTA - La carriera e i personaggi fondamentali del direttore sportivo della PiscineseRiva (nonché direttore generale del Centro Formazione Giovani Calciatori): Vincenzo Catera, Leonardo Michielon, Giuseppe Gibin, Roberto Trinchero, Luciano Ferramosca, Michele Marano… e tanti altri

Chi è Gianfranco Perla? Uno dei personaggi più conosciuti e stimati del panorama calcistico regionale, l’amico di tanti - se non di tutti - che chiami quando ti serve un contatto, un’amichevole, un giocatore, o un provino. Un professionista del calcio - “questo è il mio lavoro e la mia vita”, dice senza mezzi termini – che è arrivato a Torino 16 anni fa, con un biglietto di sola andata dalla Calabria.

Gianfranco, oggi sei il direttore sportivo della PiscineseRiva e il direttore generale del Centro Formazione Giovani Calciatori, accademia di perfezionamento calcistico di None. Per raccontare la tua carriera, si ripercorre un bel pezzo di storia del calcio piemontese. Da dove partiamo?
“Tutto inizia con Vincenzo Catera e la sua accademia, 16 anni fa. Sono venuto a Torino nel 2000 per collaborare con lui, al Centro Formazione Giovani Calciatori e nelle società dove abbiamo iniziato ad allenare. La mia prima esperienza è stata come suo vice alla Juniores regionale del Chisola. Devo dire grazie a Catera se mi sono avvicinato al calcio locale e, successivamente, anche a quello professionistico”.

Un passo per volta, ci sono tante altre società nel tuo curriculum calcistico.
“Vero, ho allenato per altri sei anni tra Gabetto, Savonera e Collegno Paradiso. Qualche campionato l’ho vinto anch’io…”

Alla Gabetto sono iniziate le esperienze dirigenziali.
“Dal 2005 al 2009, un periodo per me fondamentale. Ricordo l’anno in cui siamo ripartiti al Gerbido, avevamo 10 bambini. Siamo arrivati a 350 tesserati. Io facevo il direttore sportivo, in società c’erano Lido Vieri, il grande Carmelo Lucà, Rosario Amendola, Enzo Scalia… ci hanno fatto anche un servizio televisivo su Al Jazeera, incredibile. È in quel periodo che ho iniziato a collaborare con le società professionistiche e a creare rapporti sempre più stretti, bastava il nome della Gabetto per aprire ogni porta, aveva un peso in tutta Italia”.

La Gabetto, negli anni, è finita per scomparire.
“C’è troppa politica nel calcio e questa sparizione è una perdita per tutto il calcio piemontese, ma non voglio parlare di queste cose. Grazie a Roberto Trinchero, abbiamo provato a salvare il marchio della Gabetto prima a Orbassano, due anni importanti sotto la sua gestione, e poi nel 2011 con la fusione con l’Atletico Mirafiori di Luciano Ferramosca e la nascita dell’Atletico Gabetto. In due anni e mezzo, insieme a Carlo Pesce, abbiamo fatto un lavoro davvero importante, siamo anche entrati nel SuperOscar, traguardo mai toccato prima”.

Adesso, nel presente, c’è la PiscineseRiva.
“Nel 2014, dopo aver collaborato alla ricostruzione di Scuola calcio e Settore giovanile a Orbassano, su mandato di Mauro Foschia, ho deciso di sposare il progetto della PiscineseRiva e del suo presidente, Michele Marano. Per me il calcio è un lavoro, devo farlo con persone professionali, con le idee chiare e un progetto di crescita che mi coinvolga a 360 gradi. Marano è così, un grande presidente davvero: abbiamo un bacino piccolo ma siamo una grande società, vogliamo allargarci e diventare un riferimento tra Torino e Pinerolo. Mi ritengo fortunato di lavorare a Piscina”.

Chi sono stati i tuoi maestri nel calcio? Due o tre nomi.
“Mi vengono subito in mente un paio di frasi che ho fatto mie. La prima è di Leonardo Michielon, allora presidente della Gabetto: “L’importante non è vincere… ma provate a perdere…” (risata, ndr). Poi una di Michele Marano: “Io sono responsabile di ciò che dico e non di quello che tu capisci”, perché bisogna essere convinti delle proprie idee e, per fare bene, bisogna lavorare con gente che parla la tua stessa lingua. Poi ci sono tutti gli altri…”

Prego, continua.
“Da Vincenzo Catera ho preso lo spirito decisionale e la capacità di districarsi in un mondo complesso come quello del calcio, che oggi ci appartiene anche a livello professionistico, ma nel quale non è affatto facile entrare. Da Giuseppe Gibin ho imparato la precisione e la professionalità. Il modo di fare squadra è quello di Roberto Trinchero: decisioni collegiali, cene in amicizia… Quello più estroso con cui ho lavorato è Luciano Ferramosca, vi racconto un episodio. Lui voleva tutti i ragazzi vestiti nello stesso modo, aveva fornito anche le scarpe. Ma una decina di ragazzi continuavano a venire con scarpe proprie. Una volta, due volte, dieci volte… poi è entrato negli spogliatoi, le ha messe in un sacco e le ha buttate via. Il senso è che da tutti puoi prendere qualcosa, e che non smetti mai di imparare: se ti fermi sei finito, non solo nel calcio”.

Alla fine hai citato tutti i tuoi presidenti… Invece, qualcuno con cui non hai lavorato, ma che ti piacerebbe incontrare in futuro?
“Sinceramente, sarò presuntuoso, ma nei dilettanti penso di aver collaborato con i migliori. Mi spiego meglio. All’inizio vedevo le società grosse e prestigiose come un punto d’arrivo, ma in quei contesti ci sono troppe persone e troppe idee, per come sono abituato io sarebbe difficile lavorare. Preferisco costruire cose mie da zero, sentirle mie, avendo carta bianca e dovendo rispondere solo a una persona, al presidente. Tutt’altro conto, ovviamente, è la linea di una società professionistica, dove è giusto che ognuno abbia il suo compito in un contesto più grande”.

Assist perfetto: non cerchi un’esperienza nel professionismo?
“Non sono io che devo dirlo, lì ti devono chiamare se vedono in te le giuste caratteristiche. Ovvio che se succedesse non sarei così scemo da dire di no (altra risata, ndr), ma non dipende da me”.

Tante esperienze, tanti personaggi, ma il minimo comun denominatore rimane il Centro Formazione Giovani Calciatori.
“È la base di tutto, per me. Lì selezioniamo giovani talenti in tutta Italia, li alleniamo in modo professionale e li proponiamo alle società professionistiche, secondo il livello che hanno raggiunto. È il tramite con cui ho conosciuto e collaborato con le migliori società dilettantistiche, è il tramite con cui sono entrato in stretti rapporti con Toro, Juve, Novara, Pro Vercelli e tutti gli altri. Lo dico senza vergogna e senza giri di parole: senza Catera non ci sarei stato io… beh non esageriamo, io come sono oggi”.

Tra i tanti giocatori che hai avuto, chi ti è rimasto più impresso?
“Faccio due nomi. Uno è Umberto Del Sesto, ragazzo cresciuto nel Centro Formazione Giovani Calciatori che adesso gioca nella Spal ed è stato confermato per gli Allievi nazionali. Nella sua crescita è stato fondamentale il periodo che ha passato ad allenarsi con il Toro, per me è il simbolo della nostra amicizia con Antonio Comi e la società granata”.

L’altro nome?
“Vittorio Gili, che ha una storia straordinaria. Portiere del ’97, negli Allievi nazionali del Bra non giocava mai, e allora si è stufato ed è andato al Roletto Val Noce a fare l’attaccante, ha segnato 14 gol nel girone di ritorno della Juniores provinciale. L’abbiamo preso al Centro, portato nella Juniores regionale della Piscinese, di nuovo in porta, e si è ritrovato l’anno dopo titolare in serie D, 28 presenze da fuoriquota alla Lavagnese. Vuol dire che la cultura del lavoro paga, e che ai ragazzi servono gli appoggi e le occasioni giuste. Speriamo che abbia un futuro da professionista, per la prossima stagione lo vogliono Varese, Chieri, Aquila e San Marino, entro la settimana prossima chiudiamo”.

Senti, Gianfranco, parliamo dei tuoi obiettivi futuri. Nel breve e nel lungo periodo.
“Nel breve voglio completare il processo di miglioramento della PiscineseRiva, tengo a cuore questa società e le persone che mi hanno dato fiducia: non solo la Prima squadra, ma vogliamo fare ancora tanti passi avanti anche con le giovanili. Nel lungo periodo penso alla crescita del Centro Formazione Giovani Calciatori, mi piacerebbe ritrovarmi tra 10 anni ad avere altre sedi in Italia o anche in Europa”.

Chiudiamo con una domanda personale. Sei da poco diventato papà di Fatima, quanto è importante la famiglia nella tua vita?
“Importantissima nella maturità e nella responsabilità con cui affronto ogni cosa. Purtroppo a volte il lavoro va a discapito della famiglia, toglie tempo per gli affetti, per questo avere accanto persona che capisce le tue esigenze è fondamentale, anche in questo sono fortunato”.

Ultima modifica il Giovedì, 30 Giugno 2016 16:20

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