“Amo questi colori, amo questa maglia, sono di Settimo…” Poche parole, ma chiare: Stefano Ambrosini rimane alla guida della Juniores regionale del Settimo, squadra portata all’incredibile risultato della finale nazionale di categoria. “Sono troppo affezionato ai ragazzi del gruppo ’98 - continua Ambrosini - voglio rimanere in società anche per accompagnarli nel loro ingresso in Eccellenza. Nove di loro, e sottolineo nove, hanno già esordito quest’anno, sotto leva. Io sono contentissimo di questo, e sono convinto che con un anno in più e con l’esperienza acquisita, sapranno fare ancora meglio”.
Però, c’è un però. Ambrosini non è personaggio e allenatore adatto per fare la comparsa. “Se i miei ragazzi vanno in Prima squadra per giocare, ripeto, sono il più felice di tutti. Ma deve essere una situazione equilibrata, per permettere ai 2 o 3 ragazzi che meritano di giocare in un contesto competitivo, in una categoria impegnativa come l’Eccellenza, e al contempo alla Juniores di onorare quanto fatto quest’anno, e magari provare a ripeterlo. Io sono un allenatore, preparo le partite, devo lavorare con il mio gruppo. Benissimo che chi merita vada in Prima squadra per giocare, ma l’identità della Juniores deve essere salvaguardata. Ci aspetteranno con il coltello tra i denti su tutti i campi, ben venga. Ma noi siamo vicecampioni nazionali e dovremo essere all’altezza”.
Rispedite al mittente, quindi, tutte le richieste e le proposte, su tutte quelle di Lucento, SanMauro e Atletico Chivasso. Ma forse non è arrivata la chiamata giusta, quella in grado di scompaginare le carte. Una nostra riflessione: nell’anno in cui si libera, per esempio, la panchina della Berretti del Torino… cosa deve fare un allenatore - più della spettacolare impresa di Stefano Ambrosini, vicecampione nazionale al di là di ogni possibile pronostico - per meritarsi una chiamata dal professionismo? Misteri del calcio.