“La chiacchierata che facemmo qualche mese fa è stata molto piacevole e l’articolo che ne è scaturito ha avuto un grande successo: non ti fai idea di quanti amici lo abbiano letto e mi abbiano contattato per commentarlo…”
Maurizio Ferrarese è, come sempre, un fiume in piena.
“E’ bello confrontarsi con persone che vivono di calcio, valutare anche i punti di vista altrui: attraverso il confronto c’è la crescita.”
Questo riposo… forzato, questo rimanere ai bordi del calcio per Maurizio Ferrarese non è un momento inutile.
“Mi serve per aggiornarmi, per approfondire tanti aspetti di un mondo che non sta mai fermo, che è in continua evoluzione.”
Allora Maurizio raccontacele quali sono le ultime del mondo del calcio.
“Ho appreso delle interessanti proposte esercitative: far crescere i ragazzi attraverso il lavoro, l’impegno, andando a correggere dove ci possano essere errori. Ho sempre pensato che quando si propone un esercizio occorra saper spiegare al ragazzo dove ci siano stati errori, a volte una posizione sul campo, a volte il posizionamento del corpo o dei piedi… Quando facevamo le elementari ci insegnavano a fare le aste, poi il dettato, poi i pensierini e infine i temi. Oggi si parte subito dal tema, senza capire che può essere utile, spesso, fare un passo indietro per andare avanti”.
Il ruolo dell’istruttore dovrebbe essere proprio questo: correggere i tanti piccoli errori…
“Certo! E’ attraverso l’errore che il ragazzo impara, ma se non gli vengono chiariti gli elementi interpretativi, per capire dove abbia sbagliato, è difficile raggiungere dei risultati soddisfacenti. Il compito del buon istruttore è quello di scovare gli errori che sono alla base di ogni ragazzo, metterlo sotto una lente di ingrandimento e aiutarlo, attraverso i suoi errori, a correggersi e crescere. Percorso che difficilmente potrà realizzarsi attraverso una serie di esercizi… belli senz’anima!”
Per un giovane oggi è più facile trovare spazio, se non per il coraggio nel lanciarli degli allenatori perlomeno per le regole sul loro utilizzo.
“Quello del giovane in squadra per obbligo è un’arma a doppio taglio. Se uno è bravo gioca, altrimenti è inutile creare false illusioni. Piuttosto potrebbe essere utile obbligare le società a schierare in distinta giocatori che abbiano maturato anni di appartenenza al club a livello di settore giovanile, così si favorirebbe lo sviluppo dei settori giovanili, evitando che queste regole servano solo a grandi club per scaricare i giovani in esubero. La mia esperienza in Lega Pro mi ha fatto capire che ci sono tanti ragazzi con gravi carenze, che ormai a 24/25 anni non potranno più rimediare alla mancanza di una scuola di base”.
Senti aria di rientro?
“Voglio tanto sentirla! Io sono uno di campo e da campo, il rapporto coi giocatori, il confronto quotidiano con loro, lo spogliatoio, mi mancano terribilmente. Però alla base c’è che per fare devo credere in quello che faccio, non potrò mai “vendermi”, rinnegare le mie convinzioni, pur di ottenere un ingaggio. Voglio continuare a essere credibile, soprattutto per me stesso. Voglio sentire l’aria di una realtà con cui ci sia condivisione di punti di vista e di programmi, dove ci sia organizzazione e cultura del lavoro”.
Prima dicevi di tanti amici con cui hai avuto occasione di tornare a parlare di calcio…
“Sì tanti, veramente tanti. Anche molti ex giocatori, ragazzi finiti fuori dal calcio, persone portatrici di un bagaglio eccezionale di esperienze: penso che sia un delitto che queste persone siano scivolate fuori dal sistema, si tratta di un enorme potenziale inespresso. Ne ho parlato anche con un grande amico come Alberto Sala, che ora è passato a ricoprire un altro suggestivo incarico, alla direzione di CentoGrigio. Alberto è un grande a cui dovrò sempre il mio grazie per la stupenda esperienza che mi ha permesso di vivere in grigio”.
Maurizio, non c’è due senza tre. Ci sentiremo ancora!
“Ci puoi contare!”