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Martedì, 06 Dicembre 2016 18:25

Giordano Piras: “L’Individual Soccer School è il nostro sogno che si avvera, vederlo crescere è una soddisfazione che ripaga di qualsiasi sacrificio”

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SPONSORIZZATA / INTERVISTA - L’Iss ha tre anime: iniziamo dal presidente, Giordano Piras. “Siamo nati nel 2010. Ad oggi, oltre alla sede centrale di Pianezza, abbiamo 18 punti in giro per l’Italia, tutti con il nostro metodo e la nostra qualità. La differenza? La cura maniacale del particolare”

Giordano Piras è il presidente dell’Individual Soccer School, che ha fondato nel 2010 insieme a Denis Sanseverino; l’anno dopo è arrivato il terzo socio, Enzo Friso. Oltre ad essere un uomo di campo, Giordano gira l’Italia per promuovere il “metodo Iss” e aprire nuove sedi di lavoro. Andiamo a conoscerlo meglio.

Giordano, partiamo dalla tua carriera calcistica. Raccontaci.
“Ho fatto il Settore giovanile alla Juventus, fino alla Primavera, poi girato un po’ tra Lega Pro e Interregionale, ma smesso a 25 anni per serie di infortuni. Sono del ’68, con me giocava Dolcetti che adesso fa il secondo di Allegri, ma soprattutto era impressionante contro chi giocavi: Maldini, Baggio, gente così…”

Avrai avuto anche tanti allenatori importanti.

“Sì, da ognuno cerchi di prendere il meglio. Ricordo con piacere Sentimenti IV, Iacolino, che tutt’ora fa il mister, e Viola”.

Cosa fa differenza tra chi riesce a sfondare nel mondo del calcio e chi non ce la fa, pur partendo da una selezione già rigorosa come quella della Juventus Primavera?

“Adesso è un’altra cosa, sono subentrati anche alcuni fattori che non c’entrano molto con il calcio… Ai miei tempi ci voleva un po’ di fortuna: io sono andato presto in Lega Pro, ero troppo giovane e fai in fretta a bruciarti, poi gli infortuni hanno giocato un ruolo purtroppo fondamentale. Oggi come allora, serve la fortuna di trovarsi al posto giusto al momento giusto”.

Quindi hai appeso le scarpette al chiodo molto presto. E dopo?

“Per un po’ non ne volevo più saperne del calcio, sono rimasto 10/12 anni fuori dall’ambiente. È stato mio figlio a riportarmi dentro : mi hanno chiesto di dare una mano nella società dove era lui, la Pro Collegno. Lì ho iniziato con gli allenamento individuali”.

Poi il passaggio fondamentale con Patrizio Sala.
“È stata la prima, vera scuola individuale, forse addirittura la prima in Italia. C’erano Patrizio Sala, Rita Guarino, Alberto Lampo, io e Denis Sanseverino ci siamo conosciuti lì. Poi quella scuola ha chiuso per vari motivi, ma da lì sono nate tutte le scuole individuali che vanno per la maggiore, noi compresi. È stata un’esperienza fondamentale, poi ci abbiamo messo del nostro…”

Spiegaci.
“La voglia di migliorarsi continuamente. Avrò visto un milione di video, e tutt’ora ne vedo tantissimi. Abbiamo studiato, seguito i corsi e siamo andati a vedere come lavoravano i migliori, in Italia e in Europa. A volte con Denis, a volte da solo, sono andato al Barcellona, all’Ajax, al Porto, dove sono stato tre giorni ad allenare i loro ragazzini. Sulla base di questa esperienza, io ho cominciato con gli individual a Rivoli, poi ho proposto a Denis di fare qualcosa insieme. L’Individual Soccer School nasce così, l’apertura ufficiale è stata il 10 settembre del 2010”.

Cosa differenzia l’Individual Soccer School dalle altre scuole?
“La cura maniacale del particolare. La differenza la fa la correzione, la correzione che diamo noi è quella giusta, perché studiata prima, a tavolino, fin nei minimi dettagli. Faccio un esempio per farmi capire, il tiro in porta. Prima di tutto, devi studiare i migliori, diciamo Roberto Carlos per l’esterno piuttosto che Cristiano Ronaldo per il mezzo interno. Perché calciano in quel modo? Il gesto tecnico, come colpiscono il pallone, e la postura, le braccia messe in un certo modo, e come lasciano andare la gamba… sono tanti i dettagli da capire. In tanti vengono a vederci e fanno il copia-incolla dei nostri metodi, ma sanno cosa propongono, e perché? Solo se sei consapevole di quello che devi trasmettere all’allievo riesci a correggerlo nel modo giusto”.
Quindi, per insegnare un gesto tecnico a un bambino, bisogna fargli vedere come si fa e poi correggere la sua esecuzione, giusto?
“Sì, per questo non basta aver giocato ad alti livelli, ma bisogna essere un bravo insegnante. Sono due concetti diversi. Sicuramente devi essere capace di dimostrare il gesto eseguito correttamente, ma più importante è la capacità di analisi e correzione del gesto eseguito dall’allievo. Faccio un esempio anche in questo caso: D’Angelo, che faceva il difensore nel Chievo, è stato per anni l’istruttore di tecnica individuale di Del Piero, che era centomila volte più bravo. Ma D’Angelo lo correggeva nel modo giusto. Ormai l’istruttore di tecnica personale è una figura riconosciuta, nel mondo del calcio, ce l’ha anche Dybala. Oppure il mio amico Alberto Lampo, che fa l’istruttore di tecnica individuale alla Prima squadra della Pro Vercelli. Per concludere il ragionamento, gli altri aspetti fondamentali per fare l’istruttore sono l’esperienza e la curiosità: ogni bambino è diverso dall’altro, ogni volta devi inventarti qualcosa per correggere il suo difetto. C’è una profonda reciprocità tra insegnante e allievi, ognuno contribuisce alla crescita dell’altro, al suo miglioramento”.

Questo metodo è applicabile anche alle squadre?

“Premesso che noi, nella nostra sede centrale di Pianezza, lavoriamo con i singoli con la modalità un istruttore per un allievo, instauriamo anche delle collaborazioni con le società, soprattutto nelle altre regioni. Comunque proponiamo un lavoro diverso rispetto al classico allenamento delle squadre, perché curiamo l’aspetto tecnico e non le situazioni di gioco, che poi verranno di conseguenza, infatti le società che hanno creduto in noi hanno avuto miglioramento anche come squadra. Per esempio, da tre anni lavoriamo con la Fersina Perginese, in Trentino, e sono cresciuti tantissimo. Per tornare in Piemonte, fino all’anno scorso eravamo in stretto contatto con il Lascaris, e nei tre anni in cui Denis è stato responsabile della Scuola calcio qualcosa lo hanno fatto… Ma a Torino ormai preferiamo non accostarci più a una specifica società, ma offriamo servizi a chiunque voglia avvicinarsi a noi, siamo essi bambini a prescindere dalla società in cui sono tesserati, siano essi istruttori, cui proponiamo una formazione specifica”.

Parlavi di Trentino: ormai l’Individual Soccer School è una realtà affermata a livello nazionale.
“Eh sì, se penso da dove siamo partiti e dove siamo adesso… Ad oggi, abbiamo 18 punti in giro per l’Italia, la maggior parte nel nord Italia, ma anche in Sicilia e Sardegna. Nel 2017 ne apriremo altri due o tre, sicuramente Lecce e Firenze. Riceviamo una o due richieste al giorno, ma non abbiamo personale sufficiente per soddisfarle tutte. Non perché non vuoi, ma perché non puoi: il metodo è quello, ma i miei punti devono lavorare come lavoro io, con lo stesso livello di qualità”.

Sei tu che ti occupi dei contatti fuori regione, ti possiamo definire il ministro degli esteri dell’Iss?
“Sono il presidente della società, ma poco conta: semplicemente ho più tempo libero degli altri, posso investire più tempo nelle trasferte. Io tutte le settimane sono fuori Torino almeno per due o tre giorni, l’anno scorso ho lavorato 354 giorni su 365. È dura, ma sono in pochi a fare il lavoro che piace. L’Individual Soccer School è il mio, il nostro sogno che si avvera, vederlo crescere è una soddisfazione che ripaga di qualsiasi sacrificio”.

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