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Mercoledì, 07 Dicembre 2016 18:46

Denis Sanseverino: “La competenza la ottieni dallo studio e dal vissuto calcistico. Noi siamo competenti, lo dice il campo”

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SPONSORIZZATA / INTERVISTA - L’Individual Soccer School ha tre anime: dopo Giordano Piras (e prima di Vincenzo Friso), andiamo a conoscere meglio Denis Sanseverino. “Assimilare tutte le esperienze e gli studi, prendere spunto da tutto per creare un metodo nostro, nuovo e in continua evoluzione. Il primo aspetto è quello motorio-coordinativo, poi si passa al dominio della palla, da lì alla tecnica di base e alla tecnica estrosa. L’intelligenza di gioco, la crescita della squadra e i risultati sono una conseguenza”.

Denis Sanseverino, 43 anni, è una delle tre anime dell’Individual Soccer School, che ha contribuito a fondare nel 2010. Attualmente responsabile della Scuola calcio del Lucento, dopo la lunga e vincente esperienza al Lascaris, Denis è un uomo di campo: “Siamo i tre moschettieri? Io faccio D’Artagan, vado di spada più che di parole”.

Denis, iniziamo dalla tua carriera da calciatore.
“Una carriera nel mondo dei dilettanti, sono arrivato a giocare in Eccellenza in Piemonte e in serie D in Emilia Romagna. Ruolo? Difensore centrale, il libero di una volta, piedi buoni e testa alta…”

Potevi arrivare più in alto?

“Ci vanno tante componenti per giocare, quando ero giovane me ne sono mancate parecchie, in primis la testa giusta. Poi mi sono spaccato tre volte le ginocchia: mai un fastidio muscolare in carriera, ma ho dovuto fare tre inventi ai crociati, finché ho dovuto smettere. Si vede che non era cosa…”

Ma non sei uscito dal mondo del calcio, anzi.

“Ho smesso di giocare quando ha iniziato mio figlio, all’età di 5 anni. Ho deciso di seguirlo nella società sotto casa, l’Ivest, dove mi conoscevano e mi hanno proposto una squadra di piccolini. Finché giocavo, ero convinto che non avrei mai fatto l’allenatore. E invece l’appetito viene mangiando… Ho iniziato con il corso Coni-Figc per la Scuola calcio, poi ho fatto il corso Uefa B, ho seguito i corsi Juventus di tutti i livelli, vari aggiornamenti in giro per l’Italia e per l’Europa, insomma mi sono messo a studiare di brutto”.

In Italia, con chi hai lavorato?

“Stage che ricordo come particolarmente interessanti, direi quello con l’Inter e quello con Gianluca Nani (Brescia, Lazio, West Ham, Watford e Al-Jazira nel suo curriculum, ndr). Molto formativi anche i camp con il Toro, con Coppola, Asta eccetera. In altri camp estivi, ho lavorato con Marco Baroni, Ivano Della Morte, Luciano Bruni, Briata del Genoa, Semplici della Fiorentina… Per esempio, ricordo con piacere che Baroni, in uno stage in Sardegna, mi aveva chiesto di filmare i miei allenamenti, perché trovava spunti interessanti. Poi sarebbe andato alla Primavera della Juve e in serie B, sono piccole soddisfazioni, ma me le tengo strette. Inoltre, mio figlio a 7 anni è andato alla Juve, mentre adesso gioca al Toro: tramite lui, ho visto e studiato le metodologie di allenamento di queste due società”.

E in Europa, dove sei andato?
“Spagna, Olanda, Russia, Svizzera, 2/3 giorni per volta, dove era necessario tramite invito, come al Real Madrid o al Barcellona, dove non arrivi ed entri come se niente fosse. La mia voglia di imparare e crescere non ha confini, da tutte queste esperienze io e i miei soci abbiamo tirato fuori un metodo di lavoro”.

Spiegaci.
“Assimilare tutte le esperienze e gli studi, prendere spunto da tutto per creare un metodo nostro, nuovo e in continua evoluzione, perché il nostro percorso formativo continua, più ci formiamo noi più possiamo formare i ragazzi. Ogni ragazzo è diverso dagli altri, anche geneticamente, per questo non basta copiare il lavoro di altri, bisogna adattarlo alle specifiche esigenze di ogni singolo allievo”.

Nel frattempo hai anche portato avanti la carriera da allenatore prima, da responsabile della Scuola calcio poi. Raccontaci.
“Due anni all’Ivest, altri due anni alla Juventus Soccer Schoool, poi un anno al Caselle per dare una mano ad amici, lì ho iniziato con gli allenamenti individuali. Poi mi ha chiamato il Lascaris, dove sono rimasto 5 anni e mezzo: ho fatto il biennio con i Giovanissimi, poi la società, vedendo come lavoravo, mi ha offerto la gestione della Scuola calcio, una sfida importante he ho accettato con entusiasmo perché mi piace stare con i piccoli, mi trasmettono emozioni pazzesche”.

Al Lascaris hai vinto tutto: campionati, tornei, Pulcino di Pasqua, due Superoscar con una forte influenza anche sul terzo, due anni di fila a Coverciano con i 2003 e i 2004… dimentico qualcosa?
“Ricordo con particolare piacere la vittoria del torneo Bellini, dove abbiamo battuto anche le professioniste. Il presidente Trabucco è venuto ad abbracciarmi, era commosso e mi diceva: “Abbiamo riportato a casa il Bellini dopo tanti anni…” Oppure quando siamo andati in Russia, eravamo l’unica dilettante del torneo ma siamo usciti solo in semifinale con la Dynamo Kiev, che poi ha giocato la finale con lo Zenit. Lì mi hanno premiato come miglior allenatore, ma era un riconoscimento a tutta la squadra. Bei ricordi. Ma ben più importanti delle vittorie sono i tanti ragazzi che abbiamo mandato nel professionismo, dando loro l’occasione di provarci nel mondo del calcio. La cosa più importante per chi, come me, lavora nella Scuola calcio, è vedere la crescita dei ragazzi grazie al metodo di lavoro che proponi loro, vedere che crescono individualmente e in automatico come squadra. Le vittorie sono una conseguenza di questo processo, così come la competenza la ottieni dallo studio e dal vissuto calcistico”.

Adesso sei al Lucento.
“Sì, quest’anno ho iniziato una nuova avventura al Lucento, società prestigiosa ma diversa dal Lascaris, con grandissime ambizioni. Sta andando molto bene”.

Facciamo un passo indietro: in tutto questo, l’Individual Soccer School. Come e quando nasce questa fantastica avventura?
“Ho iniziato con gli allenamenti individuali nella scuola di Patrizio Sala, lì ho conosciuto Giordano Piras, insieme abbiamo deciso di aprire la nostra scuola. Abbiamo fondato l’Individual Soccer School nel 2010 io e Giordano, poi si è aggiunto Enzo Friso. Il nostro marchio è sempre stato indipendente dalle società, pur collaborando con le società dilettantistiche, che ottengono grandissimi miglioramenti, grazie al nostro metodo. Nella scuola lo applichiamo a livello individuale, nelle società lo riportiamo in dinamiche di gruppo: cresce il singolo ragazzo, cresce la squadra, di conseguenza arrivano risultati”.

Spiegaci il metodo dell’Individual Soccer School, allora.
“Lavorando con ragazzi piccoli, il primo aspetto è quello motorio-coordinativo. Poi si passa alla sensibilità del piede e della caviglia, devono avere elasticità per riuscire nell’aspetto fondamentale, ovvero il dominio della palla, a prescindere dal compagno e dall’avversario. Da lì si passa alla tecnica di base in tutti i suoi aspetti: recezione, passaggio, tiro in porta, conduzione della palla, eccetera. Lo step successivo è la tecnica estrosa: dribbling frontali, laterali e di spalle, cambi di direzione, arresti e ripartenze… Infine l’intelligenza di gioco, l’aspetto cognitivo, i lavori in situazione, in combinazione di gioco, ma solo con i ragazzi già pronti”.

Chiudiamo con una domanda personale, Denis. Avevi accennato che hai iniziato ad allenare grazie a tuo figlio…
“Adesso è al Toro, in Berretti. Gli auguro le soddisfazioni calcistiche che io non ho avuto, che ripaghino tutti i sacrifici che ha fatto, sempre con il sorriso. Ma la cosa più importante, lo dico da padre e anche da istruttore, è che è diventato un uomo, il suo percorso calcistico lo ha fatto diventare uomo. Questo, nel nostro piccolo, vogliamo fare anche con l’Individual Soccer School”.

Letto 6715 volte Ultima modifica il Mercoledì, 07 Dicembre 2016 18:49

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