Giovedì, 07 Novembre 2024

Il campione che non c'è più. Il ragazzo "SCARSO". La partita sospesa. Un altro allenatore...

Torino, 01/11/2016

 

Eccoci di nuovo insieme come tutti i Martedì puntuali come la nebbia in Val Padana. Purtroppo mi dispiace essere ripetitivo, non è colpa mia, ma ogni domenica sono costretto come tutti voi ad assistere ai sempre più decadenti e male educativi comportamenti dei genitori, addetti ai lavori e in generale di tutti gli appassionati di calcio, compresi i “Presidenti” di società dilettantistiche. Aggiungo una triste notizia la “scomparsa” di un altro “grande campione del passato” che porta via un altro pezzo di storia di questo fantastico sport. Andiamo con ordine:

 

 

Mercoledì apprendo che “CARLOS ALBERTO”, storico capitano del Brasile degli anni 70’ è morto. Segnò il quarto gol (il primo fu fatto da Pelè su colpo di testa che sovrastò Burgnich), un bellissimo gol, nella finale di “Coppa del Mondo” a Mexico 70, vinta dal Brasile per 4 a 1. Per intenderci la finale contro l’Italia dei Rivera, Mazzola, Riva, Boninsegna, Facchetti, De Sisti,ecc. Ma quello era il Brasile più forte del Mondo: Gente come Pelè, Piazza, Rivelino, Jarzighno, ecc. Finale che venne “rigiocata” da noi ragazzini il giorno dopo, nella famosa strada di quartiere in salita, e che durò un intero giorno. Naturalmente nella nostra vinse l’Italia. Quando Carlos Alberto era un ragazzino e lo videro giocare, gli dissero che era troppo “gracilino” per fare il difensore e poi secondo loro anche “scarso” tecnicamente.

Diventò poi uno dei più forti difensori del mondo, una tripla velocità che lasciava le difese avversarie di stucco e ferme, vederlo volare sulla fascia destra per tutto il campo saltando uno dopo l’altro gli avversari, era uno spettacolo da non perdere. Infatti il suo gol all’Italia venne proprio così, se ne ricorderanno gli “Azzurri” di quella storica finale. Un grande uomo dentro e fuori dal campo. Ma quelli erano altri tempi, i tempi di un calcio più sano, più vero, ragazzi come lui che scendevano anonimamente dalle “Favelas” e giocavano con la palla come un prestigiatore possa fare. Io avevo pressappoco l’età di mio figlio e ricordo bene la notte di quella finale, trasmessa dalla RAI in via eccezionale, naturalmente in bianco e nero, e ricordo ancora quel bellissimo gol, il quarto, con una cavalcata per tutta la fascia imprendibile, e da fuori area esplode un destro che trafigge il nostro portiere. Un altro pezzo di storia che va via e un altro ricordo da aggiungere per me ancora dentro “giovane ragazzino”.

 

 

Lasciamo Mexico 70 e andiamo ai giorni nostri. Sabato mattina vado a vedere una partita della categoria Esordienti. Ore 8,30 del mattino levataccia, mattinata fredda, un solo caffè e una sigaretta, ma felice di vedere una partita, come dicono i più, che è quasi calcio vero perché giocano a 11. Arrivano le squadre con i genitori, allenatori, dirigenti e tutto il caravan serraglio. Ultime raccomandazioni dai Papà ai loro figli: <<….mi raccomando: tira in porta non passarla. …Grinta eh?......Luca ricorda di metterti la maglia termica…>>. Seduti nelle gradinate, iniziano le previsioni dei genitori: <<…Non so. Mi hanno detto che questi sono forti..Speriamo che mio figlio oggi giochi nel suo ruolo…>>. Dopo un po’ entrano i ragazzi in campo per il riscaldamento. Iniziano i conciliaboli dei genitori su come mettere la squadra, chi far giocare in quel ruolo, chi è più in forma e via discorrendo, naturalmente tutte disattese poi dal “Mister”. 

Inizia la partita e iniziano i genitori. Nuvole di fumo dalle sigarette consumate, consigli tecnici, urla di incitazione e invettive contro l’arbitro naturalmente. La squadra di casa è indubbiamente più forte, gli avversari fanno fatica a contenerli, un assedio costante e continuo. Appare subito chiaro che gli “Ospiti” riusciranno a fare ben poco e il gol si respira nell’aria: <<…Lo sapevo. Questi sono forti. Dai grinta ragazzi….. Luca corri togli la palla….Arbitroooo questo è rigore!...>> I primi commenti non mancano dagli spalti.

Tra gli ospiti c’è un ragazzino che gioca in difesa come terzino, si come  Carlos Alberto, ma onestamente fa fatica a stare dietro agli avversari, come dicono i tecnici, è un po’ indietro tecnicamente. Riesce a “ciccare” più volte il pallone, ogni tanto si fa saltare dagli attaccanti e più volte per le sue “bucate” fa esplodere qualche sorrisino ironico ai genitori avversari seduti nelle gradinate. Nel frattempo la squadra di casa ha già segnato ben tre gol uno dietro l’altro. L’ultimo “liscio”, lo fa quando cerca di prendere una palla che rimbalza alta e si fa superare dal rimbalzo goffamente. A quel punto esplode una risata di scherno, dai Papà, che quasi mi offende oltre ad offendere il ragazzo e anche il genitore seduto con loro. Io guardo il ragazzo, nel suo volto sorridente c’è felicità di giocare, lo vedo che corre a destra e manca senza darsi sosta, si impegna cerca di contrastare e anche negli errori, riesce ad essere felice. Insomma: sta giocando! Qualcuno nelle gradinate si azzarda a dire: <<. Va beh. Però certi ragazzi non dovrebbero farli giocare. Anche per loro stessi. Si vede che non è cosa. E’ scarso…>>.

E perché non dovrebbe giocare? Perché gli altri sono campioni?  Lui è felice perché sta appunto giocando e non importa se non è bravo o un “campione” come tuo figlio. Allora incomincio a fare il tifo per lui, in silenzio, ogni volta che entra in azione mi emoziono a vedere il suo impegno e la sua voglia di “giocare”, e poco importa se ogni tanto sbaglia. Nel frattempo non si risparmiano le critiche sia al ragazzo che al Mister che lo lascia in campo. Finisce la partita e bene ha fatto il suo allenatore a lasciarlo in campo per tutta la sua durata, a dargli fiducia a incoraggiarlo e complimentandosi con lui per quell’impegno che tanti suoi compagni, più “forti” di lui, non hanno messo. Si vede che anche il “Mister” viene dalle “Favelas”. La sua squadra ha perso, e anche loro vanno a prendersi gli applausi sotto le gradinate. Mi avvicino alla rete e vedo lui, sorridente, correre verso le gradinate con i suoi compagni: E’ felice, contento, ha giocato e poco importa se hanno perso o se lui ha giocato male. Io lo applaudo, guardo i suoi occhi che brillano e per dire la verità, sono anche un pò geloso di lui, vorrei avere la sua età, la sua freschezza, la sua grinta,  giocare male ma divertirmi. Cosa che oggi, per molti, è impossibile, non è accettabile essere “scarsi”: O si è campioni o non giochi. Questa è purtroppo la filosofia, non scritta, che campeggia nelle scuole calcio delle varie società, in molti genitori e addetti ai lavori. Non mi appartiene questo mondo, mi appartengono i ragazzi scarsi come lui che, magari non diventerà un campione di calcio, ma nella vita sicuramente si.  

 

E a proposito di giocatori “scarsi”: sempre Mercoledì leggo sul giornale “La Stampa”, che il presidente del Caselle Calcio, ha esonerato il Mister della Prima squadra che milita in Promozione, a suo dire, perché non faceva giocare suo figlio ritenendolo “scarso”. Infine (lo riportano i giornali), apprendo mentre scrivevo il pezzo, che una partita di Campionato, Girone B, Settimo calcio contro Victoria Ivest, della categoria Esordienti 2° Anno a 11 appunto, è stata sospesa per una rissa in campo tra allenatori, dirigenti e tecnici delle due squadre, al punto che l’arbitro non potendo fare meglio ha sospeso la gara davanti agli occhi increduli dei ragazzi che stavano giocando e che hanno assistito a questo triste spettacolo, con scambio di accuse da una e dell’altra parte sulle responsabilità della decisione.

Un bell'esempio di educazione e correttezza da parti degli adulti e di correttezza del famoso “Fair Play”, che dovrebbe campeggiare prima di tutto ogni mattina nelle tazzine di caffè di questi “adulti”, che dovrebbero insegnare qualcosa ai ragazzi, ma che invece molto hanno da imparare loro.

Io sono ancora rimasto nel 1970 mentre rigioco, assieme ai miei compagni, la storica Finale di Mexico 70’ Brasile – Italia è ho già preso due gol. Con me gioca anche il ragazzo “scarso”  è gioca anche bene. Dalla fascia destra vedo un terzino che vola letteralmente saltando uno dopo l’altro i miei compagni. Rimango incantato: Carlos Alberto!

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