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Giovedì, 17 Ottobre 2019 15:26

Under 16 regionali - Roberto Floris e il Bra, un binomio vincente con sguardo verso il futuro

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Roberto Floris in campo Roberto Floris in campo

L'INTERVISTA - Quattro chiacchiere con il tecnico campione uscente della categoria, che salutati i 2003 ha preso il timone dell'annata inferiore, sposando in toto il progetto giallo-rosso.
 


Dalla Sardegna con furore il tecnico Roberto Floris, di chiare origini isolane, ha cominciato la nuova avventura con i 2004 del Bra con il piglio che lo contraddistingue e nella scia di un progetto a lungo termine, che combina in perfetta sinergia le sue idee e quelle della società braidese. Idee che partono da lontano e figlie di un percorso formativo fatto non solo di panchina, ma anche di tanto calcio giocato.
Parte dal suo paese, da Carmagnola la sua storia calcistica, con diversi anni nelle giovanili che gli fruttano anche un'esperienza al Torino e un risultato di prestigio quale la conquista del Campionato d'Europa U16 disputato in Germania. Poi Casale Monferrato e da lì tante esperienze diverse, l'Eccellenza e la chiusura nel Cornegliano prima di approdare in veste di tecnico al Bra, con cui c'è una chiara intesa volta allo sviluppo di un progetto ben preciso.

"Ho accettato l'offerta del Bra attratto dall'idea che hanno qui su come far crescere i giovani. Pietro Sartori mi ha convinto subito e ho trovato un entusiasmo e una predisposizione unici, nonché grande feeling con il responsabile Juniores e Allievi Carlo Bonfiglio e Giuseppe Pisano. C'è qui un piano concreto per formare i ragazzi al meglio, affinché possano puntare a disputare i nazionali e risultino anche un bacino dove la prima squadra possa pescare con sicurezza. E' un'idea che già da giocatore portai avanti. Quando ancora calcavo i campi, già mi destreggiavo in panchina svolgendo il doppio ruolo e ai tempi del Carmagnola ho seguito tre annate diverse. E' stato un bel risultato quando la società ha disputato l'Eccellenza con 20 calciatori venuti su dalle giovanili. Ora cerchiamo di fare una cosa simile qui a Bra. Soprattutto in un periodo come questo, in cui il presidente Germanetti ha investito tanto per migliorare le infrastrutture, è importante poter avere a disposizione giovani preparati che siano in grado di far bene anche in prima squadra."

Per far questo serve molta coordinazione.
Si, la cosa importante quando si lavora in questa direzione è conoscere i ragazzi. E' fondamentale per un tecnico che allena la prima squadra o nei Nazionali vedere i giovani all'opera, sapere come lavorano, quali siano le loro caratteristiche, altrimenti quando se li ritrova in squadra non sa chi davvero siano e cosa possano dare come contributo. Confrontarsi con gli altri tecnici è vitale.

Oltre ad una bella organizzazione, al tuo arrivo hai anche trovato un gruppo di grande qualità.
Quando ho preso i 2003 tre anni fa sono stato molto fortunato, perché sono davvero un grande gruppo, tanto che abbiamo fatto finale ai regionali subito, sconfitti dal Chieri. E l'anno dopo un buon terzo posto. Lo scorso anno abbiamo raccolto quanto seminato con la meritata vittoria e sono contento sia stato così, perché in genere dopo due anni bisogna cambiare. Il bagaglio tecnico che abbiamo, in un biennio i ragazzi lo assorbono ed è giusto che imparino da altri, altre modalità, altri concetti. E questo vale anche per noi allenatori, non dobbiamo mai smettere di confrontarci, apprendere, studiare.

Un grande gruppo va però anche saputo gestire e stimolare. Qual è il modo giusto?
Ovviamente bisogna essere preparati, non solo avendo conoscenze tecnico-tattiche, ma del calcio tutto nel suo complesso. Se ti confronti con i ragazzi e vedono che ne sanno più di te, difficilmente ti presteranno attenzione. Poi un bravo allenatore deve saper lavorare col materiale umano che ha a disposizione, non imporre la sua idea di calcio quando non ha gli elementi per farlo. Ma la prima cosa a queste età molto delicate è l'aspetto mentale. L'onestà prima di tutto, non bisogna prenderli in giro, anche a costo di scontrarsi in maniera cruda le cose vanno dette, è così che si costruisce un rapporto di fiducia e favorisci l'affiatamento tra i ragazzi. Noi credo ne fossimo un esempio ed il complimento più bello a tal proposito mi è arrivato dal Chieri nel post partita della finale dello scorso anno, quando mi hanno detto che non avevano mai visto una squadra così compatta e unita attorno al loro mister. C'è da esserne fieri.

Non può essere tutto rose e fiori però...
Ci sono delle cose che cambierei, senza dubbio. Rispetto a quando giocavo io il mondo del pallone è molto cambiato, anche tra le giovanili e nelle categorie inferiori. Non necessariamente in peggio certo, ci sono stati anche tanti miglioramenti, si è più supportati in positivo e alcuni metodi gestionali erano sbagliati, ma ora il business la fa da padrone. Ti basti pensare che molti ragazzini hanno già il procuratore, una cosa impensabile un tempo. E questo influisce nel rapporto con i genitori, che sono spesso molto più invasivi e pretendono di mettere bocca su questioni tecnico/tattiche che non sono di loro competenza. C'è una ricerca spasmodica del risultato a tutti i costi che non è accettabile a queste categorie. Per me si vinca o meno, l'importante è la tua crescita calcistica, la tua formazione. Io non prometto ad esempio la Juniores Nazionale garantita a tutti, ma cerco di farli lavorare al meglio perché possano provare a conquistarsela. A fare promesse e ricatti sono eventualmente i procuratori e trovo davvero terribile mettere il denaro davanti alla crescita dei ragazzi. Non nascondo di aver una volta escluso tre giocatori perché provvisti di manager.
Un'altra cosa che sottolineo non tollero proprio è il recente criterio di retrocessioni e promozioni tra campionati provinciali e regionali. Una squadra che si è meritata sul campo la promozione deve giocare ai regionali l'anno dopo, non è giusto dipenda dai risultati degli altri. Questo è scorretto per i ragazzi e per l'impegno che ci mettono e rischia di creare delle storture incredibili. Ad esempio se lo scorso anno i nostri 2002 fossero andati male e retrocessi, i 2003 da campioni regionali sarebbero finiti nei provinciali quest'anno. Assurdo, così facendo si rovinano le squadre e falsano i campionati.

Hai un punto di riferimento a cui ti ispiri tra gli allenatori professionisti?
Adoro il calcio di Sarri, le sue geometrie, le sue manovre. Cerco di metterle in pratica e di attuare un gioco arioso, con verticalizzazioni veloci, inserimenti e un buon possesso palla. Ma senza esagerazioni stile tiki-taka o ricorso ossessivo ai lanci lunghi. Fermo restando come ho detto prima il dovermi adattare anche al materiale umano che ho, facendolo fruttare al meglio delle sue qualità ed anche agli avversari che si affrontano, che cerchiamo sempre di studiare con attenzione e a cui proviamo a non dare mai grossi punti di riferimento. Da giovane ero un attaccante, di quelli fastidiosi che cercavano sempre il gol, ma senza essere egoisti e lottando con foga. Non sopportavo chi non lottava per la squadra e i centrocampisti che non verticalizzavano mai. Ora da adulto cerco di riproporre appunto quelle idee che calcando il campo mi attraevano di più.

C'è un esempio tra i tuoi ragazzi, presenti o passati, che rappresenti al meglio la tua idea di calcio e di rapporto con gli allievi?
Senza dubbio Squillaciotti. E' un giocatore e un ragazzo straordinario e può esserlo anche e soprattutto perché ha una famiglia davvero esemplare. Lo vidi giocare una volta e rimasi estremamente colpito, lo presi dal Racconigi e posso dire di essere molto fiero di me per tutto quello che gli ho trasmesso e di lui per come ha appreso. per quanto sia cresciuto in questi anni. Sono convinto sia uno degli attaccanti più forti della categoria, ha quel qualcosa in più che deve avere un centravanti che lo rende speciale, quella che chiamo la tecnica di tiro. Senza, un buon attaccante non sarà mai completo: è quella capacità di trovare la freddezza per piazzare la palla nei momenti di frenesia e lui la ha ed è cresciuta a dismisura in questi tre anni. La sua forza è indubbia e lo scorso campionato durante le finali lo ha dimostrato ulteriormente, anche da infortunato e giocando a singhiozzo.

Tra i tuoi colleghi c'è qualcuno che ti ha segnato?
Sicuramente quando ancora giocavo Dalla Riva. Tecnico vincente e capace non ci andavo d'accordo per niente, ma mi ha insegnato tantissimo. Lavorava in un modo eccellente con la difesa e da lui ho preso tantissimo, tanto che le mie squadre prendono pochi gol. Più recentemente invece devo fare i miei complimenti a Miles Renzi della Cbs. Sta facendo un ottimo lavoro con i 2003, è preparato, umile e la crescita che hanno avuto i ragazzi è innegabile. Lo scorso anno la sconfitta contro di loro ci ha insegnato molto. Gli auguro il meglio.
Ultimo, ma non per importanza Giuseppe Pisano. E' come un fratello per me, la nostra amicizia va a quando ancora giocavamo assieme e ora che siamo entrambi al Bra il nostro rapporto ci fa crescere assieme, come uomini e come allenatori.

Progetti per il futuro?
Adoro Bra, è come una grande famiglia e quando mi hanno contattato diverse squadre alla fine della scorsa annata ho detto no, sentendo la fiducia di questa grande società e sposando il suo progetto di crescita. Ora stare ai 2004 offre nuovi stimoli, una nuova avventura che presenta anche difficoltà, ma che darà sicuramente soddisfazioni. E' stato bello rimettersi in gioco con un gruppo nuovo, doversi riadattare ai ragazzi e portare i ragazzi ad adattarsi a te ed ai tuoi metodi di lavoro. Sono fiero di poter dire che cominciano a vedersi i risultati e sebbene il girone sia estremamente tosto e forse ci siano squadre più attrezzate di noi, ce la giocheremo fino all'ultimo e proveremo a stare lì incollati alla vetta fino alla fine. Tra due giornate la sfida con il Chisola potrà dire molto sulle nostre ambizioni, ma come già detto, l'importante è che questi ragazzi crescano ed apprendano.

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