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Martedì, 17 Gennaio 2017 12:12

Individual Soccer School - Tutto quello che c’è da sapere sul progetto “Io paro”

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SPONSORIZZATA / INTERVISTA - Mauro Barbero è il responsabile della scuola dedicata ai portieri: “Dietro la parata c’è un lungo lavoro, programmato nel dettaglio. Convinzione e personalità, nella ricerca costante della perfezione, e la preparazione tecnica adatta al calcio moderno”

"Ai portieri dico sempre che la parata non è parte più importante della loro prestazione, per quanto sia quella più appariscente. Conta quello che c'è dietro la parata, ovvero la sua preparazione: l'orientamento, la postura del corpo, la posizione dei piedi e delle braccia..."
Ricerca dei dettagli che fanno la differenza, cura del particolare, attenzione alla preparazione tecnica in tutti i suoi aspetti. Con l'obiettivo, magari irraggiungibile ma sempre presente, della perfezione. Come per i giocatori di movimento, l'Individual Soccer School applica la stessa filosofia ai portieri: Mauro Barbero è il responsabile del progetto "Io paro", che ormai da 8 anni è parte integrante dell'ISS.
“Ho iniziato - racconta Barbero - presto ad allenare, già a 25 anni, era il ’91. Ho sempre e solo fatto il preparatore dei portieri, in tante società: Barcanova, Vanchiglia, Cbs, River mosso, Borgaro, gli ultimi 4 anni a Venaria. Ma ormai è la sesta stagione che sono all'Individual Soccer School, tutto il giorno tutti i giorni”.

Come mai questa scelta?
“Denis Sanseverino mi ha portato dentro, poi ho conosciuto Giordano Piras e successivamente Enzo Friso. All’inizio mi ha incuriosito perché mi piaceva l’idea di gestire i portieri in autonomia, senza le esigenze dell’allenatore e della società, le mie idee innovative potevano avere più risalto. E in effetti così è stato: nelle società ti posteggiano i ragazzi, che non sempre danno il massimo, non tutti hanno voglia di fare, invece chi viene qui è motivato, ricevo attenzione massima da tutti. Lavorando sempre a livello individuale, uno contro uno, riesco a concentrarmi sugli errori e sulle lacune del singolo, e vedo l’effetto del mio lavoro. Mi diverto, mi sento un ragazzino quando scendo in campo…”

Come si integra il progetto “Io paro” all’interno dell’ISS?

“Diciamo che, quando sono arrivano, erano all’avanguardia a livello di preparazione dei giocatori di movimento, mentre i portieri non erano la priorità. Io ho messo idee e innovazione, da subito si sono convinti di lasciare in mano a me questo settore, finché siamo diventati una cosa sola. Il progetto “Io paro” com’è oggi nasce dall’esigenza di completezza che caratterizza l’orientamento educativo dell’ISS”.

Quanti portieri segui?

“Io dico sempre agli altri istruttori, per prenderli in giro, che ho così tanti portieri che, per rispettare le proporzioni delle squadre di calcio, loro dovrebbero avere il doppio dei giocatori di movimento che hanno…”

Mauro, parli di “idee e innovazione”. Spiegaci cosa intendi.

“Non ho inventato l’acqua calda, per carità, ma io propongo un sistema con cui affrontare il ruolo del portiere. Bisogna cercare la perfezione in tutti i gesti. Non basta riuscire, ma bisogna riuscire bene, sempre meglio. È una questione di approccio, un atteggiamento. Una questione di testa, l’aspetto tecnico arriva dopo”.

E l’aspetto tecnico?

“Viene affrontato a 360 gradi, attraverso la correzione “paranoica” degli errori e la costante ripetizione dei gesti, finché diventano automatici e sempre più rapidi. I passi, l’orientamento, la coordinazione… nella parata c’è solo la parte finale di un lungo lavoro, solo noi che lavoriamo tutti i giorni sul campo sappiamo cosa c’è dietro”.

Raccontaci cosa c’è dietro, allora. Com’è organizzato il lavoro per i giovani portieri che si allenano con “Io paro”?

“Il nostro progetto non è un semplice allenamento, ma una metodologia sviluppata in anni di esperienza e di aggiornamenti costanti, dove le sedute sono pianificate con cura e programmate nell’arco della stagione, con difficoltà e intensità crescente, e personalizzate secondo le diverse esigenze del singolo allievi, il loro grado di preparazione e la loro fascia di età. Proponiamo esercitazioni moderne e sempre diverse, con attrezzature all’avanguardia e test ciclici di rendimento, per avere sempre sotto controllo l’evoluzione fisico-tecnica degli allievi”.

Come viene impostata la singola seduta?

“Si parte sempre dall’attivazione motoria, successivamente lo sviluppo coordinativo che comunque viene richiamato in ogni esercitazione, poi la fase centrale con l’approccio al terreno e in seguito un graduale aumento di intensità ed esplosività, fino ad arrivare alla copertura della porta con i tiri. Per esempio, proponiamo degli argomenti settimanali, cui dedicare una parte della seduta: le barriere, i calci d’angolo, le uscite basse, le rialzate, i rinvii… Sempre parlando con il ragazzo, spiegandogli l’obiettivo del lavoro e correggendone continuamente gli errori”.

Il portiere moderno deve essere bravo con i piedi.

“Verissimo, il portiere moderno deve essere capace di partecipare al gioco con i piedi, e infatti diamo grande risalto alla parte podalica. Ma non c’è solo quello, nel tempo cambiano anche le gestualità del portiere. Faccio un esempio per farmi capire, la croce iberica, ovvero il modo di uscire che caratterizza Neuer, o anche Hart: dedichiamo intere sedute a questo modo di parare, perché anche nei gesti c'è modernità. Un nostro portiere lo riconosci.

Come?

“Le principali caratteristiche sono l’ordine e l’essenzialità. Nessun movimento inutile, nessuna parata per i fotografi. Quando arrivano qui, i ragazzi sono disordinati, navigano a vista. Dopo il “trattamento” fanno gesti puliti, efficaci”.

È un vecchio luogo comune, ma i portieri sono, o devono essere, un po’ pazzi?

“Questo è un aspetto che non è cambiato nel tempo, perché è l’unico ruolo indipendente all’interno di uno sport di squadra. Il portiere ha poche occasioni per mettersi in mostra e deve sfruttarle al meglio. Anzi nel calcio moderno questi aspetti sono peggiorati, esasperati: la sregolatezza fa parte del ruolo, ma deve essere inquadrata nella preparazione tecnica e nella consapevolezza. Direi che i nostro portieri mostrano la loro personalità, che è il frutto dell’autostima che acquisiscono negli allenamenti, man mano che si rendono conto di fare le cose nel modo giusto, una consapevolezza che si trasforma in personalità dentro e fuori dal campo”.

C’è un calcio di rigore, cosa deve fare il portiere?

“Affidarsi all’istinto. Puoi dare consigli, per esempio vedere come si posiziona il tiratore, come mette i piedi e le braccia, ma è una questione di frazioni di secondi, non ci sono regole”.

Quel è l’errore peggiore, quello che ti fa arrabbiare di più da allenatore.

“Ci sono errori vistosi come un’uscita a vuoto, ma se in quel momento era giusto uscire per me non è quello il problema. Non è un gesto tecnico specifico che mi fa arrabbiare, ma l’atteggiamento. Non assumersi le responsabilità, non fare un’uscita quando serve, non aiutare il compagno in difficoltà, non chiamare il pallone”.

Il portiere più forte del mondo, secondo te?

“Da ragazzino il mio idolo era Bodini, te lo ricordi? Poi Peruzzi, un grande. Tra i portieri in attività, il mio preferito è Neuer, oggi è anche meglio di Buffon”.

Il più forte che hai allenato?
“Luca Squinzani, senza dubbio. Ha giocato in serie B con il Toro e nella serie A svizzera, ora allena alla Juventus”.

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