4 - La rubrica curata da Gianluigi de Martino in questo numero spiega come ci sia spesso un vizietto che porta a credersi furbi quando si aggirano le regole, senza prendere in considerazione che quelle regole sono state messe per fare il bene dei ragazzi e non il contrario.
Fatta la legge, trovato l'inganno. Dice un detto popolare. Eppure non è un vizio tutto italico, sia chiaro, seppur sia diventato luogo comune che nella nostra amata patria trovare l’inganno sia l’unico modo per avere successo, godere di benefici particolari, sentirsi al di sopra dell’uomo comune. Talvolta si è talmente concentrati nell’aggirare le regole che si perde di vista l’importanza e il senso stesso di quelle regole, ponendo il mero interesse personale davanti alla sicurezza, alla tutela del benessere comune o addirittura davanti alle finalità ultime di ciò che si fa.
E se ci capitasse di assistere quella domenica ad una partita tra piccoli calciatori, diciamo di undici o dodici anni, su un campetto qualsiasi sotto casa in un grigio pomeriggio di fine inverno, e quella partita si stesse giocando con ventidue giocatori in campo, al più potremmo pensare che manchino i guardalinee. Forse ci preoccuperemmo di quale modulo stiano usando i due tecnici, se quella linea del fuorigioco è abbastanza veloce, forse i più fini conoscitori potrebbero ancora chiedersi se quell’uscita sul portatore di palla era coperta o meno. Nessuno, o forse pochi, si domanderebbero se la grandezza del campo e il numero di giocatori sia quello corretto. E la cosa più sconsolante è che soprattutto chi ha organizzato quella partita non si sia chiesto se ciò che stava facendo, ovvero contravvenire alle regole del settore giovanile e scolastico della Figc, fosse eticamente corretto e portasse aa un risultato didatticamente proficuo.
Ebbene, per i non addetti ai lavori quei bambini non avrebbero potuto giocare 11 contro 11 e non avrebbero dovuto giocare su un campo regolamentare. Ed è proprio questo atteggiamento superficiale con cui ci si approccia alle cose che determina poi la qualità del risultato. E questo vale per una “semplice” partita fra bambini come, naturalmente, nel più complicato mondo degli adulti. Riteniamo però che quando a determinare le scelte siano terze persone per qualcuno come nel nostro caso, adulti che scelgono per bambini, non si possano derogare le responsabilità e si debba aver coscienza dei meccanismi innescati e delle conseguenze generate. Purtroppo però è sempre difficile rispettare delle regole che all’apparenza sembrerebbero limitanti, poiché queste danno l’impressione di non permettere la massima evoluzione dell’oggetto che regolano. Eppure se provassimo a metterci su un punto di vista differente e più lungimirante ci accorgeremmo che quelle regole sono proprio il primo e ultimo difensore della riuscita del processo a cui sono legate. In buona sostanza quei bambini oggi hanno realizzato il divertimento degli adulti, ma per un semplice gioco di proporzione spazio – numero di giocatori, quella partita giocata in quel modo ha determinato un’occasione didattica persa per migliorare le loro capacità tecniche, motorie e coordinative.
Così tutti i giorni, l’evasione fiscale, la raccomandazione lavorativa, l’aggiramento delle norme sulla sicurezza sul lavoro, l’ammiccamento che fa passare avanti nella lista d’attesa ed ogni furbata che apparentemente ha portato un vantaggio, in realtà ha apportato uno svantaggio generale che inevitabilmente si ripercuote sulla società in generale e su quell’individuo illuso del vantaggio momentaneo. E non solo: si saranno sprecate risorse, dilapidate per un ritorno decisamente più misero di quel che valgono e di quel che potenzialmente potrebbero produrre. Per esempio gli uomini del domani.