INTERVISTA - L’attaccante del Piacenza Berretti Davide Lamesta ci narra molti fatti inediti su di sè, sulla sua famiglia e sul rapporto d’amore, inscalfibile, con il pallone
L’ala destra del Piacenza Berretti Davide Lamesta, che ha giocato sei anni al Venaria, ci racconta del suo passato piemontese e dell’ambientamento a Piacenza. Davide ci racconta della sua voglia di arrivare ad alti livelli e del forte attaccamento alla sua famiglia. Lamesta ci confida anche di un brutto periodo durante un infortunio e anche di una sua esperienza da barman, con sempre il pallone in mente. Un ragazzo tanto umile quanto determinato, il mix perfetto per raggiungere degli obiettivi importanti, alla portata di chi affronta le sfide col cuore aperto ma con la testa sempre alta.
Prima del Piacenza hai giocato nel Venaria per molto tempo, che periodo della tua vita è stato?
Ho giocato 6 anni al Venaria e mi sono sempre trovato bene. Sono cresciuto in quella società e le devo dire grazie, soprattutto al presidente Mallardo. Lui è stato sia mio allenatore sia mio presidente, a lui devo tanto.
Hai giocato sia con il 7 che con il 10. Quale numero ti rappresenta di più?
Sicuramente mi sento un 10. Con il 7 ho giocato al Madonna di Campagna e un anno al Venaria. Dopo mi è stato dato il 10, lo volevo ma non l’ho mai chiesto perchè credo che le cose uno se le debba meritare.
Ora invece come ti trovi al Piacenza?
Il primo periodo è stato difficile, passare da una società dilettante al professionismo è stato spiazzante inizialmente. Inoltre non ero abituato a vivere insieme ai miei compagni di squadra, però ci siamo dati delle regole e le rispettiamo. Comunque con il lavoro mi sono adattato in fretta alla nuova realtà. Il Piacenza è veramente un’ottima società e sono sempre stato un punto fermo dell’attacco.
Nel novembre 2016 hai scritto che non sapevi se saresti tornato a giocare, cos’è successo?
Ho avuto la pubalgia cronica, per due mesi ho pianto nel letto perchè non volevo smettere di giocare, io senza pallone sto male. Dopo ho fatto le cure e sono tornato in campo, sarei tornato anche con il dolore in realtà. Per raggiungere gli obiettivi ci vogliono tanta fame, testa e cuore; questo è quello che mi hanno insegnato mia madre e i miei allenatori.
Hai giocato sia a Venaria sia a Piacenza insieme ad Alessio Eboli, che rapporto avete?
Lui purtroppo ha smesso di giocare un anno fa, ho provato a convincerlo ma non ce l’ho fatta. Eravamo migliori amici sia fuori che dentro il campo, anche se lui giocava difensore. Ora ci vediamo poco perchè abita a Savona, però ci sentiamo spesso al telefono.
Mi sembri un ragazzo molto legato alla famiglia, che ruolo ha nella tua vita?
La mia famiglia è una parte fondamentale della mia vita, tutto ciò che faccio è anche per loro. Voglio raggiungere i miei obiettivi per potergli ridare tutto ciò che loro mi hanno sempre dato, senza farmi pesare nulla. Proprio nell’ultima partita ho dedicato la mia doppietta con l’Atalanta a mia madre.
Hai fatto anche uno stage da barman, lì hai capito che la tua strada era il calcio?
(ndr ride) Io il barman non lo so fare, ho un diploma professionale perchè nel caso tutto non andasse bene avrei comunque un pezzo di carta su cui fare affidamento. Il mio unico obiettivo però il calcio, senza il campo non riesco a stare.
Abbiamo sentito che si è interessata una società di Serie A... quali i sono i tuoi obiettivi?
Nel lungo periodo, sinceramente, a me basta giocare ad alti livelli e quindi giocherei anche subito in Serie A . Se proprio dovessi scegliere andrei nella mia squadra del cuore, la Juventus. Il mio obiettivo fisso è diventare ogni giorno sempre un giocatore migliore, con il lavoro e soprattutto meritandomi ciò che ottengo.